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mercoledì, ottobre 27, 2021

Seguire il falsettino

 La voce più flebile, il piano, pianissimo, falsettino, proprio per la loro leggerezza non "turban gli ozi" all'istinto, sicché si riesce a pronunciare facilmente senza i problemi che emergono nella voce piena, dove il "peso" della voce provoca reazioni e quindi risalite e spoggi, per cui si cercano rimedi tecnici che non risolvono la situazione ma la tengono sotto il giogo di forze muscolari che creano una voce fibrosa e forzata. Quindi emettendo una vocale in falsettino e immediatamente dopo la stessa vocale un'ottava sotto senza cercare alcunché, non pensando di essere scesi di intonazione ma anzi immaginandola esattamente alla stessa altezza della precedente, si coglierà la stessa facilità e libertà della precedente. Ricordarsi sempre quanto ho scritto abbondantemente in questi ultimi mesi, e cioè non FARE volontariamente e fisicamente la pronuncia, ma LASCIARLA venire, come se la stesse pronunciando qualcun altro. Noi siamo uditori e spettatori, ed è sufficiente quel po' di volontà, senza coercizioni, spinte e sforzi di alcun genere. 

sabato, ottobre 09, 2021

Non mescolare

 Mi rendo sempre più conto di quanto sia difficile per molti focalizzare la pronuncia. Allora riepilogo: le corde vocali producono un SUONO, cioè una vibrazione sonora "anonima", che per varie cause subisce una amplificazione negli spazi sotto e sovra-stanti. Questo suono non ha ancora alcun rapporto reale con la perfetta pronuncia. Negli spazi oro-faringei tutt'al più ci può essere un accenno di pronuncia; in particolare è del tutto fuorviante pensare che le vocali si formino internamente. Che esistano vocali "anteriori" e "posteriori" non è di per se erroneo, ma è una falsa percezione istintiva che si accende nel momento in cui si prova a cantare, ma non è la percezione vera che si raggiunge con la piena evoluzione respiratoria vocale. Nessuna vocale può essere pronunciata perfettamente all'interno delle cavità; solo esternamente si realizza il fuoco e quindi la nitida, precisa e vera dizione. Ora mettiamo in chiaro la situazione: suono e vocale o sillaba NON si devono mescolare, cioè non stanno insieme, il che dovrebbe essere già chiaro da quanto ho scritto precedentemente (eventualmente rileggete). Il suono non deve essere fatto uscire; la sua posizione è interna e lì deve restare. E' la fonte della vocale, che si approvvigiona della quantità e colore sonoro di cui necessita. Ma non è una problematica di chi canta, che deve badare UNICAMENTE a pronunciare perfettamente SENZA SCHIACCIARE; SENZA PREMERE o SPINGERE MINIMAMENTE! Non deve avvenire alcun movimento tra interno ed esterno. La vocale o sillaba deve NASCERE all'esterno. Occorre pronunciare con leggerezza, con morbidezza, senza nulla fare, cioè LASCIARE CHE AVVVENGA la pronuncia autonomamente. La stragrande maggioranza dei cantanti oggigiorno mescola suono e parola, ovviamente con diverse percentuali. In genere in campo femminile la mescolanza è molto più frequente, con una netta differenza tra il registro centro-grave, dove solitamente vince la parola, a quello acuto, dove vince il suono. Il caso più celebre di netta preponderanza del suono è quello di Joan Sutherland, che cantava quasi unicamente col suono. Questo la facilitava nettamente nell'agilità e nei suoni acuti, ma la penalizzava (e penalizzava tutti noi) nella recitazione testuale. I cantanti di inizio Novecento, al contrario, sia in campo maschile che femminile, mescolavano molto meno, e i testi erano quasi sempre ben comprensibili. All'ascolto, con le orecchie comuni di oggi, quelle voci appaiono meno "belle", perché si badava molto più alla verità delle parole che non al colore, cosa che ha preso piede soprattutto a partire dagli anni 50. Renata Tebaldi è un caso interessante, perché si pone proprio come punto di svolta; lei sapeva cantare con eccellente dizione (lo dimostra una meravigliosa esecuzione de "le violette" di Scarlatti), però il fatto di possedere un timbro eccezionale, per cui tutti l'ammiravano e la segnalavano come un raro gioiello, la facevano propendere per valorizzare il suono e mettere la pronuncia in secondo piano, pur rimanendo discreta. C'è però da aggiungere qualcosa di importante. C'è un suono base, minimo, quello di perfetto equilibrio tra ciò che deve essere detto, con quale intensità, quale altezza, quale colore. che richiede una perfetta sintonia tra i tre apparati (fiato-laringe-articolazione-amplificazione). Difficilmente viene creato questo suono base, perché l'ego dei cantanti porta pressoché sempre a gonfiare, a spingere, a premere, e quindi a "zavorrare" il suono base con un surplus che aumenta considerevolmente man mano che si ascende. Questo comporta che la pronuncia peggiori gradualmente salendo. E' vero che per motivi di fisica acustica più il suono è acuto più necessita di alimentazione aerea (data la maggior tensione delle corde), ma questo non significa necessariamente "più intensità, infatti notoriamente i cantanti bravi riescono a fare piani, pianissimi, filature anche su acuti estremi, capacità nota ai grandi compositori che hanno in diversi casi previsto queste espressioni "limite" nelle loro partiture, come il sib dell'acuto dell'entrata di Radames nell'Aida fino al reb di Lady Macbeth. Ma gli esempi sono innumerevoli. Allora i cantanti si dovrebbero rendere conto che per arrivare a fare in modo perfetto gli acuti con perfetta dizione non bisogna URLARE o GRIDARE, Invece già nel centro si comincia ad alzare la tensione con suoni zavorrati. La verità inizia proprio dal centro, dove è necessaria la pronuncia più perfetta. Ma soprattutto nel salire, nota dopo nota, occorre ALIMENTARE col fiato la pronuncia della vocale che si sta emettendo, senza alzare o molto poco, l'intensità. In pratica, nota dopo nota, si deve avere la sensazione di CONSUMARE grandi quantità d'aria, che NON BISOGNA FRENARE, ma lasciare scorrere, fluire, scivolare, e questa andrà a riempire lo spazio antistante davanti alla bocca e tendenzialmente verso l'alto, come se si stesse gonfiando una grande sfera, che però deve ricevere solo aria, non pressione, cioè non oppone resistenza, come fanno i palloni di gomma. Questa sensazione di consumo (che ribadisco essere una sensazione non del tutto veritiera) può scatenare una reazione, la quale tende a frenare, a rallentare quel flusso, e che invece occorre impegnarsi a lasciar scorrere, anzi bisogna provare un autentico piacere nel percepire un TUBO VUOTO, rilassato al massimo, entro il quale scorre questo fluido vivo ma leggerissimo. Per la verità è possibile che inizialmente il consumo di aria possa effettivamente essere considerevole, in quanto non si ha il coraggio di pronunciare convintamente, e questo porta a un appoggio incompleto, e quindi la minore energia dell'aria viene compensato da una maggiore quantità. L'appoggio, è bene ribadirlo, NON DEVE MAI essere indotto premendo in alcun modo verso il basso. L'appoggio si verifica pronunciando perfettamente. Concludendo: non si tratta di sentire IL SUONO che si muove, esso NON DEVE MUOVERSI MAI. La pronuncia deve nascere autonomamente all'esterno, e il suono interno deve rimanere inerte. Ciò che si può sentire è il movimento del fiato tra le labbra e il punto della pronuncia. Tutto il resto deve restare rilassato, inerte. Il cantante, lo ripeto, deve diventare ASCOLTATORE e SPETTATORE del canto.