Mi rendo sempre più conto di quanto sia difficile per molti focalizzare la pronuncia. Allora riepilogo: le corde vocali producono un SUONO, cioè una vibrazione sonora "anonima", che per varie cause subisce una amplificazione negli spazi sotto e sovra-stanti. Questo suono non ha ancora alcun rapporto reale con la perfetta pronuncia. Negli spazi oro-faringei tutt'al più ci può essere un accenno di pronuncia; in particolare è del tutto fuorviante pensare che le vocali si formino internamente. Che esistano vocali "anteriori" e "posteriori" non è di per se erroneo, ma è una falsa percezione istintiva che si accende nel momento in cui si prova a cantare, ma non è la percezione vera che si raggiunge con la piena evoluzione respiratoria vocale. Nessuna vocale può essere pronunciata perfettamente all'interno delle cavità; solo esternamente si realizza il fuoco e quindi la nitida, precisa e vera dizione. Ora mettiamo in chiaro la situazione: suono e vocale o sillaba NON si devono mescolare, cioè non stanno insieme, il che dovrebbe essere già chiaro da quanto ho scritto precedentemente (eventualmente rileggete). Il suono non deve essere fatto uscire; la sua posizione è interna e lì deve restare. E' la fonte della vocale, che si approvvigiona della quantità e colore sonoro di cui necessita. Ma non è una problematica di chi canta, che deve badare UNICAMENTE a pronunciare perfettamente SENZA SCHIACCIARE; SENZA PREMERE o SPINGERE MINIMAMENTE! Non deve avvenire alcun movimento tra interno ed esterno. La vocale o sillaba deve NASCERE all'esterno. Occorre pronunciare con leggerezza, con morbidezza, senza nulla fare, cioè LASCIARE CHE AVVVENGA la pronuncia autonomamente. La stragrande maggioranza dei cantanti oggigiorno mescola suono e parola, ovviamente con diverse percentuali. In genere in campo femminile la mescolanza è molto più frequente, con una netta differenza tra il registro centro-grave, dove solitamente vince la parola, a quello acuto, dove vince il suono. Il caso più celebre di netta preponderanza del suono è quello di Joan Sutherland, che cantava quasi unicamente col suono. Questo la facilitava nettamente nell'agilità e nei suoni acuti, ma la penalizzava (e penalizzava tutti noi) nella recitazione testuale. I cantanti di inizio Novecento, al contrario, sia in campo maschile che femminile, mescolavano molto meno, e i testi erano quasi sempre ben comprensibili. All'ascolto, con le orecchie comuni di oggi, quelle voci appaiono meno "belle", perché si badava molto più alla verità delle parole che non al colore, cosa che ha preso piede soprattutto a partire dagli anni 50. Renata Tebaldi è un caso interessante, perché si pone proprio come punto di svolta; lei sapeva cantare con eccellente dizione (lo dimostra una meravigliosa esecuzione de "le violette" di Scarlatti), però il fatto di possedere un timbro eccezionale, per cui tutti l'ammiravano e la segnalavano come un raro gioiello, la facevano propendere per valorizzare il suono e mettere la pronuncia in secondo piano, pur rimanendo discreta. C'è però da aggiungere qualcosa di importante. C'è un suono base, minimo, quello di perfetto equilibrio tra ciò che deve essere detto, con quale intensità, quale altezza, quale colore. che richiede una perfetta sintonia tra i tre apparati (fiato-laringe-articolazione-amplificazione). Difficilmente viene creato questo suono base, perché l'ego dei cantanti porta pressoché sempre a gonfiare, a spingere, a premere, e quindi a "zavorrare" il suono base con un surplus che aumenta considerevolmente man mano che si ascende. Questo comporta che la pronuncia peggiori gradualmente salendo. E' vero che per motivi di fisica acustica più il suono è acuto più necessita di alimentazione aerea (data la maggior tensione delle corde), ma questo non significa necessariamente "più intensità, infatti notoriamente i cantanti bravi riescono a fare piani, pianissimi, filature anche su acuti estremi, capacità nota ai grandi compositori che hanno in diversi casi previsto queste espressioni "limite" nelle loro partiture, come il sib dell'acuto dell'entrata di Radames nell'Aida fino al reb di Lady Macbeth. Ma gli esempi sono innumerevoli. Allora i cantanti si dovrebbero rendere conto che per arrivare a fare in modo perfetto gli acuti con perfetta dizione non bisogna URLARE o GRIDARE, Invece già nel centro si comincia ad alzare la tensione con suoni zavorrati. La verità inizia proprio dal centro, dove è necessaria la pronuncia più perfetta. Ma soprattutto nel salire, nota dopo nota, occorre ALIMENTARE col fiato la pronuncia della vocale che si sta emettendo, senza alzare o molto poco, l'intensità. In pratica, nota dopo nota, si deve avere la sensazione di CONSUMARE grandi quantità d'aria, che NON BISOGNA FRENARE, ma lasciare scorrere, fluire, scivolare, e questa andrà a riempire lo spazio antistante davanti alla bocca e tendenzialmente verso l'alto, come se si stesse gonfiando una grande sfera, che però deve ricevere solo aria, non pressione, cioè non oppone resistenza, come fanno i palloni di gomma. Questa sensazione di consumo (che ribadisco essere una sensazione non del tutto veritiera) può scatenare una reazione, la quale tende a frenare, a rallentare quel flusso, e che invece occorre impegnarsi a lasciar scorrere, anzi bisogna provare un autentico piacere nel percepire un TUBO VUOTO, rilassato al massimo, entro il quale scorre questo fluido vivo ma leggerissimo. Per la verità è possibile che inizialmente il consumo di aria possa effettivamente essere considerevole, in quanto non si ha il coraggio di pronunciare convintamente, e questo porta a un appoggio incompleto, e quindi la minore energia dell'aria viene compensato da una maggiore quantità. L'appoggio, è bene ribadirlo, NON DEVE MAI essere indotto premendo in alcun modo verso il basso. L'appoggio si verifica pronunciando perfettamente. Concludendo: non si tratta di sentire IL SUONO che si muove, esso NON DEVE MUOVERSI MAI. La pronuncia deve nascere autonomamente all'esterno, e il suono interno deve rimanere inerte. Ciò che si può sentire è il movimento del fiato tra le labbra e il punto della pronuncia. Tutto il resto deve restare rilassato, inerte. Il cantante, lo ripeto, deve diventare ASCOLTATORE e SPETTATORE del canto.
caro Fabio, il discorso del suono e della vocale che non si devono mescolare mi ricorda quello che avevo letto in un libro di Tomatis, "L'orecchio e la voce". Lui, otorino, attribuisce all'orecchio destro tutta la capacità di percepire i suoni giusti all'ascolto corretto, che scaturisce da un allenamento dell'orecchio destro. Avevo fatto un percorso con il suo metodo, ma in Italia è molto contesa la reale paternità del metodo Tomatis, quindi non saprei nemmeno se ho scelto le persone giuste. Di certo ho migliorato la postura e l'intonazione. Il suo metodo insiste comunque molto sugli esercizi a bocca chiusa (una rovina, lo so e l'ho sperimentato di persona) e sul suono osseo, cioè lui afferma che sia l'involucro a far suonare la cavità (quindi si avvicina a quello che tu affermi rispetto all'arco mascellare superiore che funge da archetto del suono), ma è fuorviante ed infatti mi dicevano che il mio canto era una vibrazione totale, anche potente, ma avrebbe dovuto essere più fuori (ed infatti finivo per spingere come un disperato). Comunque la cosa interessante di questo libro è la teoria che il suono si forma nello spazio faringeo (quello che chiamano oggi il tratto vocale) mentre la vocale è formata nel cavo orale e non dipende dalla forma dello spazio interno alla bocca, ma dal suo volume (non l'intensità, ma il volume spaziale). Difficile poterti chiedere un'opinione, non avendo tu letto il libro (almeno non l'avevi letto la prima volta che ci siamo conosciuti), ma la domanda è questa: tu affermi che la vocale si forma fuori dalla bocca, a qualche centimetro di distanza...come si determina una I invece di una A o di una O? Hai pubblicato foto dove fai vedere l'esatta forma che deve assumere la bocca, ma affermi anche che la I può essere fatta con due posizioni diverse: pensi che, anche se la vocale si forma fuori, dipenda comunque da una posizione delle labbra o ha ragione Tomatis che dipende dal volume? il suono faringeo viene "acceso" dalla vocale (volume orale) o realmente non si mescola, cioè sono due suoni che noi udiamo come se fossero uno? Oppure...cosa accidente sono queste vocali? perchè ci sono solo queste vocali e solo queste sono giuste e non ci sono vocali intermedie?
RispondiEliminaGrazie per le tue interessanti osservazioni e domande, che sono sempre molto importanti nel percorso di apprendimento. Non è così semplice rispondere per iscritto, ma ci provo sempre. Ci vorrebbe un video, proverò a farlo. Per il momento scrivo quanto segue. Teniamo sempre presente che per emettere suoni in perfezione è necessaria l'UNIFICAZIONE di respiro, vibrazione laringea e amplificazione-articolazione (questo succede già nel parlato semplice, che è perfetto relativamente al contesto istintivo-animale in cui operiamo). Quindi i singoli apparati non devono lavorare in autonomia, ma in sinergia. Per questo motivo il risultato, il prodotto, dovrà trovare il suo fuoco, la sua sintesi in un punto OLTRE i tre apparati, che non per nulla si dice "proiezione". Juvarra devo dire che ha trovato una felice metafora, parlando di una proiezione "cinematografica", cioè non fisica, non materiale, non premuta o pressata o spinta, ma pressoché immaginaria; io dico "fluida", come acqua che scorre. Vedi tu. Pertanto ribadisco che la pronuncia e la nascita delle vocali non è e non deve essere interna, in qualsivoglia posto tu intenda. E TUTTE le vocali si formano esternamente, non necessariamente nello stesso posto, perché un suono più acuto o più basso, più forte e più piano possono essere percepiti in posti diversi, da cui dipende l'alimentazione, cioè il fiato. Tu chiedi se percepiamo due suoni suoni o uno solo. Chiaramente la nostra attenzione è e deve essere unicamente sulla vocali (e in questo senso noi facciamo "allenamento dell'orecchio", che è l'unico valido), poi se ci facciamo caso percepiamo sia una vibrazione interna, che è il suono laringeo, che non ci interessa e dobbiamo trascurarlo completamente, e, esternamente, se abbiamo raggiunto quell'abilità, la vera vocale (insieme al vero appoggio, che non è mai interno, come si sostiene). La vocale pura italiana è l'unica che serve per l'educazione respiratoria, perché è quella che richiede la massima energia, quindi la respirazione più idonea (infatti già solo un valido corso di dizione è già in grado di migliorare la respirazione vocale). Quando si sarà raggiunta, si potranno usare tutte le vocali possibili e immaginabili. Usare le intermedie durante l'educazione è fuorviante e inutile, anzi dannoso, così come il bocca chiusa, che spoggia e nasalizza il suono. Che lo scheletro abbia una partecipazione è vero, ma è un'informazione culturale, non ha alcun interesse pratico.
RispondiEliminaAggiungo una cosa; è vero che mi sono fotografato nella pronuncia delle varie vocali, facendo notare sia posture e forme corrette che errate, però bisogna ben contestualizzare. Come ho sempre affermato, e ribadisco, il percorso di studi artistico è diviso in non meno di tre periodi, uno inziale, uno intermedio e uno di perfezionamento. Ciò che è valido nei primi settori non lo sarà più al termine. In questo senso ho sempre trovato discutibili i suggerimenti di grandi cantanti che si illudono di spiegare ciò che loro avvertono quando cantano pensando che chi sta studiando possa averne un vantaggio imitandoli. E' chiaro che chi canta professionalmente per varie ragioni ha raggiunto un'abilità e uno sviluppo che chi studia non può avere, e dovrà conquistarlo con un'evoluzione respiratoria, e non con suggerimenti che possano cambiare le cose da un momento all'altro come un interruttore. Quindi, come avevo scritto al tempo e ho sempre ricordato, le corrette forme delle vocali sono o possono essere molto utili nei primi tempi di studio, perché "insegnano" al fiato i giusti volumi e le giuste forme in cui dovrà fluire. Già nella fase intermedia, salvo necessità, si dovranno già un po' abbandonare quelle forme, che rischiano di diventare una rigidità. Proseguendo tutto dovrà essere sciolto come quando si parla normalmente, quindi, a parte le note acute tenute, non saranno più necessarie, anzi, da evitare.
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