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sabato, luglio 22, 2023

Vincere la forza di gravità

 Per un direttore d'orchestra, ma anche un pianista e pure un violinista, la forza di gravità è una legge piuttosto gravosa da affrontare e conseguentemente vincere! Il braccio di costoro risente del peso e questo impedisce la libertà che necessiterebbe per affrontare il proprio lavoro musicale, in quanto oberato da colpi, accenti e pressioni che non sempre sono coerenti con il percorso musicale che si sta compiendo. Anche nel canto dobbiamo vedercela con la legge di gravità, che in continuazione rischia di minare la bontà dell'emissione. Quando... e come?

Ad esempio, quando passiamo da una "I" ad una "A", non c'è solo il fatto che risulta quasi necessario aprire la bocca, ma questo comporta una "caduta" del fiato-suono verso il basso e quindi verso il dietro. Ma anche solo il passaggio dalla "I" alla "E", seppure chiara e senza accento (la congiunzione), la maggior parte di chi canta tende ad accentare con impulsi verso il basso, premendo sulla lingua se non sulla glottide. Per la verità il problema il più delle volte si sviluppa già a partire dalla "I", a cui viene associato un accento, ovviamente verso il basso. Per questo chiedo un "si" senza accento e dove la "I" segue la "S" sullo stesso piano, senza colpi. Noi dobbiamo costantemente aver presente che c'è e ci deve essere scorrimento, consumo sottile, Qual è o quale dovrebbe essere la condizione che vince la gravità? Il galleggiamento. Esso è da considerare la parte più evoluta, e quindi più impegnativa dell'apprendi-mento del canto artistico. E' veramente la parte più elevata, che richiede una capacità di concentrazione fuori del comune e una forza spirituale straordinaria. Il fiato polmonare, la grande spugna, deve galleggiare sul diaframma, non premere (!), e il fiato-suono che si crea, che va ad alimentare la voce-parola fuori della bocca, non deve premere da nessuna parte. A differenza delle braccia, l'aria ha un peso pressoché irrilevante, per cui può galleggiare senza particolari problemi, il suono transita in essa (aria) senza ulteriore appensantimento, se non ce lo mettiamo noi. E' una condizione "spaccacervello", me ne rendo conto, ma siamo nella condizione di farlo, tutti, dobbiamo solo avere molta pazienza. La vocale va attaccata senza accento fuori della bocca, come se lei stessa estraesse il suono-fiato dalla bocca, e deve proseguire in questo modo allontanandosi da noi. Il cambio delle vocali non deve mai gravare, non deve produrre indietreggiamento e soprattutto peso e abbassamento sulla lingua, sulla mandibola e men che meno su laringe e diaframma. E', in sostanza, esattamente il contrario di quello che chiede il 99% delle altre scuole. Sembra una follia, eppure ci sono i fondamenti, i principi per poter dire e dimostrare che è così, a partire dall'esempio. Purtroppo noi siamo schiavi del nostro sistema animale e quindi fisico, a partire dalla mente, e non siamo in grado di governare il fiato, però possiamo lasciarlo scorrere cercando di rilassare il fisico. Cosa intendeva Antonio Cotogni quando diceva "è come cantare tutto in falsetto"? Se si prova a emettere una vocale in un soffice falsetto, noterete che non v'è peso, non c'è gravità. Se si prova a replicare la stessa vocale in voce mantenendo quella levità, ci si renderà conto che è possibile, avviene un galleggiamento sonoro, e non si perde sonorità, ma anzi migliora con tutta una serie di possibili effetti migliorativi perché è tutto più leggero, quindi non c'è bisogno di usare forza e pressione, che sono i deterrenti peggiori della vocalità. Ma frasi del genere le ho viste/sentite da altri cantanti, specie del passato. Perché le abbiamo dimenticate o ignorate? Oggi non si fa che parlare di appoggio, intendendo una pressione verso il basso. Eppure una volta non se ne parlava, e grandissimi cantanti ce n'erano. Lo stesso Gigli, pur facendo confusione, dimostra la possibilità di cantare senza appoggio, anche se per lui era solo il canto in una sorta di falsettone, ma in realtà lui cantava praticamente tutto senza pressione verso il basso, ma già quel poco faceva perdere la perfezione. Forse si penserà che non mettendo il peso la voce resterà troppo leggera, troppo chiara, poco potente, ma non è così! Bisogna comprendere in cosa consiste realmente l'appoggio, che non è e non deve mai essere rivolto verso il basso, ma deve consistere nel concentrarsi sulla parola, sulla verità delle vocali e delle consonanti, delle sillabe e tutto il resto. La parola è divina, e sottovalutarla, come ormai si fa da decenni, significa rendere la voce difettosa e carente, ed è la giusta punizione per la presunzione che si adotta credendo di saperne più del nostro corpo!

lunedì, luglio 17, 2023

Del rinascere

 Nel percorso per raggiungere la perfezione artistica, ci può essere un momento che si può definire di "morte" e rinascita. Morire significa abbandonare tutto ciò cui siamo (stati) abituati nel tempo a svolgere per praticare quell'attività che ora noi siamo in procinto di elevare ad arte. Rinascere vuol dire indossare i nuovi abiti di quella vita che ci si apre. Vuol dire non guardarsi indietro se non con compassione, non provare alcuna nostalgia, non avere alcun dubbio che si stia praticando il vero e il giusto. E' una certezza interiore e una visione del mondo nuova e piacevole. Indossiamo nuovi abiti e guardiamo con nuovi occhi. E' una rivoluzione, che può essere entusiasmamte e straordinaria ma che ci dà anche pace, serenità, tranquillità. Il raggiungimento di quello stato passa per la riduzione o addirittira eliminazione dell'ego, per cui la consapevolezza di aver raggiunto un non oltre nella nostra arte, non ci procura quella condizione di poter battere tutti, diventare famosi e umiliare gli avversari. L'arte è amore, condivisione, insegnamento, per cui deve essere usata per cercare di migliorare lo stato generale dei nostri simili, per aiutare gli altri a raggiungere uno stato più elevato senza voler imporre alcunché, anche perché ben pochi crederanno a quanto diciamo, o incuteremo timore e diffidenza, per cui si deve agire con cautela, e perlopiù sarà meglio tacere.

martedì, luglio 11, 2023

Libertà laringea

 Tra le tante cose inopportune che vengono praticate in molte scuole di canto, una di quelle che ritengo più negative e violente è l'agire direttamente, volontariamente, sulla laringe. Quante volte ho visto e sentito ordinare agli allievi di premere su di essa! Il motivo è presto spiegato. Specie nei primi tempi di studio, la laringe tende a salire, anche repentinamente, quando si tentano suoni forti ed acuti., quindi il rimedio che sembra più immediato e logico consiste nell'agire in senso opposto, quindi premerla in giù. Non solo poche informazioni anatomiche e fisiologiche, ma semplici osservazioni (congruenti con quelle già praticate dai Garcia a metà Ottocento) sarebbero sufficienti a verificare che la Natura ha predisposto che la laringe debba oscillare (e dunque non gli va impedito), fluttuare nel canale faringeo, Guardando il "pomo d'Adamo" di qualunque cantante maschio, più evidente di quello femminile, quando dice "I" e quando dice "U", si osserverà senza ombra di dubbio che nel primo caso si solleva parecchio e nel secondo caso si abbassa. Se si imprime una forza verso il basso sulla laringe, si compie una violenza, una forzatura decisamente inopportuna e che comunque distorce la tendenza naturale, per cui il risultato sarà inevitabilmente difettoso. Fin qui le osservazioni per fugare ogni volontà o tendenza a fare azioni fisiche. Dopodiciò ci sono altre questioni che riguardano il canto.

Come ho poc'anzi scritto, la "I" e la "U", agli estremi, comportano dei movimenti evidenti della laringe. Naturalmente questi avvengono anche nelle altre vocali, in base al colore. Il colore chiaro tenderà a far alzare, il colore scuro a far scendere la laringe. Ora, il motivo per cui si agisce ssu di essa, si muove dalla percezione che molto spesso il sollevamento della laringe comporta anche lo spoggio del suono. Istintivamente laringe e diaframma si muovono parallelamente, quindi il sollevamento della laringe può comportare anche quello del diaframma, e conseguente spoggio del fiato e quindi della voce. Chi si ferma qui dirà: "allora è motivato il premere verso il basso!" Assolutamente no! Ho ben scritto "istintivamente!", cioè è qualcosa che riguarda il rapporto respiratorio e valvolare dell'apparato. Noi abbiamo un elevato obiettivo: trasformare l'apparato vocale in apparato vocale, almeno per il tempo in cui ci serve a tal scopo. In pratica questo significa "sganciare" la laringe dal suo ruolo valvolare e permetterle di fluttuare liberamente, cosa che già avviene quando parliamo. 

Capita, dunque, che quando si passa da una "O", "U" o anche una "A" molto ampia a una "I" o "É" stretta, si può essere tentati di premere verso il basso o di fare una "I" o "È" oscurate per evitare il sollevamento della laringe. Dove sta la semplice soluzione di tutto questo? Nella posizione avanzata della voce, fuori dalla bocca. Questa posizione crea automaticamente lo sgancio della laringe, per cui passare da "U" a "I" od "É", non solo non comporta alcun problema di spoggio, ma permette sempre la migliore posizione della voce. Bisogna vincere la paura ed evitare di compiere frenate e allargamenti indebiti, ma sempre con l'obiettivo della libertà, del parlar cantando. Questo argomento si sposa anche con la pessima idea di pensare l'appoggio come una pressione verso il basso.