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lunedì, novembre 28, 2022

L'arte "naturale"

 Si può dire che ci siano forme d'arte già in Natura? Certo che sì, considerando che l'Arte non è che espressione della Verità, dunque non si vede perché non dovrebbe già avere manifestazioni naturali. La questione è vedere se... serve! Purtroppo in Natura resta solo ciò che ha utilità pratica e necessaria alla vita, alla sopravvivenza, alla perpetuazione delle specie. In fondo possiamo osservare molto semplicemente che lo stesso corpo umano (ma anche di tutte le altre forme viventi) è già un oggetto d'arte, è meraviglioso e perfetto. Ciò che lo rende, eventualmente, imperfetto è l'uso, ovvero incidenti di percorso. Una domanda che mi è stata posta: possiamo dire che il parlato sia già di per sé una forma d'arte? Ebbe sì, lo possiamo dire. Come ho già scritto in passato, il parlato è qualcosa di perfetto, nel contesto del suo uso, cioè la comunicazione verbale minimale, semplice tra persone. Il fatto stesso che per arrivare a questo stadio evolutivo la Natura abbia dovuto fare uno sforzo enorme di modificazione anatomica, e ci abbia messi nella condizione di unificare tre apparati (respiratorio, produttivo, amplificante-articolatorio), ha del miracoloso, dello strepitoso, cui noi dovremmo guardare con molta attenzione, molta più di quella che usiamo normalmente, perché il fatto stesso che per cantare guardiamo altrove, è una mancanza di rispetto e di intelligenza assurda e offensiva. Possiamo definire il parlato una forma d'arte "regalata" dalla Natura, che dobbiamo solo accettare implicitamente e rispettare. Ben diverso il discorso del canto, che invece, anche nel migliore dei casi, dobbiamo coltivare e portare a coscienza, in quanto anche se in qualche raro caso ci venisse regalato, non possiamo considerarlo radicato nel nostro corpo, ma invece, purtroppo, avversato, in quanto non è compreso tra le nostre esigenze di vita, non ci serve e anzi contrasta con la nostra respirazione fisiologica, per cui richiede uno studio lungo e impegnativo. Perché il parlato diventasse una prerogativa degli uomini fissata nel DNA, c'è voluta un'evoluzione, uno "scatto" conoscitivo trascendentale. Questo non può avvenire allo stesso livello nel canto, non essendoci le condizioni ambientali per una tale modificazione, ma può avvenire in singoli soggetti, qualora manifestassero una forza spirituale elevatissima e si mettessero nelle condizioni di apprendimento adeguate. E' da ritenere qualcosa di rarissimo, quasi impossibile, ma... non del tutto. 

sabato, novembre 26, 2022

La doppia meccanica

 In tutti gli strumenti musicali inventati e suonati dall'uomo, possiamo dire esista una doppia meccanica; una interna, intrinseca, e una esterna, estrinseca. Prendiamo un pianoforte: esiste evidentemente una complessa meccanica interna, formata dal complesso che va dal tasto al martelletto e alle corde. Questa meccanica è l'oggetto fondamentale del funzionamento ed è stato al centro dell'invenzione, e coinvolge poi anche altri aspetti, dalla forma, all'uso di pedali, ai materiali, ecc. Ragionamenti analoghi valgono, pur se con molte differenze, per tutti gli altri strumenti. La meccanica esterna o estrinseca in cosa consiste? nel rapporto tra lo strumento e l'esecutore. Il pianista o il violinista o chitarrista, ecc., devono escogitare o apprendere una tecnica, quindi una meccanica, per potersi relazionare con lo strumento e poterlo far suonare ad alti livelli. Il rapporto tra queste due meccaniche, nella coscienza dell'esecutore, non è sempre la stessa. Un pianista può conoscere anche molto poco della meccanica interna, perché il suo lavoro sarà più che altro esterno, delegando ad accordatori e tecnici quello di messa a punto o riparazione dello strumento. Conoscere il funzionamento è sempre una buona base culturale e può incidere anche su un'esecuzione di alto livello, ma non è essenziale per tutti. Per certi strumenti può essere più importante, però esiste quasi sempre un rapporto differenziato tra esecutori e meccanici-riparatori. 

Veniamo alla voce. Si ritiene, per analogia, che anche la voce possieda una meccanica interna, il che è oggettivamente inconfutabile, e quindi un apporto per il suo uso sempre di tipo tecnico-meccanico, il che è assolutamente falso e improprio. Il funzionamento meccanico interno è un dato anatomico-fisiologico, tra l'altro di inusitata complessità, tutt'ora non completamente compreso nemmeno dalla scienza, il cui studio può essere interessante e moderatamente utile ai fini didattici. Viceversa non c'è e non ci dovrebbe essere alcun approccio meccanico al modo di utilizzarlo. Chi  controlla e domina la voce è la mente, e lo fa indipendentemente dalla nostra volontà. Quando noi vogliamo pronunciare una A, ad es., non sappiamo realmente quali muscoli, quali parti anatomiche si mettono in movimento e di quanto. E' un compito che sa gestire la mente del tutto indipendentemente da noi (come avviene per le gambe quando camminiamo, tanto per dire). Dunque i consigli di molti insegnanti di muovere determinati muscoli o parti degli apparati per illudere che avverrà un miglioramento, è fallace! Potrà avvenire un cambiamento, questo sì, che potrà sembrare migliorativo in una certa direzione, cioè potrà risultare più sonoro, con un certo colore, ecc., ma avrà sempre (sempre) una contropartita, cioè comporterà la nascita di una carenza o un difetto, perché interverrà artificialmente sugli apparati, impedendo il naturale e intelligente flusso respiratorio adeguato all'esigenza che abbiamo indotto. In sostanza: se noi parliamo, il nostro apparato è già predisposto per farci parlare correttamente per l'esigenza standard, cioè comunicare con le persone che ci stanno attorno. Se dobbiamo migliorare il parlato per realizzare qualcosa di professionale o addirittura artistico, quello standard è gravemente insufficiente, e quindi dobbiamo mettere in atto una disciplina che ci consentirà di evolvere il motore principale della voce, cioè il fiato. La meccanica interna E' SEMPRE LA STESSA, non muta di una virgola! la A sarà sempre una A, la nostra mente sa come farla, il problema è che noi non vogliamo più una A "standard", ma una A di elevata qualità e con caratteriste foniche, sonore e musicali elevatissime, capaci di essere apprezzate e percepite in ampi spazi senza ausili artificiali. Quindi in sintesi: 1) esigenza interiore spirituale che ci spinga a elevare la voce a oggetto artistico; 2) disciplina artistica, quindi esercizio (non allenamento) che crei un'esigenza respiratoria e di conseguenza una evoluzione del respiro ad alimentazione di vocalità pura; 3) creazione di un "senso fonico", cioè di un nuovo senso che sviluppi una potenzialità insita in noi per poter ridurre e financo eliminare le resistenze e le opposizioni dell'istinto, che percepisce il canto come un'interferenza alla respirazione fisiologica, necessitando di un tipo di respiro diverso da quello vitale. 

La disciplina per l'elevamento artistico della voce, vuoi per migliorare la voce parlata, vuoi per quella cantata, non hanno alcunché di meccanico e tecnico, e non necessita di approfonditi studi sulla meccanica interna, che, come in tutti gli strumenti, è utile conoscere culturalmente, ma non indispensabilmente, e soprattutto non si deve interferire volontariamente con essa. Ciò che si compie è una sollecitazione della mente a produrre un risultato fonico di maggiore qualità, cosa possibile se c'è, da parte del soggetto, un'esigenza interiore autentica e quella umiltà e rispettosità nei riguardi del proprio corpo e un'attenzione alla conquista artistica che non sia dettata dall'ego, dal narcisismo, ma dalla volontà di una comunicazione spirituale, dunque di donare e ricevere la bellezza e verità contenuta nelle opere d'arte che si andranno ad eseguire. Il canto non deve servire a esaltare sé stessi, ma i capolavori che si intendono affrontare, con l'obiettivo di incontrarsi in essi con chi collabora con noi e chi ci ascolta.  

domenica, novembre 20, 2022

Il flauto dolce

 Su suggerimento di un allievo-amico, posto questa riflessione. Il flauto dolce (tanto odiato da molti presunti didatti o esperti di musica), che si utilizza frequentemente nell'insegnamento della musica nelle scuole, sia primarie che medie, ha una caratteristica piuttosto interessante: se spingete il fiato non riuscirete mai a fare le note basse, e le note acute diventano fischianti e stonate. Questo è un ottimo viatico anche per il canto. Se considerate che in fondo la laringe è un po' come il bocchino del flauto dolce, ogni spinta, a volte anche minima, crea difficoltà e difetti di emissione. Proprio come in quello strumento, premendo più del lecito, le note basse possono non venire, o comunque molto difettose, e ugualmente le note acute rischiano la "stecca", la stonatura e altri difetti. Occorre saper dosare. La differenza tra i due strumenti sta nel fatto che nel corpo umano la glottide costituisce una "valvola" vera e propria, cioè tende a chiudersi quando la pressione è eccessiva, però grazie all'elasticità ha un ampio margine di possibilità, mentre nel flauto, essendo un bocchino rigido, non può modificarsi, quindi il suono viene,,, o non viene. Ecco perché l'insegnamento basato sulla parola "parlata" è così importante, il fatto di cantare, di fare suoni lunghi e di accedere in tempi brevi agli acuti, crea la tentazione di spingere. Parlare significa usare la voce "normale", senza gridare, senza spingere, ma badare solo a ciò che si dice. L'intonazione vien da sé, è un fatto che diventa inconscio. Invece si dà un'enorme importanza alle note, che non sono "la musica". La musica è dentro le parole, però bisogna avere l'umiltà di percepirla, riconoscerla e... lasciarla manifestare.

Già che ci sono faccio una riflessione sul flauto dolce. Era uno degli strumenti tipici del Rinascimento, utilizzato poi ancora per diverso tempo, almeno fino all'epoca barocca, poi sostituito gradualmente dal flauto traverso in metallo (che peraltro già esisteva in legno), più sonoro e con maggiori possibilità. Esiste tutta una famiglia di flauti dolci, dal sopranino al basso. E' da considerarsi uno strumento a tutti gli effetti, anche di alta statura espressiva. Certamente per l'utilizzo che se ne fa a livello scolastico, questi strumenti vengono costruiti in plastica, dal costo di pochi euro. Questo fa sì che il suono sia alquanto mediocre, e molti modelli siano pure stonati, il che è molto male. Peraltro non condivido affatto gli strali che vengono lanciati da molti musicisti (a suo tempo già Gazzelloni). La musica si può fare prima di tutto col canto, ma il flauto dolce può andare benissimo, se si sa cosa insegnare, senza bisogno di spendere molti denari (basta che l'insegnante indichi una marca di buon livello, che siano perlomeno intonati).