In tempi recenti si fa un gran parlare di energie sottili, cioè differenti da quelle più scientificamente studiate e rilevanti. Sono argomenti che attengono all'esoterismo e alle scienze occulte. Non intendo riferirmi a quelle, perlomeno non direttamente, anche perché le mie conoscenze in merito sono molto superficiali. Più semplicemente voglio riferirmi a energie meno violente, meno materiali. Chi canta e ancor più chi studia canto, si sente impegnato in una dura lotta per emettere la voce, specie quando si entra nell'ambito del registro acuto. Sembra una lotta interna al proprio corpo. Su questo argomento credo che pochi si siano realmente soffermati a meditare. Facciamo un raffronto: se emettiamo dell'aria, cioè espiriamo, che sia un alito o un soffio, ci costa pochissimo, non avvertiamo particolare difficoltà o impegno fisico, a meno di arrivare proprio a fondo fiato, nel qual caso dobbiamo "premere" per svuotare i polmoni. E' anche vero che tale emissione può durare solo pochissimo tempo; anche se abbiamo fatto una inspirazione profonda, l'espirazione non potrà durare che pochissimi secondi. Parliamo di un tubo libero, aperto, che si svuota rapidamente in quanto non trova niente che lo rallenti, nessun ostacolo. Sarebbe la cosiddetta "resistenza". Le corde vocali, quando si adducono perché abbiamo intenzione di cantare o parlare o fare un qualsivoglia suono, rappresentano una resistenza che il fiato deve vincere. Però a questo punto dobbiamo porci delle domande. Se intendiamo parlare o emettere semplici suoni in una zona comoda, anche questa operazione ci costerà pochissimo in termini di impegno e quindi di consumo energetico. Le cose cambiano, e molto, se vogliamo cantare molto più forte e/o in una zona della gamma più acuta. Un dato inoppugnabile è che le corde vocali si tendono e si ispessiscono quando la richiesta va in queste ultime direzioni, e questo indubitabilmente richiede un maggior apporto energetico, in quanto il fiato dovrà assumere maggiore pressione per vincere quella maggior tensione. Ma la domanda è: possibile che ci sia davvero tutta questa differenza tra il quasi niente del parlato e dei suoni centrali, anche piuttosto forti, e gli acuti (aggiungiamo anche il colore oscuro)? A cosa sarebbe dovuta tutta questa differenza?. Le corde vocali sono muscoletti piuttosto ridotti di dimensioni; possono, sì, presentare una resistenza notevole (che può essere accentuata da una chiusura glottica - comprese quindi le false corde - più energica), ma dovute ad azioni non vocali, ma di carattere meccanico, e più precisamente posturale. Quindi dobbiamo considerare che la laringe e l'apparato respiratorio non stanno lì solo per consentirci di parlare e di cantare, ma per altri scopi che dal punto di visto vitale risultano prioritari. Allora non possiamo non considerare che: 1) la voce dal punto di vista della vita animale risulta secondaria rispetto allo scambio gassoso e alle necessità posturali; 2) che è strutturata in due zone, una, quella centrale, solitamente, utilizzata per il parlato e considerata rilevante e contenuta nel nostro DNA, per cui non ostacolata, e una zona decisamente meno considerata, seppur concessa, che possiamo definire di voce gridata, utile per necessità e questioni di vita sociale; 3) che un'emissione canora, su tutta la gamma, non è considerata, in quanto non utile per la vita fisica, dunque non compresa dalla nostra mente "animale", non contenuta nel DNA e quindi non capita e confusa con altre attività. In particolare, quando si sale nella zona acuta, l'istinto confonde l'emissione vocale con gli sforzi posturali, un meccanismo che aiuta il corpo a mantenere o ritrovare la posizione eretta nonché ad assorbire gli sforzi, in sinergia con gli apparati muscolari esterni. In fondo è tutto qui. Tra "noi", intesi come coscienza propria, e il nostro corpo, che funziona principalmente con un "programma" fisico di natura animale, c'è un'incomprensione, anzi possiamo dire ce ne siano parecchie, perché tutto ciò che noi vorremmo fare che esula dai semplici principi esistenziali, non viene compreso e di conseguenza ostacolato dal nostro corpo/istinto. Quindi il difficile compito dell'insegnamento del canto, consiste(rebbe) nel far annettere il canto nel quadro delle azioni "comprese", cioè consentite e capite dal nostro corpo come tutto ciò che lo è esistenzialmente, a cominciare dal parlato, che non necessita di allenamento. Arriviamo al punto: quando affrontiamo note acute, forti e o scure, noi siamo portati a investire un elevato grado di energia, ma non siamo "noi" che facciamo volontariamente questo, noi siamo indotti a ciò dal nostro istinto che, non capendo, crede che vogliamo affrontare uno sforzo o riprendere una corretta postura eretta (per questo è molto importante stare sempre ben diritti quando si studia). Per questo motivo egli "ordina" al nostro diaframma di contrarsi e alla glottide di chiudersi. Quindi si crea una situazione in cui è come se "qualcuno" tentasse di chiudere una porta da cui vogliamo uscire e noi la tirassimo a nostra volta per tenerla aperta. Si crea una lotta o una vera guerra tra "noi" e il nostro istinto. Più la lotta è cruenta, meno abbiamo possibilità di vittoria, anzi, le possibilità di vittoria sono nulle, perché le risorse vitali avranno sempre ragione. Però l'istinto ha anche una propria intelligenza, e dei termini di tolleranza, per cui cederà entro margini di sicurezza. Quindi si riuscirà a cantare in ogni caso anche con tecniche violente o comunque impositive, grazie alla "bontà" dell'istinto, che però non cessa e non cesserà mai di cercare di riprendere ciò che ha concesso, e questo determinerà la necessità di un allenamento costante. Qual è invece la strada da percorrere? Intanto quello della presa di coscienza. Se noi non conosciamo come stanno le cose, non potremo mai mettere in moto le condizioni utili al nostro caso. In secondo luogo, eccoci al titolo, il rapporto con le energie. Dobbiamo renderci conto che se noi affrontiamo il canto impiegando molta energia, diciamo pure forza, non faremo altro che stimolare l'istinto a reagire, e infatti è proprio questo che succede ogniqualvolta non riusciamo a fare un acuto o una vocale appropriatamente. E' difficile, davvero, immaginare che anche gli acuti e le note forti richiedano energie "sottili", cioè minime, come quelle del parlato semplice, perché la mente non riconosce questa possibilità fin quando non l'avremo provata e assimilata come possibile. Ed è anche per questa ragione che è una buona pratica passare attraverso falsetti, falsettini, voci sospirate, mormorate, ecc. dove, guarda caso, non riceviamo particolari ostacoli e resistenze dal corpo in quanto manca quella "provocazione" nei riguardi del diaframma, che poi noi vorremmo combattere con forze contrarie e che chiamiamo appoggio, se non addirittura affondo. L'energia sottile che ci riguarda è il consumo costante, non frenato e trattenuto, del fiato, atto a pronunciare infallibilmente vocali, parole, frasi. Questo è il legame indissolubile che già esiste in noi e che dobbiamo ampliare a tutta la gamma, senza utilizzare la forza. La parola d'ordine, lo ricordo, deve diventare un mantra, è TOGLIERE! In questo caso togliere forza, energia meccanica.
Ciao.Questo artícolo mi ricorda molte cose che si diccono fra cantanti sul palco scenico. Ho conosciutto un maestro di Canadá che diceva: Le parole sono música. La lingua italiana é perfecta per cantare. Quasi tutte le orazioni finiscono sulle vocali. Anche lo Spagnolo é una lingua buona per cantaré peró colla diferenza che le parole finiscono in molte occasioni sulle consonanti. Cantare sull'altra lingua Senza dominio Della stessa cangia il canto. Psicologicamente i cantanti non pensa dire le parole e comprendere il significato. Quando si canta nella lingua nativa é Meglio l'espressione e la intenzione. Per ció credo che i cantanti deve parlare bene la lingua sulla che si canta. Lo dicco con umiltá dopo 34 Anni di cantare il canto lírico. Salutti.
RispondiEliminaGrazie per il commento e per la bella testimonianza!
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