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mercoledì, ottobre 28, 2009
Alimentare le forme - la spinta
Da questo argomento ne discende un altro: la "spinta".
Sappiamo come il suono "spinto" rappresenti un problema per molti cantanti, specie nel tempo dello studio. Ma di fatto cosa significa?
Partiamo dalla considerazione che il suono esce, almeno per qualche secondo, senza alcun impegno, perché il diaframma e la ricaduta delle costole provocano una emissione d'aria, e dunque un suono, senza alcun impegno. Quando le note sono centrali e non particolarmente forti, il pericolo di spingere è molto alto. Altrettanto frequente è lo stimolo alla spinta nelle vocali strette, la I e la é, che richiedono meno fiato in quanto con poco spazio nel cavo oro-faringeo.
Di spinte poi ne esistono almeno 2 tipi. Il più frequente e pericoloso è quello "dal basso", cioè una forza esercitata sotto la laringe verso l'alto. E', in pratica, un rafforzamento della pressione sottoglottica, che provoca un'emissione forzata, quasi certamente stonata, con effetti collaterali quali la risalita della radice della lingua, difficoltà di apertura orale o la produzione di suoni nasali. Superata questa, può presentarsi una spinta dall'interno della bocca verso l'esterno. E' decisamente meno pericolosa, ma provoca comunque suoni brutti e disomogenei, e si presenta anch'essa più frequentemente nella I e nella é, sempre per la carenza di spazio. Quando il suono è esterno alla bocca, allora la cosiddetta spinta si trasforma in potenziamento dell'appoggio, e quindi in un controllo dinamico, quindi in qualcosa di utile. Le spinte interne vanno eliminate diminuendo la forza e l'intensità, anche fin quasi a zero. La spinta, in genere, è legata all'attività muscolare faringea, e quindi è indispensabile eliminarla per far sì che il fiato possa fluire indisturbato nel cavo strumentale senza interferenze, come se fosse un tubo vuoto e inerte.
venerdì, ottobre 23, 2009
Aprire la bocca?
Credo che la maggior parte delle scuole di canto induca i propri allievi a tenere, per lo più, la bocca aperta, ma non sono pochi coloro che invece suggeriscono un canto a bocca semichiusa, suggerendo la famosa formula del "sorriso" di cui parla anche il Garcia.
Diciamo che fondamentalmente la bocca deve assumere la forma relativa alla vocale che si sta facendo, e che più il suono va verso l'acuto più la bocca deve aprirsi. Per molto tempo diciamo pure che la bocca è bene che venga tenuta aperta e che ci si abitui ad aprirla molto, perché la reazione diaframmatica comporta una pressione su laringe e mandibola tendente a sollevarle, quindi tenendo aperto si contrasta questa tendenza. Inoltre un maggior spazio è comunque consigliabile, anche se un po' esagerato, rispetto ad uno spazio ristretto, e infine diciamo che le persone, per vari motivi, sono sempre un po' restie ad aprire molto la bocca, il che è indispensabile soprattutto quando si sale, ma anche per emettere correttamente la A.
Un problema che si presenta spesso è la "caduta" del suono nel passare da vocali strette, come la "I" e la "é", a vocali più ampie come la "A". Il problema si pone anche a causa di uno scorretto approccio alla "A", che viene solitamente pensata nello spazio faringeo, e il più delle volte attaccata con colpo di glottide. Aprire molto la bocca, cercando di rilassare la muscolatura del collo e del sottogola, favorirà una emissione sul fiato verso i denti superiori, leggera ma sonora, e impedirà l'attacco e l'espansione in gola. Il problema della "caduta" è dovuto al fatto che aprendo la bocca e spingendo il suono, esso seguirà la discesa della mandibola; viceversa il suono va un po' alleggerito, in modo da continuare a fluire verso i denti superiori.
Alcuni insegnanti favoleggiano che aprendo la bocca il suono si spoggi. In questo caso ci troviamo di fronte a insegnanti che hanno un concetto di appoggio completamente errato, perché è evidente che se aprendo la bocca il suono si spoggia, vuol dire che il suono viene "tenuto" con la mandibola stessa, e quindi appoggiato sui muscoli faringei.
Per quanto riguarda il canto "sul sorriso", esso è possibile e può avere interessanti utilizzi, però ciò che riteniamo un errore è parlarne prematuramente. Esso si può considerare una conquista della maturità vocale, perché il canto sul sorriso può indurre spoggio del suono, e dunque è da rimandare a quando la reazione istintiva, grazie alla giusta disciplina, sarà ridotta quasi a zero. Questo tipo di canto, peraltro, non si presta ad ogni tipo di stile, perché sarà sempre piuttosto chiaro e flautato, e con intensità più ridotta. Un canto maggiormente declamato, intenso e accentato richiederà sempre ampia apertura orale.
Ci può essere, seppur raro e sapientemente guidato dall'insegnante, il caso in cui si può eseguire una vocale ampia come la A con la bocca semichiusa. Si usa soprattutto con allievi che hanno un imposto sbagliato, e faticano a portare avanti il suono, ingolandolo ogni volta che aprono la bocca. In questo caso si può, occasionalmente, far emettere una A con bocca semichiusa per avvertire la sensazione del suono che "batte" nel palato dietro ai denti anteriori superiori, che dà una piacevole sensazione di apertura. Si potrà passare lentamente all'apertura della bocca senza che il suono si modifichi, e si sarà così fatto capire che il fiato, se non lo si disturba, può continuare a fluire tranquillamente verso quella zona.