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martedì, ottobre 18, 2016

Le anime moribonde

In un primo momento volevo citare il titolo del noto romanzo di Gogol con una similitudine, cioè "le voci morte", ma ripensandoci, temo che sia proprio questo il titolo appropriato. Nel sentire tante voci di giovani che studiano in varie scuole di canto, resto sgomento e triste non solo e non tanto per come queste voci vengano maltrattate e messe in condizioni di non dare risultati attendibili, ma per come questi giovani, queste persone rischino di perdere ogni fiducia in sé stessi, nelle proprie possibilità, qualità, perdano anche capacità di comprendere cosa può essere positivo e negativo, quali siano le caratteristiche che occorre perseguire e in ultima analisi capire se ci si può fidare di qualcuno, o se il mondo è abitato solo da millantatori e falsi profeti. Ma, come ripeto, la cosa più deprimente è sentire questi ragazzi che cantano con voce "morta", perché la loro spiritualità, la loro passione, l'entusiasmo e la voglia di cantare, di esprimersi, di anelare alla libertà vengano meno a causa della palese incapacità di una moltitudine straordinaria di persone che si spacciano per insegnanti di canto, non sapendo neanche da dove comincia l'insegnamento del canto. Ciò che mi atterrisce è riscontrare la delusione e la rabbia quando qualcuno di costoro si rende conto di aver buttato via anni di studio, non solo, ma di essere stata ingannata e condotta su una falsa strada e dunque di aver anche acquisito difetti e meccanismi che si sono radicati e che dunque richiederanno tempo per essere rimossi, senza contare che niente o ben poco è stato fatto per portare avanti ciò che serve veramente, cioè l'evoluzione respiratoria, ma anzi il fiato sia stato inibito, frenato, ridotto. Purtroppo sono qui ancora una volta a lamentare un male del nostro tempo per cui non vedo possibilità e strade d'uscita. Non si sentono altro che lamentele che non ci sono buoni insegnanti, che c'è gente che chiede cifre allucinanti per dare lezioni senza reali e conclamate competenze, se non un nome - talvolta - che può costituire un indizio di un canto teatrale ma senza alcuna garanzia di effettivo valore ma soprattutto di capacità didattiche. E le scuole di canto prosperano e si moltiplicano, come si moltiplicano i libri di canto, i video su youtube di lezioni e consigli. E in modo inversamente proporzionale va l'arte del canto. Una gran parte degli studenti, prima o poi si rende conto che è in mano a incapaci, ma che può fare. Cercano, a volte trovano qualcuno che riesce ad accontentarli, cioè rispondere ai requisiti che quell'allievo cerca (che non significa che sappia insegnare e che riesca realmente a trar fuori il meglio di quell'allievo, ma solo che riesca a corrispondere a qualche sua necessità narcisistico-psicologica), ma ciò che mi pare evidente, è che si assiste a un film di zombies, dove si vedono queste povere anime moribonde che vagano di dove in dove, internet, conservatori, libri, suggerimenti di amici,... alla ricerca di qualcosa che ormai i più pensano che non si trovi, sia un'utopia, una pia illusione. Solo la fede e la speranza possono ancora tenere acceso un lumicino. Nonostante il tono catastrofico di questo post, non sono poi così pessimista, credo nei giovani e credo nell'umanità, nella scintilla divina, nella forza dello spirito che alberga in noi e che cerca di condurci a una vita più felice.

domenica, ottobre 09, 2016

L'apribottiglie

Non può esistere un "metodo", e ogni "tecnica" è soggetta a possibili controindicazioni. La strada dell'educazione dovrebbe sempre basarsi su esercizi estremamente semplici, accompagnati da poche indicazioni e da molti eloquenti esempi. Le parole, i riferimenti e le analogie, nonché metafore, spesso e volentieri confondono e disorientano. Ma viviamo nell'epoca della complicazione e della fretta, per cui la semplicità e l'apparente lentezza, che poi è la strada più rapida e sicura, non bastano e non soddisfano e allora bisogna infarcire ogni linea di pensiero con spiegazioni e precisazioni. Le quali non sono di per sé fonte di errori, in assoluto, ma possono diventarlo soprattutto se innestate su un pregresso di cui poco si sa. Allora stavo meditando sulle possibili controindicazioni di un modo semplice di educare la voce come: la voce (o la vocale) nasce fuori dalla bocca. E' un concetto che per molto tempo risulterà a tante persone astratto, perché ciò che è già spontaneo, cioè il parlato, è difficile trasferirlo nel canto. Dunque si studiano esercizi per raggiungere questo importante risultato, anche senza tante parole di contorno. Però mi rendo conto che il fatto stesso di spiegare che determinati esercizi hanno come meta il far nascere la voce fuori di sé, può portare ugualmente a qualche errore, che, ironicamente, definisco "l'apribottiglie". Cosa succede infatti in chi ha già sviluppato nel tempo difetti nati dall'attaccare internamente, nel voler "alzare" il suono, nel "girare" e via dicendo? Che invece di far nascere davvero il suono esternamente, mantenendo il totale rilassamento, la "morte gutturale", si compie una sorta di "leva" a livello di glottide per proiettare il suono in avanti (pensiamo appunto a un apribottiglie con tappi a capsula). Questo ovviamente porta allo spoggio, al sollevamento della base del fiato. Può portare anche qualche effetto positivo, che non è però accettabile, perché lo spoggio è il male peggiore in ogni caso. Dunque la questione è che tra labbra e laringe è come se si instaurasse una sorta di legame, per cui lanciare in avanti comporta anche un "tirare", "alzare", "sollevare" posteriormente. Si può insistere fino alla morte che la gola non c'entra col canto e che tutto avviene dalle labbra in avanti; chi ha già assimilato determinati meccanismi, non riuscirà con la volontà a inibirli, o comunque molto difficilmente, per cui occorre cambiare completamente strategia e tornare a esercizi che abbiano come fondamento il rilassamento e quindi il galleggiamento glottico.

giovedì, ottobre 06, 2016

Maschio & femmina

Simone Angippi scrive [riassumo per sommi capi] che in ciascuno di noi esistono, in termini vocali, due componenti: una "maschile" e una "femminile", che danno luogo a due gamme definite "registri" (petto e falsetto-testa) e con cui ci si deve un po' confrontare per arrivare a una vocalità piena. Adesso non entro nella questione registri perché non è nei miei intenti e perché ho già trattato l'argomento a dismisura. Ciò che dice Simone non è sbagliato, infatti il registro cosiddetto di petto è decisamente più maschile mentre il cosiddetto falsetto è evidentemente più femminile. Ma a mio avviso rimaniamo a un livello descrittivo. La questione dal mio punto di vista, che avevo già trattato molto tempo fa, rintracciabile sul blog, risale a qualcosa di molto più ancestrale. Queste due modalità esistono anche negli animali (il cane abbaia di petto e ulula e guaisce di falsetto); quello che non c'è in loro è la possibilità articolatoria, cioè la parola. L'apparato vocale e articolatorio dell'uomo è più evoluto, e concede questa meravigliosa possibilità (anche se a sentire tante stupidaggini a volte ci sarebbe di che rammaricarsi ...). I due registri in questo senso sembrerebbero non entrarci, ma non è proprio così! Infatti il parlato si è configurato in modo spontaneo maggiormente nel registro "maschile", mentre risulta poco ordinario, poco gradevole e "naturale" in quello femminile (anche se è probabile che nelle donne fino a qualche decennio fa fosse presente in misura più diffusa). Esiste un motivo! Nel nostro istinto di conservazione e DIFESA della specie, era necessario conservare una porzione della voce con caratteristiche utili a momenti di difesa e offesa, e quindi il grido, l'urlo, che può richiamare l'attenzione degli altri e impaurire l'eventuale avversario. Per far questo occorrono caratteristiche vocali sicuramente diverse da quelle richieste da un canto espressivo, e questo è il motivo per cui il settore acuto è più difficile da "domare"; mentre quello inferiore ha già in partenza caratteristiche vicine alla sensibilità artistica, ed è già abituato a un intenso uso dell'articolazione verbale, quello acuto no, ma non solo è disabituato, ma è anche "ostico" da condurre a quel risultato in quanto la sua funzione più specifica è legata a un utilizzo "di sicurezza", per cui una commutazione, come quella respiratoria, passa attraverso un dominio e un'evoluzione complessiva delle componenti umane che non hanno già in natura quel grado di sviluppo, pur possedendolo potenzialmente, ed è su questo che occorre lavorare.