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venerdì, ottobre 15, 2010

Quando l'istinto non c'entra

Come ho già scritto più indietro, ci sono situazioni di resistenza che possiamo non addebitare all'istinto di sopravvivenza e difesa della specie umana, e che possiamo invece assegnare a quello che possiamo definire come un istinto estetico personale, quindi soggettivo, e situato a livello di neocorteccia. Nonostante sia superabile, può essere ostico e davvero problematico da aggirare, perché incide non soltanto sulla qualità degli esercizi e del canto, ma sulla memoria cosciente. Se la mente di un allievo si è fatta la convinzione che il canto deve risultare in un certo modo, inteso come colore, timbro, intensità, ampiezza, ecc., e che possiamo considerare difettoso, anche se si segue una strada che conduce verso un risultato diverso, ovviamente corretto, questo istinto, che si può dire sia semicosciente, può impedire o fortemente rallentare l'apprendimento. E' molto difficile superare, nel senso di rimuovere, questo istinto, che può manifestarsi nei modi più disparati, con la creazione di dubbi circa la scuola che si sta frequentando, con un affaticamento mentale esagerato, la caduta di attenzione e concentrazione, ma soprattutto la difficoltà a distinguere suoni giusti da suoni anche considerevolmente difettosi. L'unica strada percorribile in questi casi, laddove esista comunque la volontà dell'allievo a proseguire, ritenendola una strada giusta, è la costanza e implacabilità nel seguire lezioni, nell'esercitarsi e cantare il meno possibile da soli, in quanto in quei momenti l'impossibilità di selezionare il giusto dallo sbagliato porta fatalmente verso l'errore, nel leggere e riflettere il più possibile sulla disciplina intrapresa. E' un po' quella che il M° Antonietti chiamava lezione dell'asino. Non è, soprattutto in questo caso, da intendersi offensiva o riduttiva, ma una necessità volta a modificare un senso radicato ma erroneo e fuorviante.

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