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sabato, settembre 30, 2017

Col sorriso d'innocenza

Come d'abitudine prendo a prestito il titolo d'un aria d'opera (in questo caso dal Pirata di V. Bellini) per affrontare un argomento relativo alla vocalità.
Non solo nei trattati di canto, anche antichi, si parla di cantare "col sorriso", ma è tutt'ora una pratica piuttosto diffusa (poi c'è chi parla di sorriso e basta e chi parla di sorriso "interno", ma non starò a commentare in merito). Vediamo un po' come stanno le cose.
La domanda cui rispondere è: cos'è l'articolazione. Si parla di articolazione (legata alla parola) riferendosi alla possibilità di movimento delle parti mobili della bocca e della parte superiore del cavo orale (mandibola, lingua, velo pendolo, faringe...) che danno la possibilità all'uomo, in relazione ai movimenti della laringe e alle sue capacità foniche, nonché al relativo fiato alimentante, di emettere fonemi anche continuativamente.
Quando si parla di questo si trascura, in genere, di prendere in considerazione il ruolo fondamentale svolto da gran parte della muscolatura facciale, in particolare le parti adiacenti le labbra (giustamente i "risori") e i muscoli zigomatici, che nella maggior parte delle persone sono alquanto deboli, dormienti, sottoutilizzati, mentre durante la fonazione moltissimi fanno un uso spropositato, e non utile anzi negativo, dei muscoli della fronte (frontali). Dunque, al di là di implicazioni più strettamente legate alla produzione vocale, che vedremo, i muscoli compresi tra il risorio e gli zigomatici, quindi nella parte centrale del volto, sono da tenere in costante allenamento in quanto contribuiscono, non solo secondariamente, all'ottimizzazione dell'articolazione e dunque alla perfetta pronuncia (anche una masticazione molto accentuata mette in forte movimento questi muscoli, e può risultare un utile esercizio).
Possiamo notare che quando facciamo un bel sorriso (il che non è da tutti, ci sono persone che devono fare sforzi enormi per arrivare a fare un sorriso degno di nota), stiriamo le labbra orizzontalmente e il labbro superiore e gli zigomatici si sollevano e si spostano lateralmente verso l'esterno. Anche quando diciamo la I correttamente otteniamo, o dovremmo ottenere, lo stesso risultato. Sappiamo che la I è la vocale con il colore più chiaro, e questo è dovuto al fatto che la parte anteriore della bocca è molto stretta a causa del sollevamento estremo della parte anteriore della lingua (esclusa la punta), ma anche al fatto che le corde vocali si tendono e si assottigliano, e per far ciò la laringe deve sollevarsi per trovare più spazio nel cavo faringeo che è più largo nella parte superiore. Incidentalmente notiamo che questo va in conflitto con il consiglio di tenere bassa la laringe di alcuni insegnanti di canto, impedendole di svolgere correttamente il proprio lavoro. Il movimento muscolare facciale è dunque anch'esso in relazione con gli altri elementi coinvolti nell'articolazione e nella produzione verbale, e ne orienta i movimenti.
Tutte le vocali hanno delle "forme chiave", su cui sono tornato diverse volte in questo blog, che dobbiamo conoscere e praticare in quanto il fiato deve relazionarsi ad esse per alimentarle in modo perfetto. Queste forme non sono però né rigide né univoche (pur essendoci, per ciascuna vocale, una sola emissione che possiamo definire pura), a causa dei diversi colori che possiamo usare e che modificano variamente gli elementi articolatori. Noteremo allora che se intendiamo scurire anche solo leggermente il colore, la posizione a sorriso della I muterà: gli zigomatici scenderanno e le labbra da orizzontali si protenderanno verso una forma a imbuto. Dunque, ricordando che ogni vocale può avere un colore chiaro e uno scuro, noi possiamo dire che volendo esaltare il colore chiaro delle vocali lo possiamo ottenere producendo quella vocale sul sorriso. Qui entriamo in una trattazione più profonda: perché si dovrebbe chiedere di esaltare un determinato colore? Anzi, dovremmo chiederci: perché gli insegnanti di canto, compresi i più antichi trattatisti, chiedevano questo? e perché? Ancora una volta arriveremo alla conclusione che tutto ciò che facciamo nei nostri esercizi ha come scopo l'educazione e la disciplina respiratoria. Come abbiamo visto la corretta emissione della vocale I ci porta al sorriso, e conseguentemente a un restringimento dello spazio orale e al sollevamento della lingua. Questo comporta anche che il flusso aereo dovrà percorrere un ristretto spazio lungo il palato e andrà a infrangersi contro l'osso superiore mandibolare (o palato alveolare), per poi uscire attraverso un ristretto canaletto "a cucchiaino" che si forma nella parte centrale della lingua che poggia contro i denti inferiori. Questa "postura" è possibile utilizzarla anche per la produzione di altre vocali in color chiaro; la é, in primo luogo, che della I è l'immediata succedanea in quanto a chiarezza, poi la A, la O, la è e la U. In particolare può suscitare perplessità pensare alla produzione della A, che richiede normalmente un'apertura considerevole. Infatti non dobbiamo pensare che sia corretto dire una A sul sorriso "stretto". Dobbiamo però, come si è detto più volte, separare la fase di apprendimento da quella poi di pratico e definitivo utilizzo. L'esercitarsi a produrre le vocali con il color chiaro, cioè col sorriso, può avere un'utilità. Intanto il fatto che può essere necessario anche in fase pratica cantare sul colore chiaro, ma nel nostro caso parliamo di una utilità strettamente vocale. Quando noi passiamo da una vocale chiara e stretta come la I o la "é" a una più ampia, come la A, o più scura, come la "è" o la "O", nella normalità dei casi si può produrre una "caduta" sonora, cioè il flusso fiato-suono dalla sommità orale, cioè contro il palato, seguendo la discesa mandibolare, scende anch'esso perdendo, anche solo parzialmente, quell'appoggio sull'osso mandibolare o palato alveolare che assicura anche un corretto appoggio diaframmatico e una omogeneità di emissione. Da questa situazione, che potremmo dire estrema, di chiarezza sonora, si potrà poi passare a una soluzione più completa, cioè mantenere il sollevamento dei muscoli zigomatici, ma aprire anche la bocca correttamente. In questo modo noi avremo due conseguenze positive: manterremo la linea del flusso aereo-sonoro alta, contro il palato, manterremo una componente di color chiaro, che privilegia la ricchezza armonica (in quanto l'osso mandibolare si comporta come un "ponticello" che diffonde le vibrazione a tutte le ossa e gli spazi del viso) e l'appoggio, rendendo nel contempo indipendente la mandibola nei suoi movimenti che dovrà adeguarsi alle forme delle diverse vocali. Durante il canto si potrà, poi, mantenere la postura "a sorriso", sempre a patto che sia una posizione temporanea.
Vediamo le controindicazioni e le attenzioni da tenere.
La I e il color chiaro, per il fatto di richiamare la laringe verso l'alto, possono anche indurre un sollevamento del diaframma, per cui quanto ho scritto sopra è da esercitare non nella primissima fase di studio, ma quando l'insegnante riterrà che si sia raggiunta una accettabile indipendenza della laringe.
Il sollevamento degli zigomatici in soggetti (o in momenti) particolarmente tesi, può comportare anche una tensione nei muscoli discendenti fino al collo, per cui occorre osservare che invece la testa, il collo, il petto, siano sufficientemente rilassati e liberi.
Questi esercizi non devono indurre a posizioni o a espressioni innaturali, rigide, stereotipate, smorfie. Ogni espressione che vìoli queste regole porterà a cattive emissioni e quindi non a progressi positivi. Quello trattato è un capitolo piuttosto complesso e delicato; dovrei dire forse molte altre cose, ma il post è già fin troppo lungo. Si segua sempre con molta prudenza quanto scritto.

mercoledì, settembre 13, 2017

Addio del passato

I cantanti del passato possono interessarci sotto due aspetti: uno "nostalgico" e uno "esemplificativo"; l'uno potrebbe non escludere l'altro. Credo che il primo sovrasti decisamente il secondo come quantità di persone che si affidano ai ricordi, con un particolare peggiorativo, però, cioè che coloro che hanno una forte nostalgia per qualche cantante del passato, ne vorrebbero imporre anche un ruolo esemplificativo, che in molti casi non c'è e scatena discussioni e polemiche anche violente. Gli esemplificativi "puri", invece, solitamente hanno un parterre molto più ridotto e meno fanatizzato e riconoscono eventuali carenze e limiti. Se prendiamo Schipa, ad es., i suoi sostenitori ammettono senza problemi che aveva limiti in basso e, specie dopo circa metà della carriera, anche sugli estremi acuti, nonché che il timbro non fosse particolarmente pregiato. Lo stesso accade per Pertile e persino (molto meno perché qui si sovrappongono i due "eserciti") con la Callas. Si può pensare che quasi tutti coloro che amano l'opera abbiano qualche cantante nel cuore, però per chi studia il canto sarebbe molto opportuno, e so di chiedere un sacrificio e uno sforzo non da poco, dovrebbero imparare a distinguere i cantanti esemplari da quelli appariscenti, sicuramente con doti importanti, capaci di suscitare entusiasmo fino al fanatismo, ma difficilmente individuabili come esemplificativi, in quanto le doti, gli attributi soggettivi e innati, sovrastano le peculiarità dovute a studio, impegno, applicazione duratura ed evolutiva. Il mi piace va sempre bene, ma occorre maturare una posizione critica serena e coscienziosa; questa è una dote importante anche per poter crescere come cantanti, ma anche solo come semplici appassionati.

martedì, settembre 12, 2017

Oggettivizzare il gesto

Il M° Sergiu Celibidache esortava gli allievi di direzione d'orchestra a "rimanere oggettivi"; cosa significa?
La gran parte dei direttori tende a muoversi sguaiatamente e molti tendono a seguire il gesto delle braccia anche con movimenti della testa in avanti (specie sul battere); questo modifica, e non poco, la qualità dell'ascolto in quanto le orecchie (che come è noto si trovano ai lati della testa, e qualche battuta di spirito invita a non considerare questa come mero divisore tra gli organi di ascolto) avvicinandosi e allontanandosi dall'orchestra percepiscono irregolarmente gli eventi sonori. Questo col canto c'entra poco, però la riflessione mi ha suggerito comunque una importante analogia, cioè disporsi ad ascoltare la propria voce "oggettivamente", cioè ascoltarla come provenisse da una fonte esterna a noi. In passato avevo invitato a cantare come se fossimo davanti a un microfono, e quindi come venisse amplificata e diffusa da altoparlanti indipendenti da noi (e penso fosse un buon consiglio); più seriamente è giusto considerare l'ascolto della propria voce come staccandosi da essa, considerarla un fenomeno cui noi diamo inizio ma il cui controllo deve essere auditivo-mentale e non fisico. In questa direzione forse saremo anche più pronti a evitare quel ricorrente e radicato difetto della spinta, in quanto ci accorgeremmo ben presto della pressione indebita che agisce sul suono e sulla voce, che impedisce quella piacevole emissione di armonici e il crearsi di quella massa sonora soffice e vibrante che costituisce la parte nobile della voce e del canto (ma che è indispensabile anche per l'arricchimento dello squillo, del "metallo" nell'emissione forte e nell'accentazione eroica). Disporsi a un ascolto "oggettivo" darà anche modo di educare ed evolvere l'orecchio nei confronti degli altri cantanti.

sabato, settembre 09, 2017

Come canta...?

Una domanda che mi viene posta spesso è "come canta Tizio, Caio o Sempronia?" La domanda ha di solito un duplice valore; avere un parere "esperto" su di un determinato cantante, ma anche, e talvolta soprattutto, mettere a confronto il proprio modo di sentire con quello del maestro. Può anche esserci un terzo motivo, più nascosto, e cioè capire se un proprio idolo, un cantante che abbiamo apprezzato e forse anche amato (talvolta adorato) è in linea con la scuola che si frequenta. Alcune volte serve a tranquillizzarsi, altre volte a giudicare la scuola (e quindi anche a lasciarla se il giudizio non collima con i propri sentimenti). Gira gira si finisce sempre per arrivare a determinati nomi, di un passato non lontano o del presente: Del Monaco, Corelli, Callas, Tebaldi, Di Stefano, Gobbi, Bastianini, Siepi, Cristoff, Simionato, Barbieri, poi Pavarotti, Domingo, Ricciarelli, Sutherland, Milnes, Ghiaurov, poi qualcuno più recente. In genere a ogni cambio generazionale si riscontrato peggioramenti e miglioramenti. Nella generazione di Del Monaco, quindi anni 50-60, l'attenzione musicale e filologica era piuttosto bassa, le esecuzioni piuttosto sommarie, con tagli, adattamenti, interpolazioni, carenze sul piano dinamico ed espressivo. Era però una generazioni di voci straordinarie, di personaggi esaltanti. Quella successiva è stata molto più corretta sul piano esegetico; voci importanti anche se meno imponenti e doviziose. La tendenza rimane più o meno la stessa oggi; molta attenzione (per quanto è possibile a voci messe non bene) allo spartito, riapertura dei tagli, correttezza esecutiva di cadenze e quant'altro in linea con l'epoca di composizione. Qualche voce importante e poi una pletora di voci più o meno corrette, ma che dicono poco, perché impastoiate a districarsi nei labirinti foniatrici. Però, come notavo nel precedente post, c'è un ritorno nostalgico (sopito evidentemente negli anni scorsi) a un vociferare plateale (anche se non sempre la voce è paragonabile a quella dei "mostri" di cinquant'anni fa.
Ora, volevo soffermarmi su un punto. Qualcuno ha scritto che Pavarotti era ingolato. Su questo ritengo di dire la mia. Nel canto degli ultimi cinquant'anni, è quasi sicuro che un cantante totalmente privo di ingolamento, come furono Schipa, la Pagliughi e una quantità notevole di altri cantanti di primo Novecento, non ci sia più stato. Detto questo la tara la dobbiamo fare, perché mandare tutto all'ammasso non è una buona politica. Pavarotti aveva una voce fantastica, di notevole bellezza e sonorità. Aveva dei limiti, sicuramente (era una voce "monolitica", incapace di autentiche variazioni; lo dimostrò chiaramente quando si confrontava con cantanti di musica leggera o rock; lui imperterrito aveva sempre "quella" voce), di natura musicale e gestuale, soprattutto, ma qualche limite lo denunciava anche sul piano strettamente vocale (ho analizzato in questo blog alcune arie dove ho analizzato anche sue prestazioni). Nel periodo tra la fine degli anni 70 e la metà degli 80 la voce manifestava carenze, difficoltà; fin dagli anni 60 andava incontro non rarissimamente a "stecche", che aumentarono in numero, tant'è che fu ripreso e contestato più volte specie in Italia, da cui sembrava volersene andare. Qui c'è anche tutta la questione personale; dopo alcuni anni di serio e umile professionismo, i guadagni si alzavano enormemente, grazie anche alle numerose incisioni (e una voce sicuramente fonogenica) e incominciava a diventare "personaggio", spesso ritratto in cronache, in tv e giornali non sempre per motivi artistici. Anche il film girato (e notevole flop) è il segno di questa fase. Litigava spesso con registi e direttori, finché riuscì, almeno in molte occasioni, a imporre i "suoi" registi e i suoi direttori e fino poi a relegare la sua attività a concerti. Dalla fine degli anni 80 dopo essersi sottoposto a una "cura" vocale, la voce tornò in buona parte a una maggior correttezza e omogeneità. Quindi su Pavarotti se ne possono dire molte, ma personalmente non scriverei mai che era ingolato, perché, pur non negandolo in assoluto, la percentuale era talmente bassa da potersi considerare trascurabile, per il mondo in cui viviamo. Se consideriamo che voci realmente ingolate, come Domingo o la Horne, sono idolatrate da chiunque, critici, tifosi e (nel primo caso) persone del tutto digiune di canto e opera, perché dobbiamo accanirci su questo cantante tutto sommato con buone qualità e qualche freccia straordinaria al suo arco? Ne avessimo di Pavarotti, oggigiorno... Ci sono sicuramente cantanti con migliori qualità musicali e teatrali, ma egli ha saputo utilizzare la sua bella voce in un repertorio non sterminato ma comunque considerevole con grande profitto. Nella Luisa Miller, Ballo in maschera, Boheme, Trovatore, Favorita e in un altro buon numero di opere ha potuto fare la differenza rispetto ai suoi colleghi e talvolta anche fare esecuzioni di riferimento storico.