Il M° Sergiu Celibidache esortava gli allievi di direzione d'orchestra a "rimanere oggettivi"; cosa significa?
La gran parte dei direttori tende a muoversi sguaiatamente e molti tendono a seguire il gesto delle braccia anche con movimenti della testa in avanti (specie sul battere); questo modifica, e non poco, la qualità dell'ascolto in quanto le orecchie (che come è noto si trovano ai lati della testa, e qualche battuta di spirito invita a non considerare questa come mero divisore tra gli organi di ascolto) avvicinandosi e allontanandosi dall'orchestra percepiscono irregolarmente gli eventi sonori. Questo col canto c'entra poco, però la riflessione mi ha suggerito comunque una importante analogia, cioè disporsi ad ascoltare la propria voce "oggettivamente", cioè ascoltarla come provenisse da una fonte esterna a noi. In passato avevo invitato a cantare come se fossimo davanti a un microfono, e quindi come venisse amplificata e diffusa da altoparlanti indipendenti da noi (e penso fosse un buon consiglio); più seriamente è giusto considerare l'ascolto della propria voce come staccandosi da essa, considerarla un fenomeno cui noi diamo inizio ma il cui controllo deve essere auditivo-mentale e non fisico. In questa direzione forse saremo anche più pronti a evitare quel ricorrente e radicato difetto della spinta, in quanto ci accorgeremmo ben presto della pressione indebita che agisce sul suono e sulla voce, che impedisce quella piacevole emissione di armonici e il crearsi di quella massa sonora soffice e vibrante che costituisce la parte nobile della voce e del canto (ma che è indispensabile anche per l'arricchimento dello squillo, del "metallo" nell'emissione forte e nell'accentazione eroica). Disporsi a un ascolto "oggettivo" darà anche modo di educare ed evolvere l'orecchio nei confronti degli altri cantanti.
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