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martedì, ottobre 24, 2017

Il film

Come è noto, un film o un video è costituito da una sequenza di innumerevoli fotogrammi; in pratica si assiste a un effetto ottico dove innumerevoli fotografie, cioè immagini statiche, proiettate a una determinata velocità, si trasformano in un film, cioè in un'azione dinamica realistica. Questo perché il nostro occhio-cervello quando le immagini si susseguono velocemente le collega ricreando una realtà fittizia. E' un effetto noto anche in tempi antichi, che si produceva facendo scorrere una serie di disegni con piccole differenze che creavano un effetto dinamico. Non sappiamo con esattezza se la realtà del mondo che ci circonda sia un flusso realmente continuo o anch'esso sia una sequenza di immagini statiche che si giustappongono rapidissimamente, perché ci sono i limiti della nostra mente e dei nostri sensi, però per quanto ci è dato sapere fino ad oggi, il flusso è continuo, e nessuna tecnologia è stata in grado finora di produrre un film che non si basi sulla tecnica suddetta. Il nostro orecchio (o senso dell'udito) non funziona proprio nello stesso modo, ma ci sono comunque delle analogie. Quando parliamo quotidianamente con i nostri parenti, amici, vicini, concittadini, ecc., noi non usiamo sempre un flusso continuativo, ma parliamo un po' per "neumi", cioè diamo accenti qua e là alle varie sillabe che compongono le parole e frasi che intendiamo dire, in base alle nostre caratteristiche linguistiche personali, familiari e territoriali, che in genere sono note a chi ci sta intorno e chi ci conosce, dunque il nostro parlare è compreso, perlopiù, e si coglie non solo il significato ma anche l'intenzionalità, l'espressione, il carattere di quanto diciamo. Se una persona proveniente da altri luoghi ascolta, può capire perfettamente, ma trovare curioso, strano, diverso quel modo di parlare, può non capire del tutto o comprendere pochissimo, pur trattandosi della medesima lingua, cioè della stessa nazione e pur non ricorrendo a dialetti o lingue locali. Sono le cosiddette cadenze (dette anche "calate"). Adesso non mi metto a fare una trattazione sui dialetti, sugli aspetti positivi o negativi che questi possono avere sul canto, perlomeno non qui, però diciamo che con varie differenze, ogni territorio ha plasmato sfumature linguistiche basate sulle caratteristiche delle attività della maggior parte della popolazione antica, per cui ci saranno parlate più "povere", laddove per caratteristiche del territorio i lavori inducevano a lavori duri che necessitavano di risparmiare, oppure lavori su zone molto estese che necessitavano di comunicazioni a distanza (guardiani di bestiami oppure coltivatori in latifondi), oppure lavori con persone ravvicinate e che necessitavano di comunicazioni frequenti e prolungate (mercanti), e così via. Mentre queste ultime si contraddistinguono per un maggior legato, e risultano quindi più "musicali", piacevoli da sentire, calme e nei registri centrali (anche perché certi mestieri cercavano anche di affascinare, attirare le persone), le prime cui abbiamo accennato sono più aspre, spigolose, acute e molto spezzettate (la comunicazione era più pratica e sintetica). In ogni caso possiamo dire che, con differenze anche di un certo rilievo, il parlato è un po' come un film, cioè composto da miriadi di sillabe, alcune più accentate altre meno, comunque generalmente abbastanza slegate e che però il nostro orecchio riesce a ricostruire; a differenza dell'occhio - o senso della vista - però, nel caso dell'udito la questione è culturale, non fisica. Cioè qualunque uomo nel vedere un film non si accorge dei fotogrammi, mentre nel sentire una persona parlare in una cadenza molto diversa dalla propria può non comprendere (del tutto) e percepire la diversa strutturazione della parola e delle frasi. Questo però fino a un certo limite, perché anche in quei territori ove si parla una lingua più scorrevole e legata, difficilmente si "incastonano" le parole e sequenze di parole in modo realmente continuativo in un flusso, come nel raffronto tra immagini di un film e la vita reale. Come ho già spiegato, la questione riguarda il consumo energetico. Parlare con un flusso continuo necessita di un maggior dispendio di energia a causa di un rapporto più stretto tra fiato laringe e apparato articolatorio. Se e quando questo si produce si avrà anche una voce più sonora e ricca. Nella realtà ciò è molto raro e legato più a situazioni personali, però possiamo anche dire che favorirà più determinate popolazioni di altre. A livello mondiale non c'è dubbio che l'area mediterranea è più favorita. Alcuni storcono il naso di fronte a queste osservazioni, perché si ritiene che sia un punto di vista irrispettoso delle altre culture e delle caratteristiche di altri paesi. Si può dire che il canto lirico, così come l'abbiamo conosciuto, sia la forma di arte vocale per eccellenza? Qualcuno può dire che invece la vocalità come è praticata etnicamente in Cina, Giappone, Arabia, India, ecc. sia altrettanto valida? Certo che si possono fare diverse valutazioni. Nella cultura locale ogni forma d'arte ha una sua validità, che ha radici storiche e sociali importanti, e in questo senso non si possono fare paragoni. Quindi il teatro lirico in sé non si può definire come un'arte superiore alle altre. In ciascun territorio si è anche trovata una modalità profonda di esprimere i sentimenti con il canto e la musica con una forma sentita in quella zona circoscritta. Ma il canto lirico, se praticato ai massimi livelli, come espressione di puro canto, è il tipo di emissione più puro, libero ed elevato, e in questo senso è riconosciuto piuttosto ovunque, anche se in molte zone non viene praticato e neanche ascoltato perché troppo lontano culturalmente dalle modalità di espressione e comunicazione locale. Mi sono avventurato un po' troppo lontano dal punto di partenza, ma mi pare comunque un argomento piuttosto interessante. Ciò che in conclusione intendo stimolare è l'attenzione verso un parlato più "impegnativo", da utilizzare poi nel canto. Si provi a ripetere una breve frase leggendola molto lentamente e facendo attenzione a non staccare mai una sillaba dall'altra. Ci si accorgerà che il fiato subito comincerà a lavorare diversamente e si proverà più impegno respiratorio. Questa è una delle basi fondamentali del buon canto. Si passerà poi nel ripetere quella stessa frase su una nota specifica, comoda, senza nulla cambiare nelle modalità di esposizione. Ma questo già è un passaggio che necessita di un controllo, perché si crederà di non cambiare nulla, ma in realtà facilmente già si saranno compiute delle azioni di modifica che l'istinto avrà "suggerite" per ridurre l'impegno, specie quando si cercherà di produrre quel parlato su note un po' lontane dal proprio centro. Qui mi fermo perché credo di aver già detto abbastanza...!

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