E' celebre la striscia dei Peanuts dove il piccolo Linus sta attaccato alla propria copertina che lo protegge e lo consola.
Ho intuito e scoperto che anche i cantanti hanno bisogno di qualcosa di simile, che è stato chiamato, guarda caso: copertura del suono.
Quando un qualunque cantante alle prime armi esegue una scala o un arpeggio verso la zona acuta, sa che può incorrere in grida, strilli, stecche. Questo produce inevitabilmente: PAURA! Allora, e fin dalla preistoria, si prende atto che però di voci l'uomo ne ha più d'una, diciamo così, una delle quali funziona bene nei centro-gravi, e un'altra funziona meglio negli acuti. Da questo si evince che per poter cantare su un'ampia tessitura, bisogna passare da una voce all'altra. Questo è ragionamento logico, ma "sbajato"! (appunto perché logico, razionale); o meglio, è giusto per un principiante, ma erroneo se considerato proiettato nel tempo, ovvero nell'evoluzione. Se fossimo, come qualcuno (quasi tutti) si ostina a considerare, dei meccanismi, la questione sarebbe chiusa, perché un meccanismo è immutabile. Ma il corpo umano non è un meccanismo, è una meravigliosa struttura biologica che ha la possibilità di evolversi e modificarsi nel tempo in base a esigenze e all'utilizzo. Naturalmente il cambiamento può essere positivo o negativo, in ogni modo dobbiamo partire e considerare che è un dato di fatto, è possibile. Dunque la risposta della stragrande maggioranza delle scuole di canto, perlomeno da inizio 900 ma più massicciamente dal dopoguerra, è stata propriamente meccanica, mentre precedentemente c'era (come ci testimonia Garcia) un approccio che prendeva in considerazione le possibilità adattative, e quindi modificative, del corpo umano. Ma la questione della paura non è solo dei moderni, anche nei tempi remoti la provavano, ma reagivano diversamente. Come sappiamo, anche se in modo molto grossolano e difficilmente immaginabile, fino a metà 800 l'approccio al settore acuto avveniva in modo più leggero, in quello che oggi viene definito col termine sminuente di falsetto. E qualche vociologo ben poco sapiente, ritiene che questo fatto impedisse un corretto passaggio di registro. Ma guarda! I compositori d'opera, che erano in costante contatto con i cantanti (se non addirittura dei maestri e loro stesso cantanti, come Rossini), scrivevano brani che poi i cantanti erano incapaci o impossibilitati a eseguire! Va beh, lasciamo correre. Comunque ipotizziamo che per affrontare la paura degli acuti si ricorresse all'alleggerimento. Poi arrivò uno che paura non aveva, e scoprì che si poteva salire fino agli estremi acuti con la stessa pienezza vocale dei centri. Certo non piaceva quella temerarietà, era mancanza di gusto, di eleganza. Ma al popolo piacque, e dunque si scelse di proseguire per quella strada (a parte qualcuno che si suicidò e qualcuno che smise di scrivere opere). Però se alcuni pochi affrontarono il settore più impervio con freddezza e coraggio, tanti altri tale sentimento non avevano. Dunque si dovette studiare una strategia per consentire più o meno a tutti di salire "prudentemente". Ed ecco la grande s-coperta! Oscurare i suoni dal passaggio in su o perlomeno su alcune note. Oscurando inevitabilmente, a meno che non si sia in possesso di una più che notevole condizione vocale, significa portare indietro i suoni. In questo modo essi pesano meno, anche perché producono una riduzione della portata sonora. Questo significa anche non affrontare la voce fuori, quella voce proiettata nel vuoto che richiede una condizione respiratoria straordinaria. E chi c'ha voglia di portare il fiato a quella condizione così estrema? E poi, voglia a parte, chi c'ha la tempra? Forse uno si chiamava Tamagno, un altro si chiamava Schipa, un altro si chiamava Filippeschi... Ovviamente altri ce n'erano in campo sopranile, mezzosopranile, baritonale e ... (come si dice per i bassi?). I nomi che ho fatto non necessariamente sono stati cantanti irreprensibili, li ho citati solo per la facilità e l'omogeneità con cui hanno affrontato gli acuti. Un cantante sicuramente ottimo ma che ha fatto regola il fatto di oscurare gli acuti, è stato Carlo Bergonzi, il quale ha cantato per tutta la vita con la "coperta di Linus". E questa è la regola di chi studia canto oggigiorno. Che poi, sia chiaro, può anche essere una necessità, ma si deve dire fin dall'inizio che non sarà la regola, che è solo un fattore temporaneo per passare un ostacolo causato dall'inadeguatezza respiratoria, e che la didattica supererà grazie all'espansione che ne conseguirà. Se non si ha il coraggio di affrontare la pienezza vocale che si può raggiungere con la conquista della corda unica, cioè non "due voci", ma una, sola e omogenea, bisognerebbe dedicarsi ad altro, ma ovviamente è crudele e forse ingiusto. Purtroppo se si prende la strada dell'oscuramento perenne (o altri pessimi artifici come purtroppo sta avvenendo), è difficile tornare su quella giusta, per vari motivi anche di ordine psicologico e acustico, nel senso che il senso di paura sarà ancora più accentuato. Dunque... come al solito dobbiamo accettare le cose, però almeno con un po' più di consapevolezza.
Nessun commento:
Posta un commento