Leggevo poco fa un post su un "social" dove si diceva: "l'arte è la scienza della libertà, ecco perché siamo tutti artisti". Costui intenderebbe dire che siamo tutti liberi? Mi pare sia un grande sogno e che l'umanità in genere sia molto ma molto lontana da un ideale di libertà! Siamo, a mio parere, schiavi di abitudini (pensiamo solo alla dipendenza dall'orologio e dal cellulare!), di plagi, di convenzioni, e purtroppo anche del potere di alcuni. Posso dire che la frase è condivisibile, dal punto di vista potenziale. Tutti "possiamo" essere liberi, perché in noi c'è l'anelito alla libertà, e ci sono le possibilità di conquistarla. La Storia è piena di grandi uomini che hanno lottato e si sono dedicati strenuamente non solo a conquistare la libertà, ma anche a diffondere strumenti affinché altre persone possano rendersi liberi. Le vie possibili sono tante, ma il tratto distintivo è quello dell'arte. Quando si parla di arte c'è la tendenza, avvalorata da definizioni e indicazioni culturali non proprio corrette, di pensare alla pittura e scultura, poi alla musica, alla letteratura e a poco altro. Per contro c'è una diffusa tendenza a dichiare artistico ogni esibizione originale e fuori dagli schemi tradizionali. Anche questo è un sistema erroneo per confondere le acque e far passare per valido anche ciò che non ha alcun valore, e questo purtroppo è l'arma più affilata dell'ego. Convengo che l'arte sia conquistabile pressoché da chiunque, e possa riguardare qualsiasi attività umana, ma quella conquista è possibile solo da pochissimi, perché richiede un percorso di conseguimento di enorme difficoltà, che necessita quindi di uno spirito di sacrificio non comune, e quindi di un'esigenza di conquista straordinaria. Il canto, già a partire dalla vocalità, possiede questa possibilità in nuce, ma colgo sempre più essere un miraggio che una concreta possibilità, non perché le persone si sottraggano all'impegno necessario, ma perché è carente il "fuoco" interiore che spinge a superare qualsiasi ostacolo pur di raggiungere la meta. Però non so quanto questo sia un "peccato", o piuttosto una opportunità, perché solo in rari casi l'arte conquistata si dimostra realmente illuminante e gioiosa come è comunemente inteso. L'uomo è sempre più preda dei vizi, abitudini, modi di vivere di una società malata, la quale però ci mostra, accanto ai suoi peggiori effetti, gli aspetti più confortanti (che possiamo sintetizzare con: la vita comoda - mezzi di trasporto, mezzi di comunicazione e diffusione, abitazioni e edifici di ogni genere, elettrodomestici e strumenti di lavoro meccanici, ecc.) che ci spingono verso una bambagia in cui crogiolarsi e a cui non riusciamo a rinunciare. (si veda il fatto che oggigiorno non vediamo più cortei, manifestazioni, proteste, rivoluzioni come un tempo contro ingiustizie e provvedimenti antidemocratici). In realtà non è che dobbiamo rinunciare realmente, ma è come se lo dovessimo fare, cioè dobbiamo eliminare quell'attaccamento a valori materiali e di possesso che ci rendono schiavi. Liberati dall'ego e dai legami delle abitudini, ecco che deve iniziare la disciplina per arrivare all'arte che ci è congeniale, che a questo punto diventa possibile, ma che è lunga e ci impone altre rinunce e fatiche, più mentali, psicologiche, che altro, che sono per lo più a "togliere", cioè a semplificare, ad alleggerire e a scoprire che il contrario. Quando si enuncia questo programma, tanti si entusiasmano, pensando di avere la forza e le caratteristiche per vincere, e si sentono già vincitori. Ma la realtà è ben altra e diversa e a volte la rinuncia arriva presto, oppure una continua attività che però non raggiunge mai l'obiettivo perché realmente manca un'accettazione sincera di quel traguardo, intuendo che non è propriamente ciò che ci si aspettava e che ci si illudeva di trovare.
La frase è di ASO Joseph Beuys, e l'ho trovata in questa pagina: https://www.finestresullarte.info/opere-e-artisti/la-lezione-di-joseph-beuys-arte-scienza-della-liberta. Ci sono riflessioni sicuramente di un certo interesse, che quindi invito a leggere ed approfondire.
Mi riservo di leggere il link, ma volevo fare una riflessione a caldo: a Sanremo ho ascoltato molti artisti giovani ed al di là delle solite critiche dei vecchi nostalgici, ho trovato idee e preparazione musicale. Quello che però preoccupa è proprio la scarsa preparazione vocale, un po' perchè con l'autotune si possono ottenere risultati decenti anche cantando dal vivo, un pò perchè la deriva, anche dei talent, è che ormai contano solo le emozioni e cantare con una coscienza che permetta di gestire due ottave con un timbro maturo ed autentico, senza urlare come ossessi sugli acuti, sembra essere appannaggio di pochi, per non parlare delle dizioni strascicate e regionali che molti ostentano per sembrare più moderni. Devo dire che apprezzo l'emissione in timbro soffiato/falsettino sulla quale sembrano omologarsi tutti i giovani nelle sezioni in pp (almeno riescono ad essere intonati), ma quando poi danno fiato alle trombe tutta la non preparazione viene fuori, mascherata abilmente dalla presunta ricerca di originalità e spontaneità. La lirica è morta da tempo, ma nella musica leggera la deriva vocale è analoga.
RispondiElimina