Translate

venerdì, agosto 11, 2023

Suoni aperti e voce aperta

 C'è una differenza non di poco conto tra parlare di suoni aperti e di voce aperta. Gigli disse di non voler insegnare perché avrebbe indotto gli allievi a fare suoni aperti, come lui talvolta faceva, che sono "pericolosi". La differenza sostanziale tra Schipa, il cui magistero vocale era superiore a quello di Gigli, che pure è stato un cantante strepitoso, sta in questo. Gigli non era arrivato a quell'arte respiratoria che, soprattutto nel canto forte, gli permettesse di avere tutta la voce esterna e galleggiante (come invece gli consentiva quella voce sospirata e delicata che spesso utilizzava nelle arie più "leggere"). Capitava allora che nelle frasi molto concitate e veriste, quando superava la soglia del cosiddetto passaggio, quindi oltre il fa-fa#3, allargasse i suoni, che quindi risultavano un po' più tendendi al grido, un po' eccessivi e volgari. Tornando a questioni già affrontate, ricordiamo che il suono è quella vibrazione anonima frutto dell'attività fisica delle corde vocali, il "materiale" che servirà da fonte per la produzione vocale. Quindi la voce aperta è qualcosa di più raffinato e corretto rispetto al suono aperto. La voce aperta è voce chiaramente comprensibile, omogenea in tutta l'estensione, priva di cambi, scalini, colori differenziati. Schipa, anche se non proprio sempre, riusciva ad utilizzare perlopiù una voce aperta, cioè uguale in ogni settore, con la possibilità di utilizzo della parola perfettamente pronunciata tanto nel centro quanto nell'acuto. Questo ovviamente si rifaceva a un'arte respiratoria rara.

3 commenti:

  1. Suppongo che in questo modo tu abbia risposto alla mia domanda precedente: la respirazione galleggiante l'ha raggiunta Schipa. Mi viene in mente la Galli-Curci: le sue incisioni danno l'idea di una voce totalmente libera, che si espande nell'ambiente senza bisogno di alcuna spinta (almeno nei suoi anni migliori)...che ne pensi? Altri artisti che hai citato tra i migliori? De Luca? De Lucia? Soprattutto ti chiederei a scopo didattico altri esempi di canto dove si possano ravvisare difetti ma anche momenti di assoluta libertà vocale. Sarebbe possibile? La Caballè a me sembra negli anni migliori un esempio perfetto di canto sul fiato, potresti indicarmi le sue registrazioni migliori della gioventù, i suoi punti di forza e le sue carenze?

    RispondiElimina
  2. No, no, mi spiace, ma la Caballé non entra nella "cerchia" dei galleggiatori. Bella voce, buona fraseggiatrice, ma la voce raramente era "avanti", infatti negli anni della maturità perse la capacità di fare buoni acuti a voce piena, e dovette ricorrere alle filature anche dove non previste, suscitando l'ammirazione dei suoi fan, per nascondere quella carenza. In realtà le mezzevoci le venivano bene perché la voce era indietro. Voci galleggianti e con corda unica? nel primo Novecento erano tante; in questi giorni ho scoperto la Carugati. Poi la Rosina Storchio. La Boninsegna, De Luca, Basiola, Zenatello... Allora c'era un altro approccio alla vocalità. Non è che mancassero i vociferatori, gli ingolati, gli sbracati... però erano una netta minoranza, e direi che sono stati più dimenticati rispetto ai veri cantanti sul fiato.

    RispondiElimina
  3. Anonimo1:15 AM

    Ritengo che grossomodo fino al 1950 Schipa non possa essere considerato un unicum. I dischi antichi ci documentano tantissime voci in tutte le corde, gravi, acute, maschili e femminine, con imposti bellissimi, dizioni scolpite, fenomenali abilità virtuosistiche ed espressività da grandi artisti. Fare una lista sarebbe riduttivo, io continuo a scoprirne anche di semi sconosciuti. Purtroppo molti appassionati ignorano che esista un pre-Callas e un pre Del Monaco...

    Una Melba, un Battistini, un Tamagno... furono cantanti leggendari, mitici. Storici. L'ascolto dei loro dischi è un viaggio nel tempo.

    Concordo comunque sulla Galli Curci, che affianca Schipa in memorabili duetti.

    Francesco

    RispondiElimina