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lunedì, marzo 25, 2024

A cosa servono i vocalizzi?

 Come credo sia noto, questa scuola utilizza come esercizio prioritariamente il parlato. Quale deve essere lo scopo dell'esercizio? Quello di favorire una transizione respiratoria da fisiologica ad artistica. La contestazione più forte che si può fare al puro vocalizzo, cioè esercizi basati unicamente su vocali, è la mancanza di contesto. Se si eseguono note con una vocale, la mente non può capire cosa sto facendo. Non parlo, non esprimo niente e non mi riferisco a niente; non c'è alcun obiettivo concreto. Questo genera difficoltà notevoli perché il corpo sarà portato a opporsi a questo lavoro privo di senso. Da qui potrebbe scaturire la domanda: allora non si devono fare? Non è proprio così. Per l'appunto, si deve partire dalla conclusione che il vocalizzo produce difficoltà e difetti. Quindi la prima risoluzione deve essere di non cominciare con questo tipo di esercizi, perché problematici e su cui non abbiamo ancora sviluppato alcun tipo di difesa. Quindi partiamo da sillabe e parole ben chiare ed espresse con sincerità, con verità. Queste cose la mente le comprende e non le avversa. L'avvicinamento al vocalizzo deve avvenire gradualmente; in primo luogo le vocali che sono comprensibili per sé stesse: le due E (è ed é), in quanto contestualizzabili (io "e" te; lui "è" bravo), ma anche la A (vai "a" casa), e la O (bello "o" brutto). Peraltro sono situazioni su cui non si soffermiamo mai, per cui non sono così comprensibili. Allora si deve passare a un livello diverso, cioè la vocale all'interno della parola. Se ripeto correttamente una o più parole, so che (se il maestro ha verificato positivamente) ogni vocale interna sarà giusta e vera. Dunque, senza soffermarsi, eseguiamo più volte una parola dopodiché proseguirò solo con una vocale, scelta a caso. Ad es. Bravo, bravo... bra-a-a-a-a-a-vo., oppure: buono, buono, buo-o-o-o-no. Perché l'esercizio possa portare benefici, non si deve anticipare e decidere quale vocale vorrò vocalizzare (l'esempio era quasi obbligato, quindi meglio scegliere parole con diverse vocali). In questo modo io andrò ad esercitare una vocale che, essendo all'interno di un contesto accettato e compreso, sarà facilmente di buona qualità, che non provocherà reazioni. Non è questa una "tecnica", e non si può pensare che solo con questo esercizio si riuscirà a superare completamente l'opposizione, perché quello è riservato al nascere del nuovo senso. Possiamo individuarla come una fase intermedia, ma già di elevato livello, perché possiamo contare su un'accettazione quasi completa della vocale da parte dell'istinto, partendo da vocali vere, che poi dovrò essere in grado di replicare nello stesso modo anche fuori dal contesto.

2 commenti:

  1. Una cosa che non ho ancora ben metabolizzato, dopo il nostro ultimo incontro, è il fatto che una volta intonata, la vocale va lasciata andare, senza pensare di doverla soffiare per tutto il tempo della sua durata, pensiero controintuitivo per me che suono il flauto, ma anche secondo una certa falsa concezione del legato belcantistico, dove l'arcata del fiato deve essere tenuta tesa come la corda di un violino. Alitare sì, ma con gli interessi e non con il capitale: c'è da riflettere perché la falsa concezione di una certa scuola di canto predica la presa di fiato esagerata e la pressione tenuta in modo esasperante

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  2. E' il sistema più semplice ed efficace per togliere spinte e pressioni. Il fiato, quindi anche ciò che ne deriva, per diversi secondi esce spontaneamente, senza alcuna pressione, quindi bisogna rendersene conto e lasciarlo fluire.

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