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venerdì, giugno 27, 2025

Degli appoggi

 Istintivamente, cantando soprattutto nella seconda ottava superiore, si percepisce la voglia di appoggiare la voce, ovvero fornire una sorta di trampolino per poter lanciare gli acuti. Se da un lato abbiamo una maggior parte di insegnanti che insiste sulla necessità dell'appoggio diaframmatico, indicando una qualche metodologia che faccia premere l'allievo verso il basso, dall'altro dobbiamo constatare che comunque tutti i cantanti o aspiranti tali, perlopiù inconsciamente, vanno a cercare questo fatale punto di appoggio. Il più delle volte, disgraziatamente, è la gola, (vuoi laringe, collo, glottide... sono specificità che poco importano), Il problema di fondo è che quell'azione non fa che stringerla e impedire una corretta fluidità del fiato. In questo senso possiamo dire che il tentativo da parte della maggior parte degli insegnanti di andare a cercare l'appoggio sul diaframma, perlomeno cerca di saltare l'appoggio in gola. Non che questo salvi la situazione! Come dicevo poc'anzi, infatti, voler intensificare l'appoggio diaframmatico, significa per loro premere verso il basso, spingere sulla pancia o sulla schiena, il che in realtà non permette di aggirare la gola che si pone come mezzo concreto per realizzare l'appoggio. Di fatto deve essere l'orecchio dell'insegnante a essere raffinato al punto di percepire la libertà della glottide (o gola in senso più ampio) e porre rimedio affinché essa sia totalmente libera (rilassata) e consenta al fiato di fluire liberamente e, in particolare, di dilatarla naturalmente senza alcun intervento volontario. L'appoggio, che gli antichi non menzionavano mai, è in realtà uno dei tanti fraintendimenti delle scuole del 900. Il fiato deve scorrere placidamente ed evolversi in modo da generare tutta la ricchezza armonica di cui il nostro corpo è capace. E' una questione qualitativa sottilissima, che si sviluppa nel tempo e che non può essere accelerata. E' nello spazio esterno, enorme (rispetto allo striminzito spazio oro-faringeo) che la voce si amplia e produce senza fatica tutto il potenziale sonoro che la nostra straordinaria conformazione fisica è capace. Il nostro istinto ragiona in termini fisici e meccanici, dunque interpreta il canto lirico, cioè che si deve sentire in grandi spazi, e su una gamma di note piuttosto ampia, come uno sforzo da dominare mediante appoggi fisici concentrati e di notevole impegno. Viceversa, prima ci educhiamo alla morbidezza, alla mancanza di spinte e pressioni di ogni genere, al canto sul SOSPIRO, prima capiremo che è sufficiente il flusso aerofono a generare bellezza, sonorità, dinamica, colori, estensione (nei limiti soggettivi, ovviamente). La morbidezza e fluidità danno luogo, esternamente, a quella ampia risonanza che poi, grazie alla parola, aggiunge conoscenza, cioè quel "di più" che rende il canto veramente espressione di verità, ovviamente non generalizzabile, ma legata all'arte del paroliere.

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