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domenica, luglio 27, 2025

Gli scuri

 E' noto che la voce può essere modificata in vari modi, tra cui il colore, chiaro o scuro con tutte le gradazioni intermedie. Il colore è una risorsa espressiva e quindi lo si può modificare per ragioni drammaturgiche. Non solo, il colore può avere importanti ripercussioni anche sull'emissione, infatti da qualche decennio lo scuro viene utilizzato anche per facilitare il passaggio di registro, e viene considerato un importante mezzo per aumentare l'appoggio (questo, in sintesi, lo scriveva già il Garcia figlio). Scurire la voce, specie nella parte iniziale dello studio, è alquanto rischioso, perché non avendo ancora un fiato sufficientemente evoluto, possiamo essere quasi sicuri che la voce andrà indietro, cioè si dilaterà internamente, e sarà a rischio ingolamento e comunque meno brillante. Sappiamo, invece, che la strada maestra per lo sviluppo di una sana vocalità artistica, sta nell'espansione esterna, quindi si potrà utilizzare il colore oscuro quando il nostro fiato saprà sostenere questa caratteristica. Bisogna specificare che il colore oscuro corretto, non modifica in alcun modo la pronuncia (non ha nulla a che vedere con le intervocali!). Un esempio semplice di colore oscuro si manifesta mediante le due vocali più scure, cioè la U e la O. Se le alterniamo rapidamente, evitando di allargare la O, ma fecendo la O "piccola", cioè con l'accento acuto (orso), sentirete che di fronte alle labbra si forma un piccolo vortice molto ricco di armonici, e molto leggero. Dopo un tempo di esercizio in questo modo, se inizierete a pronunciare frasi con tutte le vocali (ma tornando saltuariamente all'U-O), noterete che in automatico tutto risulterà più scorrevole e leggero, resterà davanti alle labbra, e prenderà un colore leggermente più ambrato. Come al solito ribadisco che occorre l'esempio perfetto del maestro e la sua attenzione affinché vi corregga. 

sabato, luglio 12, 2025

La A sbagliata

 Ci sono molti video su youtube dove sedicenti maestri di canto ci insegnano che esiste una A sbagliata, che suona "aperta", voltagare, sguaiata, ecc., e una A "coperta", giusta, un po' arrotondata, un po' oscurata..

In realtà le cose stanno esattamente al contrario! La A deve essere "aperta", cioè chiara, ricca di armonici. Ascoltate qualche cantante di inizio 900, tipo Tamagno, o anche più recente tipo Filippeschi. Dicono A che più A di così non si può. Eppure sono belle, non sono sguaiate o volgari. La A fatta bene è la vocale più bella ed è anche quella che educa di più il fiato. 

Il fatto fondamentale è che la A che loro reputano giusta, e che non è una A, realmente, è indietro, è dentro, non sfoga, è povera e soprattutto non è vera. Perchè sia tale, occorre che sia esterna, cioè che si ampli nello spazio, cosa che internamente non può fare perché di spazio ce n'è pochissimo. Questa, che può sembrare una soluzione semplice, non lo è per niente, perché il fiato deve avere un'energia che in natura difficilmente si manifesta (e da qui il fatto che solitamente suona brutta), pertanto occorre studio corretto sotto corretta guida affinché si evolva, Seconda ma non secondaria cosa, è l'attacco della A. Garcia incredibilmente suggerisce un attacco sulle corde vocali. Follia pura. Intanto dobbiamo rammentare che le vocali non devono mai essere attaccate fisicamente! Sono espressioni di sentimenti e devono avere attacco sul fiato, altrimenti sarebbero consonanti. Ciò che aiuta di più è il sospiro (o alito) che ci permette di sentire che la A nasce esternamente e a distanza. Inizialmente è molto dura evitare che l'istinto ci faccia pronunciare la vocale con i muscoli interni. Ecco perché usare il sospiro (e all'inizio è consigliabile aprire molto la bocca, poi ci si accorgerà che non è necessario), consumando molto fiato, senza la volontà di pronunciare, ma SENTENDO che essa nasce e si diffonde senza la nostra partecipazione attiva. Certe A della Callas erano così. scivolavano, correvano senza un vero punto di attacco. Ultimo consiglio, prezioso: piano pianissimo, anche falsettino. In questo modo è più difficile spingere e la vocale nascerà magicamente precisa; facendo scorrere il fiato SENZA PRESSIONE si potrà intensificarla. Però da soli è quasi impossibile. ci vuole l'esempio del maestro. 

domenica, luglio 06, 2025

Lanciare

 E' uno dei termini che utilizzo maggiormente per far capire (spesso inutilmente) come far sì che la voce sia costantemente sostenuta dal fiato-risonanza. Partire con il sospiro e mantenerlo per tutta la frase, ovvero lanciare lontano da sè, specie in zona acuta. Vi posto il video di un ragazzino che canta una canzone. Ciò che egli fa con la semplicità e l'intuizione di chi non ha ricevuto assurde nozioni, è: lanciare! Cioè non far sì che il suono cada subito fuori dalla bocca, ma si propaghi. All'inizio può dare l'idea di gridare, ma questo è dovuto alla qualità del fiato, che dovrà evolversi, e lo farà se ne avrà le MOTIVAZIONI, ovvero l'esigenza, che noi dovremo trasmettergli. 

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mercoledì, luglio 02, 2025

Monotonia, ninfa infelice...

 Colpevole è e sempre sarà il timbro! Quel piacere superficiale ed effimero che ci può prendere al sentire una bella voce, non ci può togliere la noia, la stanchezza dopo un certo tempo se resta la cosa principale. Il grande cantante ci fa ascoltare la musica, il ruolo, la situazione, la continuità... Una pletora di cantanti ci annoia senza tregua nel farci sentire quel mugugno che sulla prima ci può anche piacere, come ogni cosa che in im primo momento ci fa provare un certo piacere, può essere un suono, un gusto, un profumo... ma poi è l'esperienza che ci guida a provare nel tempo che quel primo assaggio dopo un certo tempo invece del piacere ci fa provare stucchevolezza. Come le cose dolci, ad es. I bambini sono molto attirati dai dolci, ma molti di loro, crescendo, addirittura li odieranno ed eviteranno, proprio perché il tempo porta a sentire il vero, cioè un gusto troppo acceso e incapace di profondità. Nella voce umana il timbro è come l'eccesso di zucchero nella marmellata! Dopo un po' disgusta. Ciò che invece non ci annoierà mai, è la parola, cioè il testo delle arie vestite da una grande musica (spesso nata proprio grazie alle parole). Se chi canta riesce a tenere davanti la parola, ci farà sempre vivere la situazione e la musica. 

Questo pensiero mi è nato casualmente quando in tv è partita una pubblicità dove un notissimo cantante, più avvezzo alla musica pop che alla lirica, attaccava una melodia. Ciò che mi ha subito colpito è stato il "dolciume" di quella voce, più nauseante che coinvolgente e realmente piacevole. I tantissimi ascolti di Schipa, che fossero lirici o canzonettistici, non mi hanno mai suggerito un'idea di impastato, di cupo e greve, ma sempre di luminoso, di leggero (ma non superficiale) e di comunicativo in senso stretto e diretto. Naturalmente non sono lui, però nei tempi recenti, anche cantanti di valore non riescono a produrre simili sensazioni. Manca quella profondità di lettura genuina, semplice ma carica di valori sentimentali vissuti.