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martedì, marzo 05, 2024

Degli esseri viventi animali

 Quando mi riferisco ai problemi nel canto, ma anche a quelli più generici di chi si accinge a un'attività realmente artistica, faccio spesso riferimento a una questione di contrapposizione tra l'uomo e l'animale. Lo dico, ad es., a proposito dei pianisti o dei pittori, le cui mani non nascono per poter suonare o dipingere in modo esemplare, perché la loro funzione esistenziale è limitata a quella di pinze, palette, martelli. L'uso raffinato delle dita è stata un'evoluzione, nata dal dover intrecciare liane, all'inizio, e poi su su fino a suonare con grande destrezza. Nel canto si vuol produrre arte con il fiato, che esistenzialmente serve alla ventilazione polmonare. Questo aspetto a molti non va a genio, e spesso mi si chiede se c'entra l'evoluzione darwiniana, o cose simili. A me del possibile passaggio scimpanzé-uomo non interessa niente! Parto da un altro presupposto. Tutti gli esseri viventi del regno animale hanno determinate caratteristiche in comune, e l'uomo non sfugge. Il fatto di volerlo o non volerlo associare ai primati come una loro evoluzione, è del tutto fuori da questo discorso. La singolarità dell'uomo non ne fa qualcosa di talmente speciale da non ricadere nelle caratteristiche di tutti gli altri animali. In particolare, come ho ricordato più volte, c'è un cervello che abbiamo in comune con tutti, che possiamo chiamare antico, rettiliano, ancestrale o come meglio si crede, ma questo è pressoché lo stesso in tutti e guida molte delle nostre azioni. Attorno a questo sono poi cresciuti altri cervelli più giovani e specifici di ogni specie. Ma anche il corpo di ogni essere comunque ha aspetti in comune con noi, perché siamo sullo stesso pianeta e ricadiamo sotto le stesse leggi (a parte gli esseri che vivono in acqua, che devono sottostare a leggi specifiche). Quindi la questione su cui riflettere non riguarda l'evoluzione "da" animale a uomo, ma solo le caratteristiche animali presenti e insopprimibili nell'uomo, come gli istinti. Il fatto che ci chiamiamo uomini non ci esime dal ricadere sotto il giogo di alcuni istinti, perché sono comunque indispensabili alla vita. Purtroppo le grandi arti è come se si contrapponessero alla vita animale, il che è vero se le consideriamo come un portato dello spirito, cioè di una forza che non ricade sotto le leggi fisiche. Il canto e la musica sono le uniche arti che più si avvicinano a questo assunto, non producendo beni materiali, ma astratti o al massimo sonori, quindi debolissimamente materiali. In questo senso possiamo definire il canto e la musica le espressioni più alte dello spirito, laddove prodotte con strumenti elevati alla massima purezza.

giovedì, febbraio 15, 2024

Cosa sono "gli acuti"?

 L'essere umano emette "suoni"? Non propriamente. Il nostro apparato vocale produce, genera suoni, ma questi, grazie alla Conoscenza, si possono trasformare in voce, o meglio, in vocali. Voce e vocali sono una straordinaria qualificazione del suono. Il suono è racchiuso nella caverna, il faringe, dove  sta la voce primitiva. La voce e, ancor più, la vocale, esce dalla caverna, e gode della luce e dello spazio infinito. Parlare di suoni è erroneo, perché parliamo di una vibrazione muta, anonima, priva di anima. La vocale è vera, ha un carattere, una personalità e una capacità comunicativa molto superiore, perché contiene anche il suono, ma ha un'ulteriore potenza. Andate a leggere "la parola che espone", capirete meglio. 

Al di là di questo, quando diciamo "gli acuti", così come diciamo "il centro" o "i gravi", a cosa facciamo riferimento? E' evidente che il soggetto sottinteso sono "i suoni", ma noi dobbiamo far riferimento alla nostra parte più elevata, quindi alle vocali. Se dico che un/una cantante "ha begli acuti", mi sto riferendo soltanto a dei suoni. E infatti è vero che ci sono tanti cantanti con dei begli acuti, il che significa che emette dei suoni piacevoli, magari ricchi di armonici. Ma sono propri di un essere umano evoluto? O appagano solo il gusto esteriore, superficiale del suono piacevole, che accarezza le orecchie? La voce, in quanto portato della musica, non dovrebbe suscitare qualcosa di più profondo e sensibile? Allora dobbiamo far sì che compia una rivoluzione, che si evolva, che venga elevato dalla Conoscenza che è in noi a vocale vera e sincera. E' ciò che sono riusciti a fare in sommo grado Tito Schipa e diversi altri cantanti del primo Novecento, che non dovremmo mai stancarci di ascoltare e seguire. Le vocali si possono fare su tutta l'estensione, così come le parole. Se non lo riusciamo a fare (e questa è la domanda fondamentale che dovremmo sempre porci e a cui ogni insegnante di canto, specie se vuole qualificarsi Maestro, dovrebbe saper rispondere oggettivamente) è perché non abbiamo una respirazione in grado di sostenerlo. Quindi, proprio grazie alla parola, vera e sincera, noi possiamo far sì che il fiato si evolva e gradualmente ci consenta di estendere la parola cantata su tutta la gamma. Il nostro istinto ci osteggia perché non conosce l'arte e l'astrazione, ma è la parola, che si pone come portale tra il mondo dell'immanente e quello del trascendente che può farci transitare a quella possibilità. 

martedì, gennaio 30, 2024

Futilità delle classi vocali

 Questa scuola ha sempre raccomandato la pronta e sicura classificazione delle voci. Classificare è un'operazione delicata e spesso difficile. Non si deve esibire troppa sicurezza in questo compito perché si può andare incontro a sbagli che possono compromettere il futuro di un cantante. Sto leggendo un bel libro su Boris Christoff, che fu classificato baritono non da uno qualunque ma nientemeno che da Riccardo Stracciari, suo insegnante. Fu la sua cocciutaggine a prevalere; disse risolutamente al maestro che lui non se la sentiva di cantare da baritono, che si era sempre sentito basso e che se avesse insistito, lui avrebbe smesso esarebbe tornato in Bulgaria. Per non creare un "incidente", Stracciari consigliò di sentire il parere di Titta Ruffo, il quale ritenne opportuno provare a farlo cantare da basso. Dopo qualche mese Stracciari chiese scusa a Cristoff, essendosi evidenziato che lui era realmente un basso. Anche Rossi Lemeni credo abbia avuto problemi analoghi. In ogni modo non è questo il tema di questo post.

Mi capita molto sovente di sentire commenti durante l'esecuzione di opere, dove si afferma: "ah, ma questo non è un tenore, questo non è un mezzosoprano, non è un basso, non è un baritono, ecc.". Su cosa si basano queste affermazioni? in primo luogo sul colore, e in particolare il colore chiaro. Se un baritono, un basso, un mezzosoprano o anche un soprano o un tenore drammatici non esibiscono un colore almno un po' scuro, vengono subito etichettati come inappropriati o appartenenti alla classe superiore. 

Nei bei tempi andati, cioè quando le grandi opere di Mozart o anche di Rossini e dei loro contemporanei nascevano, nel libretto non c'era scritta la classe vocale dei cantanti, ma solo il loro nome. Anche negli spartiti non c'era scritto, la classe si evinceva dalla chiave in cui era scritta la parte, ma non sempre con assoluta sicurezza. Sappiamo della grande confusione che avvenne all'inizio dell'Ottocento, quando i ruoli che venivano assegnati a cantanti definite "contralti" piano piano andarono sparendo e nacquero i soprani drammatici d'agilità, ruoli occupati dalle stesse che si definivano contralti. Del resto anche una cantante celeberrina come Marilyn Horne ha svolto la prima parte della carriera come soprano, passando poi a quello di mezzo, da molti ritenuto di contralto. Paolo Silveri ha svolto una prima parte della carriera come basso, poi la maggior parte come baritono e terminando come tenore. 

Se ascoltiamo le incisioni di moltissimi cantanti del primo Novecento, troveremo sovente baritoni e persino bassi di una chiarezza estrema, che però svolsero la professione con successi strepitosi, senza censure. Allora arriviamo al punto. Tolto che ogni cantante deve avere una classificazione certa, con le caratteristiche e i limiti cui deve sottostare, ciò che conta è se ha le carte in regole per affrontare determinati ruoli. Se è credibile ed efficace. Io di un baritono o un basso che scurisce artificialmente la voce per non sembrare un baritono o un basso, non so che farmene! Voglio sentire come canta quel ruolo con al SUA voce. E' logico che una voce da soubrette non può fare Norma e un tenorino di grazia non sarà credibile in Otello di Verdi, però senza esagerare. Lauri Volpi aveva voce chiara, come Loforese, eppure hanno vestito i panni dei personaggi più drammatici, Turiddu, Canio, Andrea Chenier... Smettiamola di correre dietro ai colori, e ascoltiamo davvero come un cantante sa entrare nei personaggi e renderli nella loro realtà drammaturgica. 

sabato, gennaio 20, 2024

Falsetto, falsettino, Stop closure

 Il tema trova parecchia confusione nel linguaggio popolare ma anche in quello più ricercato degli addetti ai lavori. L'ho trattato diffusamente nel blog, ma forse è meglio se faccio una sintesi.

Comincerò col dire che il falsetto NON E' quella voce simil femminile che utilizzano i sopranisti maschi.

Il falsetto ce l'hanno uomini e donne. Nelle donne, in ogni classe vocale, il falsetto occupa oltre un'ottava di estensione, ma trova la sua migliore sonorità tra il Fa3 e il Do#4. Dopodiché prosegue SENZA PASSAGGI fino in zona sovracuta, prendendo il nome di "testa", ma la differenza con la parte precedente consiste solo in un maggior impegno, in quanto la corda si parzializza e la maggior tensione richiede più energia per manifestarsi correttamente. Nei tenori è frequente che quella stessa gamma si presenti in due modalità, cioè leggera e rinforzata. La differenza è in un maggior "peso", maggior impegno respiratorio, ma può dare anche problemi di appoggio. Alcuni tenori utilizzano la componente leggera per fare mezzevoci e piani e pianissimi, il che può essere corretto se la voce mantiene l'appoggio, il che non sempre riesce.

Secondo alcuni insegnanti e trattatisti del passato, baritoni e bassi non avevano il falsetto, quindi niente passaggio, secondo loro cantavano tutto di petto. La qual cosa è decisamente errata. Però la motivazione di questa impressione sta nel fatto che baritoni e bassi hanno un falsetto molto più intenso e sonoro di quello dei tenori, per cui non prende l'inflessione femminea che fa dire essere falsetto. Infatti oggi viene definito, erroneamente, testa. Nella componente "testa" ci entrano correttamente solo i contraltini, che possono proseguire il falsetto anche fino al Fa4 e forse oltre (ma sconsigliabile).

Il falsettino non è un registro, è il primo armonico, e credo abbia qualche rilievo solo nelle voci maschili. Assomiglia alla voce femminile, ma è alquanto esiguo, di scarsa estensione e non può essere rinforzato, pena il cadere all'ottava bassa, cioè sul fondamentale. Può essere utile il suo utilizzo in fase didattica, non lo è quasi mai professionalmente, se non a qualche caratterista per fare suonacci a scopo ironico.

Veniamo invece a sopranisti e contraltisti. La loro voce femminile è dovuta a una caratteristica personale, che si attiva per imitazione, ma, per quanto io sappia, non è trasmissibile, non è insegnabile ed è stato etichettato come Stop Closure (figuriamoci se non si usava l'inglese). In pratica avviene una sorta di piccola paralisi di una porzione delle corde vocali che le rendono un po' più corte, rapportandole appunto a quelle femminili. In questo senso c'è una somiglianza non indifferente con quelle degli antichi castrati, ma senza alcuna operazione. In quelli, come in questi, c'è però un grosso problema: le corde vocali, in questa condizione, non sono più rapportate alla capacità respiratoria, che è di gran lunga più sviluppata, il che determina una incongruenza, per cui capita spesso che questa voci non riescono a esprimere correttamente un canto piacevole, e non di rado vanno incontro a difficoltà di intonazione, perché il flusso d'aria è esagerato rispetto alle dimensioni delle corde. Però sentiamo che oggigiorno non sono pochi i sopranisti che cantano con successo. La valutazione, poi, la lasciamo a chi ascolta.

Spero di aver chiarito il quadro, ma potete fare domande e osservazioni se qualcosa non vi torna. 

mercoledì, dicembre 06, 2023

"... coraggio aver conviene..."

 Verso la fine del 1° atto del Don Giovanni, tre personaggi dell'opera, il tenore e due soprani, si presentano mascherati alla festa data dal protagonista per scoprire chi costui sia veramente, se il "nobil cavalier" o il malvagio seduttore. E la verità verrà a galla. Nel presentarsi, per l'appunto, si fanno coraggio, perché intuiscono che Don Giovanni può essere anche pericoloso, se emergesse, come emergerà, che è lui l'uccisore del padre di Donna Anna. 

Allora bisogna riconoscere che studiare canto in una scuola che vuole svelare come stanno davvero le cose, richiede molto coraggio. La voce per affrontare il canto artistico non è riconosciuta dalla nostra mente, quindi viene osteggiata e per chi è alle prime armi o sta percorrendo strade errate, è inconoscibile, coperta da uno strato di fumo denso. Quindi ci si avvicina guidati dall'insegnante che conosce la strada giusta anche al buio, e bisogna fidarsi, fidarsi delle proprie risorse e credere nella possibilità di perfezione insita nella nostra natura umana, che è fatta di corpo (animale) e di spirito (divino). Ad ogni passo ci sentiremo legati e intimoriti dalla paura di commettere errori, gridare, spingere, ingolare... quindi bisogna togliere, alleggerire, semplificare, e questo comporterà altre paure. Siate eroi. non demordete, ma nell'umiltà, nella determinatezza. 

domenica, novembre 12, 2023

Chi l'ha... detto?

 A me non interessa sapere "CHI" e "COSA" ha detto o ha formulato determinate cose riguardanti il canto; a me interessa sapere "PERCHE'" le ha dette, ovvero, su quali basi, su quali fondamenti. Tutto il resto... è noia!

sabato, novembre 04, 2023

Le unità

 Conquistare un'arte significa in sintesi: UNIFICARE. Nel caso della voce noi abbiamo: 1) unificazione dei tre apparati alimentante (fiato), produttivo (laringe) e articolatorio-amplificante (bocca e spazi oro-faringei); 2) unificazione dei registri (cosiddetti petto e falsetto-testa) che significa anche unificazione delle posture cordali e relative meccaniche nonché tutto ciò che si relazione con essi in modo diversificato, a cominciare dal fiato. Se il fiato alimenta in modo differenziato la voce parlata centrale e quella acuta, c'è una dualità e quindi una difformità e una impossibilità di rendere il tratto unico ed esemplare (del resto, anche petto e testa sono una dualità risonante, da unificare!). 

Dopodiché abbiamo le unificazioni di tipo musicale, che attengono alla fenomenologia, quindi unificare gli intervalli e fino a un intero brano, quindi vivere la fine contenuta nell'inizio. 

Ogni volta che ci si trova di fronte a una dualità, occorre meditare su come annullarla, perché viceversa non sarà mai possibile un risultato artistico.