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venerdì, novembre 27, 2009

L'impeto della ... pressione

Il suono/fiato esce con una certa pressione. Questa pressione da cosa dipende? Massimamente dall'altezza del suono (più è acuto, più le corde sono tese e dunque il fiato deve possedere l'energia adeguata per vincere la loro resistenza); in misura un po' minore dipende dal colore (la massa cordale aumenta e quindi, nuovamente, la forza del fiato deve essere rapportata). In parte però dipende anche dalla postura orale, soprattutto in alcune vocali. Nella O, ad es. è possibile modificare la pressione del fiato mediante un controllo sull'anello labiale (cioè l'insieme delle labbra). Se la bocca si apre in verticale e la larghezza dello spazio tra le labbra è controllato, è possibile aumentare la pressione del fiato, che sarà esercitata soprattutto sul diaframma, migliorando l'appoggio e impedendo (cosa questa di grande importanza) che la pressione del fiato possa esercitarsi su parti della gola, con le note conseguenze. La U è ancora più incisiva sul controllo della pressione, ma può trovarsi di fronte a una forte resistenza istintiva, e per un certo tempo può suonare meno.
La questione della pressione ha importanti conseguenze. Quando si accede al settore acuto, soprattutto dopo il passaggio, dove il registro di falsetto dispone le corde ancor più tese e dunque necessitanti di maggior forza per vibrare correttamente, la maggior pressione viene esercitata e percepita, ovviamente, verso l'alto, cioè verso il palato. A questo punto il nostro istinto va alla ricerca di minor fatica. La colonna d'aria deve rimanere di uguale altezza per tutta la gamma, ma la fatica nei suoni acuti indurrà il cantante a cercare di sollevare la colonna (togliendo quindi appoggio), ed ecco l'erroneo (pessimo) consiglio di mettere gli acuti nella zona alta della testa (occhi, fronte, cupola...). in questo modo noi favoriremo lo spoggio della voce e col tempo la perdita degli acuti, il ballamento della stessa, ecc. Risulta quindi fondamentale far sì che si sostenga la fatica della maggior pressione senza modificare il punto di proiezione (cupola palatina dietro i denti superiori anteriori). Il primo segnale che la colonna si sta alzando è quando il suono diventa nasale. L'allievo di solito dice che fa meno fatica, e allora bisogna tornare indietro e rimettere le cose a posto. Attenzione: quando il suono batte nel palato anteriore, si può avere la percezione (per chi canta) che il suono esca dal naso. L'insegnante vigilerà se è vero o meno, ma l'allievo può sincerarsene provando a chiudere le narici; se il suono non si modifica vuol dire che è giusto. I suoni nasali sono molto pericolosi nella disciplina vocale e vanno accuratamente evitati, imparando a dire correttamente le N. Anche la L, visto che ci siamo, può talvolta creare problemi perché la si pronuncia dalla radice della lingua, (con rischio di ingolamento) mentre bisogna imparare ad utilizzare solo la punta.

martedì, novembre 24, 2009

"L'importanza di chiamarsi... A"

Se prendete una qualunque persona che non ha mai cantato in vita sua e che non ha alcun interesse al canto, e gli fate fare una A, non avrà il benché minimo problema, e se gliela fate intonare, in una zona a lui o lei comoda, ugualmente la farà, indipendentemente dal fatto di essere intonata o meno. Mi è capitato di recente di avere a breve distanza l'uno dall'altro, tre allievi con difficoltà notevoli a cantare correttamente sulla A, tutti già in possesso di un iter di studi canori. Evidente, quindi, che queste persone sono state indotte dalle scuole che hanno frequentato (tutte diversissime per docenti e provenienze), a perdere la giusta emissione di questa vocale (giacché con tutti gli allievi nuovi non incontro MAI questa carenza). La A non viene giusta per due motivi: 1) voce indietro; 2) fiato trattenuto, ovvero schiacciamento verso il basso e coinvolgimento della muscolatura faringea. Impiego diversi mesi a togliere questo difetto e "rimasugli" di difetto permangono poi ancora per un certo tempo. Ma perché tanti docenti cadono in questo errore? Considerando anche che tra le tante premesse di ogni buon insegnante che si rispetti c'è sempre che il suono deve essere "avanti" e mai andare "Indietro" (quelle premesse che tanti docenti non sanno nemmeno cosa vogliano significare, come canto sul fiato, scuola Garcia, e via discorrendo e dicono per sentito dire). Intanto c'è da notare che nel mondo del canto gira l'idea (non so da dove nata) che i cantanti lirici la A non la devono dire. Certo, posso provare a immaginare che il problema nasce, soprattutto nelle voci maschili, dal fatto che non sanno come risolvere il passaggio, che rischia di rimanere di petto. Poi c'è l'equivoco dei suoni "aperti", che non andrebbero bene e dunque bisogna fare suoni raccolti e coperti, e quindi la A non va bene... (?). Lasciatemi dire che sono tutte stupidaggini, ma grossolane e pericolose, che ci hanno portato dove ci hanno portato. Andatevi ad ascoltare i grandissimi cantanti del passato e sentite con quale piacere, quale grazia o temperanza emettevano senza alcun problema tutte le vocali che la Natura ci ha elargito. Noi siamo molto più furbi, forse, e riteniamo che dobbiamo modificare, o limitare, ciò che essa ci ha generosamente dato? Come il fatto che la laringe debba stare bassa... Lei (Natura) ci costruisce un organo perfetto, di incredibile complessità e dalle infinite e mutevoli possibilità, e noi vogliamo ridurre tutto o due o tre vocali e un colore solo. Mah... Comunque, vorrei esortare i cantanti e soprattutto i docenti di buona volontà a voler considerare la A come una vocale nobile (almeno come tutte le altre) ed importante nell'educazione, perché "alza" il fiato e permette l'esercizio dell'apertura orale come nessun altra, e dunque da impiegare spesso e bene. Certo, bisogna avere delle accortezze e delle competenze in merito, ma mi auguro che il buon senso, in mancanza d'altro, aiuti.

giovedì, novembre 19, 2009

Le formule del canto

Spazio = Peso

Nel canto ci sono alcune "formule" cui è bene ricorrere per capire cosa fare e cosa evitare. Una delle prime e più importanti riguarda il rapporto tra spazio e peso, dove con spazio intendiamo l'ampiezza delle forme oro-faringee e con peso intendiamo la forza che il fiato esercita sul diaframma. Risulta, credo, evidente, che più la bocca e la gola risultano ampi, più il fiato in essi contenuti eserciterà un peso sul diaframma. Come si è detto ripetutamente, il peso da un lato è favorevole alla posizione bassa del diaframma, per cui ne scaturirà maggiore energia, dall'altra stimolerà anche la reazione dell'istinto. Lo spazio, però, non dipende semplicemente da quanto si allarga o si stringe. Ad es. la vocale A induce la mandibola a scendere e la cavità ad aprirsi, per cui ne risulterà una maggiore quantità d'aria; il motivo per cui la A non pesa tantissimo, è dovuto al fatto che essendo una vocale che tende al chiaro, comporta un leggero sollevamento della laringe, e quindi una riduzione del tratto faringeo compreso tra laringe e palato molle. La O ha un peso maggiore in quanto l'ampiezza orale (se correttamente eseguita) è di poco inferiore, ma si amplia il cosiddetto vocal tract, cioè il cilindretto tra laringe e velo pendolo. Però, per proseguire correttamente, dobbiamo inserire un'altra formula:

COLORE = PESO

Tra colore del suono e peso c'è una relazione importante. Più il suono è scuro, maggiore sarà il peso sul diaframma; il motivo per cui la O pesa più di una A è dovuta al colore maggiormente scuro. Il colore è dato dal maggior spazio laringeo, ma anche dalla maggiore massa cordale; per poter mettere in vibrazione corde più pesanti, ci vuole più fiato / più energia, e questo causa maggior peso.

ALTEZZA = PESO

L'altezza dei suoni determina un certo peso; maggiore è l'altezza (acuti), maggiore sarà il peso. Questo è notoriamente dovuto al fatto che le corde vocali diventano sempre più tese, salendo, e questo necessita di maggior fiato / intensità. Ma la questione non finisce qui! Quando le corde si tendono o si ispessiscono, o entrambe le cose, la maggior quantità ed energia del fiato non può arrestarsi in gola, ma deve poter sfogare, quindi maggior altezza e/o colore più scuro necessitano sempre di maggiore ampiezza di gola/bocca, e questo comporterà quindi più peso. 

Lo studio del canto richiede un delicato equilibrio di questi fattori, perché l'eccesso di peso comperterà quasi sempre una reazione istintiva forte; la carenza di peso può essere utile per allenarsi in assenza di reazione; un peso modesto può invece non essere sufficiente a determinare un efficace appoggio. 

In genere l'ampiezza più efficace è in senso verticale, perché le forme favoriscono questa direzionalità, però esistono 2 vocali, la é e la ì che necessitano, almeno in zona centrale, di una apertura orizzontale. Anch'esse in zona acuta, a causa della maggior altezza, e quindi maggior fiato, necessiteranno di uno spazio verticale, a meno che non si sia già nella situazione di aver "domato" l'istinto.


lunedì, novembre 16, 2009

Azzerare la voce

Aggirare l'istinto è uno degli obiettivi costanti e prioritari di chi studia canto. Il sistema più usato - e abusato - è quello di indurlo a cedere mediante l'uso della forza, quindi con voce forte e accento. In realtà esistono altri modi che devono essere utilizzati, perché con la sola forza l'istinto si organizza e può contrastarci. Uno di questi sta proprio nel modo opposto, cioè togliere, azzerare pressoché completamente volume, intensità, timbro. Questo da un lato elimina la condizione di reazione, che non trova motivazioni, e permette quindi di esercitare con scioltezza l'articolazione, ma anche il fiato, che non essendo compresso viene consumato in gran quantità (occorre prestare attenzione all'iperventilazione in questo caso), e il maestro sarà in grado di correggere con facilità gli errori di "spinta" che comunque si manifesteranno. Questo tipo di azione permetterà in breve anche la giusta posizione e forma della lingua, non essendo coinvolta da reazioni diaframmatiche. Dopo alcune sessioni di esercizi con pressoché totale assenza di voce - solo fiato - si potrà passare alla cosiddetta voce sospirata, che dovrà dare risultati analoghi sul piano del rilassamento e della scioltezza. Al terzo "step" si passerà alla voce piccolissima, e così via, iniziando dalle note più comode e dando via via l'assalto a quelle più impegnative. E' un capitolo importante e non va sottovalutato, ma anche questo non è improvvisabile senza una guida sicurissima del proprio operato.

Nulla si crea...

Nel mondo dell'Arte in genere - nel nostro caso il canto -, l'impulsività, la fretta, la voglia di arrivare subito, magari senza troppa fatica, generano di contro il bisogno, da parte di insegnanti e tecnici più interessati a guadagni e visibilità che al raggiungimento di reali finalità artistiche, la ricerca di metodi e sistemi "infallibili" per l'impostazione della voce a fini canori. C'è un fatto su cui non si può derogare: in Arte non si può "inventare" nulla, mentre si può andare alla "scoperta" di ciò che sta alla base del "gesto" che genera il fatto artistico. Non staremo a ripetere per l'ennesima volta che alcuni "metodi" e/o scorciatoie escogitati da insegnanti più o meno celebri non hanno in realtà "scoperto" niente, ma "inventato" trucchi più o meno complessi per raggiungere un esito che raramente può definirsi artistico, anche se può piacere a un certo uditorio. In un certo senso questo discorso potrebbe considerarsi contraddittorio con la critica più volte sollevata circa l'impossibilità da parte della foniatria di trovare soluzioni valide per il canto artistico. Infatti la scienza medica indaga ed esamina approfonditamente tutto ciò che contribuisce all'emissione vocale. Perché dunque non "scopre" ciò che rende infallibile la produzione vocale cantata? Per un motivo: l'Arte non è scoperta di "ciò che c'è", ma di ciò che "ci può essere". l'Arte non è relativa al ruolo esistenziale comune, ma a una condizione che va oltre questo livello, e dunque non può essere vista tramite apparecchiature o esami visuali, ma può solo essere intuita, e guidata da chi l'ha conquistata con strumenti empirici. Un canto perfetto esige una modificazione anatomica e fisiologica degli apparati che non si trovano nella condizione di fare canto esemplare, trovandosi nella situazione contingente della vita vegetativa e di relazione. Non è immaginabile come debbano modificarsi gli apparati per poter raggiungere quel risultato, perché occorre proiettarsi con la mente oltre le esigenze di specie, il che è quasi impossibile se non per successive intuizioni e trovandosi in una situazione di esigenza soggettiva rarissima. In questo senso dovremmo dire che allora è giustificabile il livello mediocre o pessimo in cui si trova il canto oggigiorno? No; possiamo ammettere che la strada della perfezione possa essere un'avventura destinata a pochi, ciò non significa che si debba permettere un abbassamento generalizzato di questa disciplina. Abbiamo avuto periodi in cui il canto era a livelli medi molto elevati; occorre trovare i sistemi con ampia pubblicizzazione per allontanare e mettere in difficoltà i falsi maestri, i ciarlatani, gli "inventori" di metodi che non fanno che abbassare il livello di qualità, cercando di far spazio agli onesti, ai coscienziosi, agli operatori di buon senso, che si prestano anche alle osservazioni e sanno mettersi in discussione e aggiornarsi.