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sabato, gennaio 09, 2016

Video consonanti

Ecco il video sulle consonanti, con una premessa sull'insegnamento del canto. Nella parte finale accenno alla voce "moscia" e alla voce "gargarismatica". Non l'ho detto nel video, ma lo si evince facilmente!

venerdì, gennaio 08, 2016

Dell'insegnamento del canto

Credo non ci sia più quasi nessun insegnante di canto o cantante che riesca a parlare o a immaginare il canto senza legare a questo una serie di procedure o collegamenti con la muscolatura, l'anatomia, la fisiologia e le strutture muscolo-cartilagineo scheletriche. Di conseguenza credo non saprebbero che dire o che fare nel momento in cui devono segnalare errori, difficoltà, carenze e a suggerire cosa fare per rimediare, ovvero cosa fare per educare correttamente una voce, senza metter di mezzo quanto dicevo, cioè azioni meccaniche, movimenti muscolari, cartilaginei, anatomici. Allora suggerisco di partire da un punto di vista molto più radicale e opposto: la voce, il canto, non è NULLA! (peggio della frase attribuita a Celibidache, "la musique n'est rien"). La voce a ben pensarci è proprio poca cosa; un po' d'aria trasformata in suono e poi in vocale; un procedimento invisibile. Se io penso a un "tubo" in cui scorre dell'aria, poi una piccola "valvola" che commuta il flusso d'aria stabile in una serie di impulsi che determinano un suono, secondo procedimenti connaturati a tutte le specie animali, grossomodo, non vedo proprio come in questo possano entrarci positivamente movimenti muscolari e azioni varie di tipo meccanico volontario che non disturbino e non arrechino danni all'emissione naturale. Subentra a questo punto la natura UMANA, nel bene e nel male. Nel bene perché l'uomo è dotato di una virtù in più, cioè rendere questo suono una voce, cioè il suono si evolve, come evoluto è l'uomo, a fonemi dotati di significato. Questo avviene ancora secondo una procedura che possiamo definire naturale, non facendo però rientrare in questo termine la Natura intesa come ambiente, perché l'uomo in questo è un'eccezione. L'ulteriore virtù è la possibilità di fare MUSICA con la voce. Ma questo non rientra più neanche nella Natura umana corrente, ma rientra nel quadro delle POTENZIALITA' che definiamo ARTE, cioè qualcosa che l'uomo ha in sé ma che si sviluppa solo a patto di praticare una disciplina che lo proietti verso la spiritualità e il divino. In tutto ciò che può averci a che fare il meccanicismo e la materialità? Proprio niente! E qui viene il "male": proprio la frustrazione di non poter accedere con facilità a quell'area paradisiaca, lo porta a sperimentare ogni genere di manovra per riuscirvi. Sono mistificazioni, inganni, parodie... e sono strade chiuse! L'errore grossolano, in questo come in ogni campo dell'insegnamento, sta nel far credere che la soluzione sia esterna, cioè che qualcuno ti dica e ti trasmetta il modo di fare. La soluzione invece è interna, e il qualcuno che insegna deve far leva sulle caratteristiche e le abilità di ciascuno per attivare, rendere consapevole e padrone delle proprie potenzialità che si manifesteranno non appena inizierà la fiducia. Fiducia in sé stessi, intendo.
1^ situazione: l'allievo è incosciente. Che canti naturalmente bene o male, egli sa solo in base a cosa gli altri dicono. A seconda del carattere, può sviluppare un ego enorme, può avere l'illusione di saper cantare magnificamente e quindi dar retta solo a chi lo esalta e plaude alle sue esibizioni, e scartare ogni critica. Pertanto rimane in uno stato di incoscienza, non svilupperà alcuna capacità di miglioramento e di autocritica. Nel campo della musica colta, non avrà facilmente lunga vita, perché l'ambiente non è facile e perché l'impegno richiesto si mangerà prima o poi la sua esuberanza, la forza fisica, l'entusiasmo e quindi pure la voce. A quel punto sarà difficile che possa correre ai ripari.
2^ situazione: l'allievo è incosciente ma l'ambiente familiare o amicale lo guida verso lo studio, la disciplina e l'umiltà. A questo punto entra in azione la scuola, l'insegnante, che può annientare il bene fatto precedentemente e far nuovamente sviluppare ego, autocompiacimento, sete di successo e potere, oppure propendere al bello, ai valori musicali più autentici e profondi. Questa è la prima dote di un vero e bravo insegnante; al di là se poi saprà educare esemplarmente la sua voce, è fondamentale l'educazione morale e artistica. Ma spesso questi insegnanti vengono abbandonati, e pure malamente, o snobbati in favore di ciarlatani che parlano della voce e del canto come fosse uno sport cruento.

Il maestro saggia la voce dell'allievo facendo eseguire un semplicissimo esercizio; un piccolo vocalizzo su due o tre note, un solfeggino, sempre di poche note. In base a quanto uscirà, deciderà se proseguire o correggere. Ma in cosa consisterà la correzione? Nel dire: fai questo, fai così o cosà? No. Nel far comprendere all'allievo cosa non andava. "Non si è capito", "non hai detto bene"; oppure: "guardati allo specchio, hai fatto una smorfia", "hai il viso contratto", ecc ecc. Cioè non si tratta di dire cosa fare, ma nell'innescare nell'allievo delle risorse di autocorrezione. L'autocorrezione scatta nel momento che anche l'allievo si rende conto che sta facendo una cosa che non va bene.
Passare un'ora a dire in cosa consista lo studio del canto facendo credere che bisogna imparare trucchi, tecniche esorbitanti, meccanismi segreti che solo gli insegnanti e i grandi cantanti sanno, è un inganno! Devono invece dire che l'apprendimento del canto consiste "solo" nello sviluppare ciò che egli già sa fare, per portarlo a un livello più alto, più evoluto. Non c'è nessuna "tecnica" respiratoria strana e segreta, nessun movimento nè della pancia nè della schiena; non c'è da portare il suono in giro per la testa, ma emetterlo dove normalmente già sa: dalla bocca! Che però il canto e la vocalità artistica è impegnativa e il traguardo artistico necessita di uno studio molto approfondito, che la concentrazione e l'applicazione dovranno essere estenuanti, se è interessato a raggiungerlo. Questo è il valore e l'ostacolo grande. Non ci possono essere sconti o mediazioni. Però il maestro si impegnerà come e più di lui per fargli raggiungere quel beato premio.

lunedì, gennaio 04, 2016

Il piano degli acuti

Il settore acuto è quello che turba maggiormente i sonni dei cantanti lirici, tenori in testa. Alcuni arrivano a dire che il tenore è una voce "artificiale", "costruita", diversa dalle altre... balle!! La zona acuta rappresenta per tutti un ostacolo, con le dovute differenze tra chi riesce a salirci spontaneamente e chi no. La differenza sta in una predisposizione respiratoria più evoluta. Peraltro, ricordarsi bene, se non si prende coscienza, cioè non si studia BENE, anche chi è fortunato può andare incontro a un declino anche precoce. Dico spesso che gli acuti richiedono coraggio, o meglio che cantar bene richiede coraggio. Oggi più che mai, perché le pseudo scuole di canto portano a focalizzare la voce dove ci appare più tranquillizzante, anche se richiede sforzi e spinte, cioè all'interno degli apparati. Viceversa cantare nello spazio esterno, dove si parla, richiede un'accettazione dura da digerire, perché ci toglie quella sensazione confortante del suono interno, che ci fa apparire la voce molto sonora (anche se non lo è) e controllabile muscolarmente. Viceversa quando la voce risuona liberamente nell'ambiente ci appare meno sonora, fin quando non si sarà sviluppato adeguatamente anche l'udito, e incontrollabile, ma questo è solo temporaneo, fin quando non si sarà capito che la voce si guida con la mente, senza neanche volerlo, implicitamente. Le cose che andrò a dire, per la verità sono "indicibili". E' terribilmente difficile, forse impossibile e pericoloso parlare di questo argomento, perché rischia di generare interpretazioni e tentativi assai poco corretti. Quanto dico va sempre mediato dall'insegnante, discusso e compreso grazie all'esempio. Sooprattutto richiede TEMPO!
Dunque, se è vero come è vero che il centro della voce è costituito dallo stesso esempio della voce parlata, con la dovuta, necessaria, evoluzione respiratoria, la zona acuta può definirsi contraddittoria, perché appartiene per un verso alla voce "gridata", per altro al falsetto. Le due zone corrispondono, ma mentre il grido viene spinto a più non posso, il falsetto comunemente inteso è considerato leggero, sottile, chiaro. Dove sta la relazione tra questi due apparenti estremi? Nella respirazione, manco a dirlo! Noi abbiamo la possibilità di gridare perché l'istinto ce lo concede in quanto mezzo di difesa, di aiuto, di offesa, di esercizio del potere e del dominio. Il grido però ha un'autonomia limitata, dopodiché la voce sparisce. Il perché è facile da comprendere! La respirazione è del tutto inadeguata a sostenere a lungo una situazione così violenta. Viceversa il falsetto può durare a lungo perché non c'è sforzo; il fiato, pur non considerandolo perfetto all'uso, non si trova in particolare difficoltà, perché investe in misura limitata la pressione. Chi affronta gli acuti senza una adeguata preparazione e senza una facilità innata, si troverà a fronteggiare tre possibili situazioni: la vicinanza al grido, la cosiddetta "apertura" del suono, cioè il proseguimento della voce nel registro centrale, che è comunque da considerare grido, il decadimento del suono pieno in un falsetto sterile (falsettino). Ecco allora il rifugio nell'oscuramento, nella copertura, nell'imbottigliamento, nel "giramento", che, come ripeto, altro non sono che arretramenti, trucchetti, escamotage che tentano e tendono a semplificare le cose, ma in realtà le distorcono. La prima realtà che occorre avere il coraggio di affrontare è che gli acuti sono una sorta di grido, laddove l'evoluzione e lo sviluppo respiratorio consente una QUALIFICAZIONE di questo a voce bella, facile, sonora, sana. La seconda cosa da assimilare è che la zona acuta è FALSETTO! non è un'altra cosa. Quando sentono il falsetto molti tenori sono terrorizzati e si vergognano! Ma se non si ha coscienza di quali sono i FONDAMENTI della voce, come si pensa di raggiungere un traduardo? Si vuole subito avere bella voce piena e "lunga". E quindi si accettano le peggiori tecniche che danno l'illusione di aver conquistato una voce "lirica", e invece si sta solo imitando grottescamente un ideale immaginario. Quindi due sono i punti di partenza, una voce leggera, piccola, sottile, e una voce piena ma che provoca reazioni, indurimenti, blocchi. Da sempre le teorie vocali si rifanno a un non sempre ben esposto e accettato "passaggio" di registro. Questo ha dato la stura ai peggiori e più nefasti difetti nel canto. Quasi tutti i tenori, molto meno le altre voci, sono affetti da "passaggite", cioè tentativi maldestri e grossolani di accesso al settore acuto. Ne vanno un po' meno affetti molti contraltini, avendo in genere molta facilità di salita, ma non è detto e non vale per tutti.
Il problema che non viene affrontato riguarda il "piano" su cui scivola la voce. Molti cantanti hanno un ottimo centro, la voce è ben definita, a fuoco, sonora, pulita. Appena arrivano in zona acuta, ecco che devono "far qualcosa", e il qualcosa è coprire, oscurare, ecc. Quest'ultima pratica non è da censurare o individuare come negativa sempre e comunque. Spesso è necessaria. Il problema fondamentale però è capire DOVE e come si può praticare. Tutti quelli che oscurano o girano o coprono, che dir si voglia, lo fanno "internamente"; anche se la voce è sufficientemente avanzata nel centro, appena arrivano "lì", tirano indietro, se la portano verso il palato molle, in zona faringea. E credono di aver "passato", il che può essere anche vero, ma la questione grave è che hanno creato condizioni di blocco laringeo, cioè hanno tolto ogni carattere di elasticità, dinamicità, mordidezza e sonorità vera alla voce. Gran parte della vocalità così ottenuta è RUMORE. Da ciò si desume che anche volendo "coprire" il suono, per dare alla base del respiro maggior stabilità, occorre farlo sullo stesso piano del parlato, che coinciderà con il gridato. D'altro canto non dobbiamo scordare che esso coincide con il falsetto; quindi tenendo conto dei due opposti poli, cioè spinta estrema per gridare e facilità estrema per il falsetto, noi troveremo il giusto nel mezzo, cioè non spingendo, ma al contrario alleggerendo, ma non modificando il piano su cui stiamo vocalizzando. Quando la nostra psiche, il nostro ego e diverse altre forze endogene si saranno un po' calmate, ci si accorgerà che con poca fatica si riusciranno, prestissimo, a esercitare tutti gli acuti propri della propria classe vocale. Naturalmente all'inizio saranno immaturi, instabili, traballanti, disomogenei, ma prendendo coscienza della semplicità e dello scarso impegno che richiedono, rispetto a un modo "bovaro" di premere, e soprattutto accorgendosi che la voce nonostante ciò suona parecchio nell'ambiente esterno, si prenderà coraggio.
Adesso devo esplicitare la cosa più difficile. L'asse vocale che porta agli acuti facili è estremamente "piccolo" e alto davanti alla bocca. E' come una lama sottilissima che si diparte dal labbro superiore, senza spessore. E' la pronuncia perfetta, naturalmente, ma di proporzioni piccolissime. Quando si raggiunge questa semplicità, con un coraggio da "artisti" si può percorrere l'intera propria gamma, senza passaggi, senza scalini. Se quest'asse scende verso il labbro inferiore o addirittura verso la mandibola, l'ampiezza enorme impedirà totalmente l'omogeneità e la coerenza, ci si troverà presto a percepire lo scalino, per cui o si va verso l'urlo o si schiaccia, si "gira", insomma, si manipola e distorce il suono. Chi pensa che sugli acuti non si possano dire le vocali pure è in grave errore, escludendo ma solo teoricamente il settore più acuto sopranile. Le parole d'ordine, che devono diventare un vero "MANTRA" per chi vuol studiare seriamente il grande canto, sono: purificare, alleggerire, semplificare, rimpicciolire, assottigliare, spandere, scorrere, consumare. Quelle da dimenticare sono: tira, schiaccia, alza, gira, premi, appoggia, gonfia, allarga...  (l'ho già detto?? oh, scusate!).