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lunedì, gennaio 04, 2016

Il piano degli acuti

Il settore acuto è quello che turba maggiormente i sonni dei cantanti lirici, tenori in testa. Alcuni arrivano a dire che il tenore è una voce "artificiale", "costruita", diversa dalle altre... balle!! La zona acuta rappresenta per tutti un ostacolo, con le dovute differenze tra chi riesce a salirci spontaneamente e chi no. La differenza sta in una predisposizione respiratoria più evoluta. Peraltro, ricordarsi bene, se non si prende coscienza, cioè non si studia BENE, anche chi è fortunato può andare incontro a un declino anche precoce. Dico spesso che gli acuti richiedono coraggio, o meglio che cantar bene richiede coraggio. Oggi più che mai, perché le pseudo scuole di canto portano a focalizzare la voce dove ci appare più tranquillizzante, anche se richiede sforzi e spinte, cioè all'interno degli apparati. Viceversa cantare nello spazio esterno, dove si parla, richiede un'accettazione dura da digerire, perché ci toglie quella sensazione confortante del suono interno, che ci fa apparire la voce molto sonora (anche se non lo è) e controllabile muscolarmente. Viceversa quando la voce risuona liberamente nell'ambiente ci appare meno sonora, fin quando non si sarà sviluppato adeguatamente anche l'udito, e incontrollabile, ma questo è solo temporaneo, fin quando non si sarà capito che la voce si guida con la mente, senza neanche volerlo, implicitamente. Le cose che andrò a dire, per la verità sono "indicibili". E' terribilmente difficile, forse impossibile e pericoloso parlare di questo argomento, perché rischia di generare interpretazioni e tentativi assai poco corretti. Quanto dico va sempre mediato dall'insegnante, discusso e compreso grazie all'esempio. Sooprattutto richiede TEMPO!
Dunque, se è vero come è vero che il centro della voce è costituito dallo stesso esempio della voce parlata, con la dovuta, necessaria, evoluzione respiratoria, la zona acuta può definirsi contraddittoria, perché appartiene per un verso alla voce "gridata", per altro al falsetto. Le due zone corrispondono, ma mentre il grido viene spinto a più non posso, il falsetto comunemente inteso è considerato leggero, sottile, chiaro. Dove sta la relazione tra questi due apparenti estremi? Nella respirazione, manco a dirlo! Noi abbiamo la possibilità di gridare perché l'istinto ce lo concede in quanto mezzo di difesa, di aiuto, di offesa, di esercizio del potere e del dominio. Il grido però ha un'autonomia limitata, dopodiché la voce sparisce. Il perché è facile da comprendere! La respirazione è del tutto inadeguata a sostenere a lungo una situazione così violenta. Viceversa il falsetto può durare a lungo perché non c'è sforzo; il fiato, pur non considerandolo perfetto all'uso, non si trova in particolare difficoltà, perché investe in misura limitata la pressione. Chi affronta gli acuti senza una adeguata preparazione e senza una facilità innata, si troverà a fronteggiare tre possibili situazioni: la vicinanza al grido, la cosiddetta "apertura" del suono, cioè il proseguimento della voce nel registro centrale, che è comunque da considerare grido, il decadimento del suono pieno in un falsetto sterile (falsettino). Ecco allora il rifugio nell'oscuramento, nella copertura, nell'imbottigliamento, nel "giramento", che, come ripeto, altro non sono che arretramenti, trucchetti, escamotage che tentano e tendono a semplificare le cose, ma in realtà le distorcono. La prima realtà che occorre avere il coraggio di affrontare è che gli acuti sono una sorta di grido, laddove l'evoluzione e lo sviluppo respiratorio consente una QUALIFICAZIONE di questo a voce bella, facile, sonora, sana. La seconda cosa da assimilare è che la zona acuta è FALSETTO! non è un'altra cosa. Quando sentono il falsetto molti tenori sono terrorizzati e si vergognano! Ma se non si ha coscienza di quali sono i FONDAMENTI della voce, come si pensa di raggiungere un traduardo? Si vuole subito avere bella voce piena e "lunga". E quindi si accettano le peggiori tecniche che danno l'illusione di aver conquistato una voce "lirica", e invece si sta solo imitando grottescamente un ideale immaginario. Quindi due sono i punti di partenza, una voce leggera, piccola, sottile, e una voce piena ma che provoca reazioni, indurimenti, blocchi. Da sempre le teorie vocali si rifanno a un non sempre ben esposto e accettato "passaggio" di registro. Questo ha dato la stura ai peggiori e più nefasti difetti nel canto. Quasi tutti i tenori, molto meno le altre voci, sono affetti da "passaggite", cioè tentativi maldestri e grossolani di accesso al settore acuto. Ne vanno un po' meno affetti molti contraltini, avendo in genere molta facilità di salita, ma non è detto e non vale per tutti.
Il problema che non viene affrontato riguarda il "piano" su cui scivola la voce. Molti cantanti hanno un ottimo centro, la voce è ben definita, a fuoco, sonora, pulita. Appena arrivano in zona acuta, ecco che devono "far qualcosa", e il qualcosa è coprire, oscurare, ecc. Quest'ultima pratica non è da censurare o individuare come negativa sempre e comunque. Spesso è necessaria. Il problema fondamentale però è capire DOVE e come si può praticare. Tutti quelli che oscurano o girano o coprono, che dir si voglia, lo fanno "internamente"; anche se la voce è sufficientemente avanzata nel centro, appena arrivano "lì", tirano indietro, se la portano verso il palato molle, in zona faringea. E credono di aver "passato", il che può essere anche vero, ma la questione grave è che hanno creato condizioni di blocco laringeo, cioè hanno tolto ogni carattere di elasticità, dinamicità, mordidezza e sonorità vera alla voce. Gran parte della vocalità così ottenuta è RUMORE. Da ciò si desume che anche volendo "coprire" il suono, per dare alla base del respiro maggior stabilità, occorre farlo sullo stesso piano del parlato, che coinciderà con il gridato. D'altro canto non dobbiamo scordare che esso coincide con il falsetto; quindi tenendo conto dei due opposti poli, cioè spinta estrema per gridare e facilità estrema per il falsetto, noi troveremo il giusto nel mezzo, cioè non spingendo, ma al contrario alleggerendo, ma non modificando il piano su cui stiamo vocalizzando. Quando la nostra psiche, il nostro ego e diverse altre forze endogene si saranno un po' calmate, ci si accorgerà che con poca fatica si riusciranno, prestissimo, a esercitare tutti gli acuti propri della propria classe vocale. Naturalmente all'inizio saranno immaturi, instabili, traballanti, disomogenei, ma prendendo coscienza della semplicità e dello scarso impegno che richiedono, rispetto a un modo "bovaro" di premere, e soprattutto accorgendosi che la voce nonostante ciò suona parecchio nell'ambiente esterno, si prenderà coraggio.
Adesso devo esplicitare la cosa più difficile. L'asse vocale che porta agli acuti facili è estremamente "piccolo" e alto davanti alla bocca. E' come una lama sottilissima che si diparte dal labbro superiore, senza spessore. E' la pronuncia perfetta, naturalmente, ma di proporzioni piccolissime. Quando si raggiunge questa semplicità, con un coraggio da "artisti" si può percorrere l'intera propria gamma, senza passaggi, senza scalini. Se quest'asse scende verso il labbro inferiore o addirittura verso la mandibola, l'ampiezza enorme impedirà totalmente l'omogeneità e la coerenza, ci si troverà presto a percepire lo scalino, per cui o si va verso l'urlo o si schiaccia, si "gira", insomma, si manipola e distorce il suono. Chi pensa che sugli acuti non si possano dire le vocali pure è in grave errore, escludendo ma solo teoricamente il settore più acuto sopranile. Le parole d'ordine, che devono diventare un vero "MANTRA" per chi vuol studiare seriamente il grande canto, sono: purificare, alleggerire, semplificare, rimpicciolire, assottigliare, spandere, scorrere, consumare. Quelle da dimenticare sono: tira, schiaccia, alza, gira, premi, appoggia, gonfia, allarga...  (l'ho già detto?? oh, scusate!).

4 commenti:

  1. Anonimo3:18 PM

    Si usa molto il termine "alleggerire" ultimamente ovunque mi giro e leggo trovo questo termine .... lo usano tutti. Mi potresti spiegare bene cosa intendi e da quale zona della voce lo si dovrebbe applicare? Magari l'hai già spiegato... e se così è chiedo scusa. Anna

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    1. Anonimo6:19 PM

      So che è un post vecchio, prendi questa mia risposta con beneficio d'inventario rispetto ad un'eventuale risposta di Fabio, ma penso che per alleggerire si intenda il passaggio in falsetto, inteso come un minore peso cordale da opporre al fiato nel settore acuto (non la voce priva di armonici, Bee Gees o Cugini di Campagna), non ovviamente senza che a cio concorra un apporto più educato di fiato, privo di spinta nell'alimentazione dell'emissione, l'appoggio, la contrapposizione, invece che di ostacoli di gola per contenere il fiato, del diaframma che contrasta la sua risalita ed i muscoli che l'accompagnano, in modo controllato, anche se non vorrei con questo sconfinare nell'eccessiva teoria e nella paralisi da analisi che ha spesso rallentato il mio stesso apprendimento :D.
      06/02/2021
      Oblomov

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  2. Anonimo6:06 PM

    " Noi abbiamo la possibilità di gridare perché l'istinto ce lo concede in quanto mezzo di difesa, di aiuto, di offesa, di esercizio del potere e del dominio. Il grido però ha un'autonomia limitata, dopodiché la voce sparisce. Il perché è facile da comprendere! La respirazione è del tutto inadeguata a sostenere a lungo una situazione così violenta. Viceversa il falsetto può durare a lungo perché non c'è sforzo;"
    Aspetta, se il registro della voce gridata è il falsetto questo rischio, nel gridare istintivamente in questo registro, dovrebbe essere ridotto. E' il petto posteriore alla zona del passaggio, la voce urlata, che crea più sforzo.
    06/02/2021
    Oblomov

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  3. Come avevo già scritto nella risposta a un tuo precedente post, è una questione di tempo. Certo che il petto in "belting" è più rischioso e urlato, in ogni modo rendere il falsetto gradevole e modificabile musicalmente è l'operazione più lunga e complessa.

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