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domenica, luglio 06, 2025

Lanciare

 E' uno dei termini che utilizzo maggiormente per far capire (spesso inutilmente) come far sì che la voce sia costantemente sostenuta dal fiato-risonanza. Partire con il sospiro e mantenerlo per tutta la frase, ovvero lanciare lontano da sè, specie in zona acuta. Vi posto il video di un ragazzino che canta una canzone. Ciò che egli fa con la semplicità e l'intuizione di chi non ha ricevuto assurde nozioni, è: lanciare! Cioè non far sì che il suono cada subito fuori dalla bocca, ma si propaghi. All'inizio può dare l'idea di gridare, ma questo è dovuto alla qualità del fiato, che dovrà evolversi, e lo farà se ne avrà le MOTIVAZIONI, ovvero l'esigenza, che noi dovremo trasmettergli. 

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mercoledì, luglio 02, 2025

Monotonia, ninfa infelice...

 Colpevole è e sempre sarà il timbro! Quel piacere superficiale ed effimero che ci può prendere al sentire una bella voce, non ci può togliere la noia, la stanchezza dopo un certo tempo se resta la cosa principale. Il grande cantante ci fa ascoltare la musica, il ruolo, la situazione, la continuità... Una pletora di cantanti ci annoia senza tregua nel farci sentire quel mugugno che sulla prima ci può anche piacere, come ogni cosa che in im primo momento ci fa provare un certo piacere, può essere un suono, un gusto, un profumo... ma poi è l'esperienza che ci guida a provare nel tempo che quel primo assaggio dopo un certo tempo invece del piacere ci fa provare stucchevolezza. Come le cose dolci, ad es. I bambini sono molto attirati dai dolci, ma molti di loro, crescendo, addirittura li odieranno ed eviteranno, proprio perché il tempo porta a sentire il vero, cioè un gusto troppo acceso e incapace di profondità. Nella voce umana il timbro è come l'eccesso di zucchero nella marmellata! Dopo un po' disgusta. Ciò che invece non ci annoierà mai, è la parola, cioè il testo delle arie vestite da una grande musica (spesso nata proprio grazie alle parole). Se chi canta riesce a tenere davanti la parola, ci farà sempre vivere la situazione e la musica. 

Questo pensiero mi è nato casualmente quando in tv è partita una pubblicità dove un notissimo cantante, più avvezzo alla musica pop che alla lirica, attaccava una melodia. Ciò che mi ha subito colpito è stato il "dolciume" di quella voce, più nauseante che coinvolgente e realmente piacevole. I tantissimi ascolti di Schipa, che fossero lirici o canzonettistici, non mi hanno mai suggerito un'idea di impastato, di cupo e greve, ma sempre di luminoso, di leggero (ma non superficiale) e di comunicativo in senso stretto e diretto. Naturalmente non sono lui, però nei tempi recenti, anche cantanti di valore non riescono a produrre simili sensazioni. Manca quella profondità di lettura genuina, semplice ma carica di valori sentimentali vissuti. 

domenica, giugno 29, 2025

Canto sul sospiro

 E' un mantra che va avanti da un pezzo: cantare sul fiato! Sì, peccato che quasi non esista nell'attuale panorama operistico e soprattutto docente un vero canto sul fiato. Perché quasi tutti (uso il quasi per salvaguardare coloro che non ho mai sentito) pensano che per cantare sul fiato bisogna allenare il fiato, non considerando che il fiato fisiologico non c'entra granché con quello artistico, cioè quello che serve per cantare. E quando dico cantare artisticamente, mi riferisco a un fiato evoluto, cioè di qualcuno che ha lungamente studiato per arrivare a quel sublime risultato. Non solo la voce istintiva appare divisa in due parti, il cosiddetto "petto" e la cosiddetta testa (o falsetto-testa), ma il fiato funziona in due modi diversi, il centro, dove si parla, e dove scorre senza crearci problemi, e la zona acuta, dove non siamo istintivamente abilitati a parlare, e dove, quindi, andiamo incontro a problemi. In questo senso dovremmo eliminare l'uso di un termine come "registri". Non c'è alcun registro, ci sono due zone che in natura hanno funzioni diverse e che pertanto hanno approvvigionamenti aerofoni molto diversi. Nel centro il fiato alimenta il parlato, cioè una funzione altamente sofisticata, propria dell'uomo evoluto. Nel settore acuto, il fiato è "esistenziale", cioè si pone al servizio di esigenze di tipo animale, quindi meno evolute, tipo chiedere aiuto, segnalare allarme, indurre paura, oppure indicare stati sentimentali o patologici. Manca, in sostanza, l'articolazione verbale. Schipa lo disse: bisogna "piegare" la voce a parlare anche sulle note acute. Lui ci riuscì come pochi, forse nessun altro. E' un impegno di concentrazione davvero estenuante. Non finisco mai di ripetere, durante il canto dei miei allievi: "parla! parla!" Ma quando si entra in zona acuta, l'istinto si mette in mezzo e ci spinge a usare i muscoli, a premere, e addio pronuncia. E addio canto perfetto. 

In ogni modo, ciò su cui insisto. oltre al parlato, è il SOSPIRARE! Dire canto sul fiato oggi forse è disorientante, non si sa cosa significa e confonde le idee. Il sospiro, con bocca moderatamente aperta, ci dà la giusta senzazione di apertura, di spazialità, di scorrevolezza. Non si deve trattenere, occorre consumare fiato senza frenare. Abituatevi a fare un'unica frase consumando tutto il fiato, come l'arcata di un violinista.Non fate e non pensate alle note, superate queste divisioni. Fare cinque o più note come se fosse una sola nota e un solo sospiro vi aiuterà a percepire lo scorrimento del fiato ed è ciò che vi deve interessare realmente. Se è errato spingere, lo è altrettanto trattenere. LASCIATE ANDARE!!!

venerdì, giugno 27, 2025

Degli appoggi

 Istintivamente, cantando soprattutto nella seconda ottava superiore, si percepisce la voglia di appoggiare la voce, ovvero fornire una sorta di trampolino per poter lanciare gli acuti. Se da un lato abbiamo una maggior parte di insegnanti che insiste sulla necessità dell'appoggio diaframmatico, indicando una qualche metodologia che faccia premere l'allievo verso il basso, dall'altro dobbiamo constatare che comunque tutti i cantanti o aspiranti tali, perlopiù inconsciamente, vanno a cercare questo fatale punto di appoggio. Il più delle volte, disgraziatamente, è la gola, (vuoi laringe, collo, glottide... sono specificità che poco importano), Il problema di fondo è che quell'azione non fa che stringerla e impedire una corretta fluidità del fiato. In questo senso possiamo dire che il tentativo da parte della maggior parte degli insegnanti di andare a cercare l'appoggio sul diaframma, perlomeno cerca di saltare l'appoggio in gola. Non che questo salvi la situazione! Come dicevo poc'anzi, infatti, voler intensificare l'appoggio diaframmatico, significa per loro premere verso il basso, spingere sulla pancia o sulla schiena, il che in realtà non permette di aggirare la gola che si pone come mezzo concreto per realizzare l'appoggio. Di fatto deve essere l'orecchio dell'insegnante a essere raffinato al punto di percepire la libertà della glottide (o gola in senso più ampio) e porre rimedio affinché essa sia totalmente libera (rilassata) e consenta al fiato di fluire liberamente e, in particolare, di dilatarla naturalmente senza alcun intervento volontario. L'appoggio, che gli antichi non menzionavano mai, è in realtà uno dei tanti fraintendimenti delle scuole del 900. Il fiato deve scorrere placidamente ed evolversi in modo da generare tutta la ricchezza armonica di cui il nostro corpo è capace. E' una questione qualitativa sottilissima, che si sviluppa nel tempo e che non può essere accelerata. E' nello spazio esterno, enorme (rispetto allo striminzito spazio oro-faringeo) che la voce si amplia e produce senza fatica tutto il potenziale sonoro che la nostra straordinaria conformazione fisica è capace. Il nostro istinto ragiona in termini fisici e meccanici, dunque interpreta il canto lirico, cioè che si deve sentire in grandi spazi, e su una gamma di note piuttosto ampia, come uno sforzo da dominare mediante appoggi fisici concentrati e di notevole impegno. Viceversa, prima ci educhiamo alla morbidezza, alla mancanza di spinte e pressioni di ogni genere, al canto sul SOSPIRO, prima capiremo che è sufficiente il flusso aerofono a generare bellezza, sonorità, dinamica, colori, estensione (nei limiti soggettivi, ovviamente). La morbidezza e fluidità danno luogo, esternamente, a quella ampia risonanza che poi, grazie alla parola, aggiunge conoscenza, cioè quel "di più" che rende il canto veramente espressione di verità, ovviamente non generalizzabile, ma legata all'arte del paroliere.

mercoledì, giugno 11, 2025

"... ma è difficile!"

 E' passato un anno da quando è stato pubblicato il mio libro. Potrei dire che è stato una sorta di "buco nell'acqua" ("un trou dans l'eau", come disse Celibidache), nel senso che quasi nessuno tra le mie conoscenze, compresi gli allievi, lo ha letto, e se l'hanno fatto, è stato in modo superficiale, approssimativo. Nessuno deve sentirsi obbligato a leggerlo, ma la mia riflessione è che se quando studiavo canto fosse uscito un libro del genere, io mi ci sarei fiondato a comprarlo e l'avrei letto più di una volta. Sul fatto che sia difficile, dissento. Può darsi che qua e la ci sia qualche paragrafo un po' più impegnativo, che solitamente ho anche annunciato in premessa, ma nell'insieme ritengo che non sia così. Ma non è questo il punto. Il punto è che i musicisti e in particolare i cantanti sono additati come ignoranti! Penso lo si sappia. E' vero che in tempi remoti i musicisti, ma in particolare i cantanti, spesso non avevano che le seconda o la quinta elementare, per cui potevano avere difficoltà a leggere scritti dove il lessico era un po' più elaborato e c'erano citazioni di tipo scientifico o filosofico. Ma la sete di cultura era elevata. I miei nonni e bisnonni erano analfabeti, erano contadini, però, da toscani, erano orgogliosi di recitare interi canti della Divina Commedia. Lauri Volpi fu una clamorosa eccezione, perché si laureò, e infatti scrisse libri di ottima fattura. Oggi il tasso di alfabetizzazione è quasi del 100% in Italia, eppure gente non solo diplomata ma anche laureata, trova difficoltà e ostacoli nella lettura di un libro "normale", che parla di un argomento che dovrebbe entrare nella passione e nel forte interesse di chi lo ha tra le mani. Come si deve commentare questa situazione? Certo che la "teoria", se così vogliamo definirla, non è essenziale, ma qui abbiamo i fondamenti, cioè quei principi basilari che dovrebbero illuminarci il cammino, che dovrebbero aiutarci a comprendere perché incontriamo difficoltà nello studio del canto e a rendere chiaro il motivo per cui si fanno determinati esercizi, ovvero a non renderli fini a sé stessi, un mero allenamento, ma a dar loro un senso, un significato profondo e a chiarirci le cause dei nostri progressi o meno. Allora, non è che si deve leggere questo libro come un obbligo nei miei confronti, però è palese che nel corso delle lezioni devo ripetere spesso dei concetti che trovano posto nel libro e che gli allievi potrebbero aver acquisito. Bisogna studiare! Gli studenti di tutti gli strumenti passano molte ore tutti i giorni a fare esercizi e studiare i brani per le lezioni e gli esami. Gli studenti di canto si sentono privilegiati. Spesso mi chiedono cosa devono fare a casa. Ebbene, non sarebbe nemmeno il caso di fare esercizi, che spesso può essere controproducente. Invece, come dico, ciò che conta è rivedere gli aspetti di fondo del cantare, e questo può essere facilitato dalla lettura. Insomma, ci vuole concentrazione (moltissima) e impegno, stimolo all'intuizione. Non è necessario leggere tanto, bastano un paio di pagine ogni volta, ed è per questo che il libro è suddiviso in paragrafetti molto brevi, tranne pochi che comunque non sono mai lunghissimi. Leggere e anche rileggere se non si è sicuri di aver capito, e domandare a me ciò che risulta ostico per renderlo più "digeribile". Il libro non è fatto per essere "consumato" oggi, ma auspico che sarà compreso nel tempo. Comunque non penso che un giorno pubblicherò una seconda edizione "semplificata" per cantanti...




sabato, giugno 07, 2025

Sulla cresta dell'onda - video esempio



 Beh, mi sono ritrovato uno spazio per confezionare un po' alla bell'e meglio un video relativo al post precedente e in risposta a un quesito posto da Fulvio. Buona visione.

giovedì, giugno 05, 2025

Sulla cresta dell'onda

 Avrete sicuramente presente quegli eccezionali surfisti che con il loro asse riescono a rimanere in equilibrio per diversi secondi, forse anche minuti, sulla cresta delle altissime onde oceaniche. Ebbene, anche questa è una stimolante e aderente metafora del grande canto artistico. L'onda, con la sua potenza ma anche leggerezza, plasticità, fluidità, rappresenta il fiato che, quando educato secondo i crismi dell'arte respiratoria vocale, è in grado di sostenere una voce che si spande per spazi infiniti senza alcuno sforzo muscolare. E l'analogia è ancor più attagliata se pensiamo che il suono... è un'onda! Dunque la voce sta in un delicatissimo equilibrio sulla cresta di quest'onda, nello spazio antistante il corpo, la bocca, e si diffonde uniformemente e velocemente in ogni ambiente. Rigidità, timore, trattenutezza, pressione, imposizione, non fanno altro che impedire la piena realizzazione dell'evento vocale artistico. Lasciate andare, non frenate, non cercate di "fare". Leggerezza, assottigliamento, scivolamento, sono le caratteristiche per ottenere un canto di elevata qualità. Non abbiate timore di cantare pianissimo, al limite del sussurro! Il sospiro è l'approccio corretto all'attacco.