Non mi riferisco all'apprendimento autonomo, cioè a imparare a cantare da sé, che come ho già detto più volte è impossibile, ma ad un autoapprendimento "interno".
Se nella nostra scuola, come in ogni buona scuola di canto, escludiamo frasi come: schiaccia, alza, premi, apri, ecc., se non limitatamente ad aspetti intrinseci del suono, e cioè non connessi ad azioni muscolari (vale a dire i soliti: alza il palato molle, apri la gola, abbassa la laringe, fai passare il suono in maschera, giralo, ecc.) e quindi si arriva a un "non fare niente", chi si trova ad affrontare questa scuola, specie se già in parte o sostanzialmente condizionato da altre scuole o da letture, si chiederà: sì, va bene, ma per arrivare a fare suoni in grado di essere considerati esemplari e in grado di essere nettamente percepiti anche in gradi spazi senza ausilio di microfoni, come si fa? Non è possibile "non fare nulla", perché altrimenti si rimane al punto di partenza, dando per scontato che il punto di partenza è una emissione povera, scarsa di qualità, di risonanze, di armonici, di legato, di intensità, ecc. ecc. Ecco, la risposta più semplice ed efficace potrebbe sintetizzarsi in quell'"autoeducazione" che il nostro corpo, in molte sue componenti, già possiede, purché ne avverta la necessità, l'esigenza.
Se io faccio vita sedentaria, e un giorno vado a vivere in una casa che mi obbliga a fare scale ogni giorno, da principio sbufferò e mi verrà il fiatone ogni volta che faccio una rampa; dopo poco tempo le farò saltellando e con quasi nessuna variazione nell'azione respiratoria. Idem se mi decidessi, improvvisamente, di mettermi a fare jogging o palestra ogni mattina. All'inizio dolori e sbuffate da locomotiva, e poi crescita della tonicità muscolare e dell'azione respiratoria. Il corpo si adegua alle esigenze, alle richieste del nostro corpo e della nostra mente. Quindi ha in sé un programma di autoeducazione e sviluppo che coinvolge una serie di tessuti, muscoli, tendini, ecc. La voce, come ho già scritto più volte, è "tarata" in base alle nostre condizioni fisiche e alle nostre esigenze ambientali di relazione e psicologiche. Se viviamo in un ambiente rumoroso potremmo tendere a diventare "urlanti", a parlare sempre forte, chiassosamente, ad alte frequenze, ma potrebbe avvenire il contrario in presenza di persone con spiccata timidezza (ricordo bene, alcuni anni fa, di aver assistito a un esame di terza media, e mi resi conto, dopo un certo numero di candidati, che avevano una tendenza quasi patologica a parlare molto piano, e realizzai, alla fine, che il motivo sostanziale doveva essere causato dall'insegnante di lettere - 11 ore alla settimana - che aveva una voce fortissima e un temperamento alquanto aggressivo, pur non trattandosi di una insegnante particolarmente severa o "cattiva"). Una persona con molto fiato vitale, grandi polmoni, grande torace, bocca grande, avrà quasi certamente facilità a produrre suoni molto sonori anche senza una volontà di "spinta"; poi ci sono, e sono tante, le persone che assorbono facilmente le caratteristiche di altre persone, e che quindi tendono ad emulare, anche senza volontà. Ci sono figli che assumono quasi perfettamente la stessa voce di padri o madri o qualche parente o persona cui ha vissuto vicino per parecchio tempo (qui entriamo anche nella famosa questione dei neuroni specchio). La sostanza di tutto ciò è che il nostro corpo impara e assimila anche senza necessariamente una volontà forte di imparare, ma purché ne senta l'esigenza. Dunque ciò che si può sfruttare ai fini dell'educazione vocale è la capacità autoeducativa nel parlato; se noi cerchiamo di migliorare il parlato, pronunciando meglio ogni vocale e ogni consonante, legando ogni parola e imponendosi di dare senso compiuto a ciascuna di esse e nell'ambito di ciascuna frase, si innescherà un circuito virtuoso di sviluppo del fiato accompagnato da un processo di elasticizzazione delle forme e delle componenti mobili degli apparati preposti. Ciò che si nota tangibilmente a ogni lezione è uno sviluppo non indifferente della risonanza vocale (senza spinta o pressione, ma anzi riducendola sensibilmente), quindi anche dell'intensità, della ricchezza timbrica e sonora, della bellezza, della chiarezza, ma anche uno sviluppo qualitativo e quantitativo del fiato che in un tempo non quantificabile - essendo molto legato al soggetto - diventerà padronanza artistica del fiato, o respirazione artistica, quel "ben respirare per ben cantare" sostenuto da tutti i grandi trattatisti ma incomprensibile da chi non l'ha acquisito completamente, cosa, questa, di rarità straordinaria, incomprensibile e inconcepibile fin quando non lo si è assimilato nel fisico, oltre che nella mente e nello spirito. Però, al di là delle parole poco incoraggianti che ho scritto, la méta è raggiungibile, occorre una grande fiducia, una pazienza disumana e una umiltà, una volontà di abbattimento dell'ego, del narcisismo che sono davvero dure da estirpare o anche solo da riconoscere prima di rinunciarvi. Chi giudica già si trova su una brutta china, chi valuta superficialmente, buttando là frasi per sentito dire, scopiazzate, riportate, cioè non ha autentica e pura coscienza, è già di fronte a un robusto muro. Il muro della presunzione, dell'orgoglio fine a sé stesso, dell'egoismo, della fanfaronaggine, di quello che vive sul pulpito del predicatore, dello scribacchino... e aggiungete voi chi vi pare.
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