Per stare in argomento e "girare ancora un po' il coltello nella piaga", torno su una questioncella su cui ho un po' sorvolato, o meglio ho dato per scontato con spiegazioni frettolose. La questione posta nel titolo, per molti insegnanti e cantanti è uno dei fondamenti dello studio del canto, ma purtroppo in segno inverso a quello che additiamo noi. L'idea "illuminata" di molti è quella di "omogeneizzare" le vocali, cioè renderle simili il più possibile tra di loro. Se volessimo rappresentare con un semicerchio l'arco di colore delle vocali, ci troviamo, per esempio, all'estrema sinistra la I come la più chiara, quindi la é, la è, la a (al centro dell'arco, chiave di volta), quindi la ó, la ò e la u, che è la più scura. All'interno di questo arco, possiamo poi avere delle ulteriori fasce, dove ciascuna vocale può avere un'inflessione più chiara o più scura rispetto comunque a un modello che possiamo definire neutro e perfetto. E' evidente, quindi, che una I e una A o una è e una ò, stanno piuttosto distanti in questo spettro, e dunque cosa vorremmo fare? Se il testo riporta: "miau", io mi trovo nella necessità di pronunciare tre vocali di colore diverso in un'unica parola. Questo deve portarci a pensare che dobbiamo "uniformarle"? E, se la risposta fosse sì, a quale? Esiste una vocale o un colore principe? Per alcuni è noto che il colore fondamentale è quello scuro, ritenendo, non si sa sulla base di che, che il canto lirico debba essere scuro. E' vero che nella Storia del canto c'è stato un momento in cui si scoprì l'esistenza del color scuro, in alternativa al color chiaro, e alcuni trattatisti se ne occuparono. Ciò che non si deve perdere di vista, però, è che l'uso del colore oscuro entrò in misura minima nella produzione vera e propria (con non poche polemiche e critiche), e la testimonianza di viene come sempre dai vetusti 78 giri, dove molto raramente ci è dato, nelle registrazioni ante anni 50, ascoltare voci oscurate. Si comprese che l'uso, in fase di studio, di diversi colori, poteva servire ad allargare la tavolozza timbrica, dunque le possibilità di coloritura e caratterizzazione del testo, ma gli insegnanti compresero anche che grazie ai colori si potevano imprimere diversi pesi ai suoni, e con questo era possibile superare alcune difficoltà. Naturalmente i saggi compresero che questo mezzo era da usare con acume e parsimonia, e così facendo ebbero risultati ottimali, altri, meno saggi, lo utilizzarono sconsideratamente e diffusivamente, pensando evidentemente che questo avrebbe risolto tutti i problemi per sempre. Così non è, perché le estremizzazioni non risolvono mai, ma possono darne l'impressione, inizialmente, salvo, nel tempo, manifestare tutte le controindicazioni di cui sono portatrici. Dunque l'idea dell'omogeneizzazione delle vocali è stolta, perché altrimenti non esisterebbero LE vocali, ma ne avremmo giusto una o due. L'uso del chiaro o dello scuro è una alchimia sottile che l'insegnante e il cantante devono usare per educare il fiato/voce, prima, e per caratterizzare il testo, poi. A questo punto mi si dirà: beh? tutto qui? lo sapevamo già. No, infatti adesso arriviamo al nocciolo della questione. Ciò che avvertono quasi tutti gli insegnanti negli allievi alle prime armi, non è un errore di percezione! E' assolutamente vero che le vocali hanno "scalini", difformità tra di loro intollerabili. La rilevazione è corretta, ciò che è scorretto, come quasi sempre, è la "cura". Il problema non è, assolutamente, quello di "uguagliare" le vocali, ma quello di togliere i difetti. In sostanza la questione è che le vocali non sono tutte difettose nello stesso modo!!! Per mille e più ragioni soggettive, ogni persona incontrerà più facilità nel pronunciare certe vocali e più difficoltà in altre. In genere, ad esempio, per sommatoria di problemi (scarsa qualità del fiato, deficiente ampiezza orale), la A esce molto spesso sguaiata, sbiancata, tagliente. Ecco allora il solito consiglio di portarla sul suono più scuro della O. Per chi vuole studiare seriamente il canto, questo consiglio è di un dilettantismo vergognoso... eppure lo si sente risuonare persino negli "alti corsi di perfezionamento". Ovviamente l'educazione seria e professionale sarà esattamente di segno opposto, cioè pronunciare il meglio possibile e senza "sfumature" ciascuna vocale affinché il fiato si alleni ad alimentare quel suono, ovviamente dando ad essa la giusta forma. Sappiamo poi che molte vocali, sinanche tutte, potranno incontrare difficoltà apparentemente insormontabili in determinati punti della gamma. Qui il docente avrà la possibilità di educare il fiato anche ricorrendo, temporaneamente, all'uso del suono scuro, ovvero della vocale (QUELLA vocale) in colore oscuro, che non significa, ad esempio, fare A pensando O od U, ma fare la A con una forma orale più verticale, cioè mettendo mandibola e labbra in quella posizione che imprima un timbratura leggermente più oscura. Non starò adesso a ripercorrere i perché e i percome di questo passaggio avendone molte volte parlato in precedenza. In sintesi, pertanto, il buon insegnante elimina da ogni vocale il quid di difetto che manifesta; dopo qualche tempo già si noterà che i passaggi da una vocale all'altra risulteranno molto più fluidi e piacevoli, perché sentire scandire le parole nella perfetta e anche complessa articolazione è molto piacevole, senza contare che SOLO così sarà possibile dare a ciascuna parola il peso semantico di cui è portatrice, senza contare che solo così sarà anche possibile imprimerle quell'espressione e quell'affetto che possono smuovere le profondità della coscienza di chi ascolta e vuole ascoltare MUSICA, e non miseri e vuoti suoni.
'Nun cè stà nient 'a fa! (Non c'è niente da fare!)... io ho capito "qualcosa" nel momento stesso in cui ho smesso di "fare il tenore" ed ho iniziato il duro cammino dell'umiltà, della dignità, dell'introspezione critica. Mi sono "spogliato", "smontato", "sgrassato", del mio passato e con molta disciplina e crudezza (grazie anche al mio M°) ho capito che per cantare non basta solo gestire bene il fiato, pronunciare bene, ecc.ecc., ma bisogna capire: cos'è il canto artistico? dove voglio arrivare? cosa voglio raggiungere? Ma questa voce tranquilla e non roboante, serena anche se sostenuta, piccola anche se sonora, è davvero la mia voce? Riusciranno a sentirmi? Adesso quando canto (ho tanta strada da fare ancora... speriamo), mi accorgo di non fare granchè... (almeno non come in precedenza quando "mi sentivo" una bomba pronta ad esplodere), ora sono sereno anche se attento e vigile su quello che il mio organismo "deve" fare per ottenere ciò che "voglio"... Insomma, il canto deve esprimere ciò che di più bello ho in me, senza forzature, senza spinte, io sono semplicemente io e la mia voce è mia...
RispondiEliminaCertamente, grazie anche ai consigli di Fabio, è importante guidare il suono attraverso le labbra mantenendo gli angoli della bocca in verticale quando si tratta di pronunciare le vocali soprattutto la A. Quindi è fondamentale non permettere alla bocca di aprirsi in larghezza... ma è sempre un "gioco" che va appreso mano a mano e non senza difficoltà. Soprattutto articolando e pronunciando bene, poi, si sale una bellezza... e le parole sembreranno sussurrate e in alcuni casi anche poco sonore, ma sarà solo un'illusione interna, perchè al contrario la parola viaggerà eccome, con tutto il suo carico di sonorità avvolgente.
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