Translate

sabato, settembre 28, 2013

Una furtiva lagrima

Mi accingo ad analizzare una delle arie più note ed eseguite del panorama operistico. Temo ci voglia più di un post, per evitare di appensantirne troppo uno; naturalmente prenderò anche in esame un congruo numero di esecuzioni presenti su You Tube.
L'aria è in Si bemolle minore, in 6/8, ed è priva di recitativo, il tempo segnato è "larghetto" (per alcuni è un andante frettoloso, per parecchi un larghissimo!). Classiche 8 battute introduttive con esposizione del tema principale, affidato al fagotto, dinamica: piano. La tonalità e lo strumento fanno apparire il tutto leggermente lugubre, dipende dal tempo affrontato, dall'accompagnamento (spesso i pizzicati sono delle botte tremende), dal fraseggio. Nemorino attacca la prima strofa, con l'indicazione "dolce". Sulla seconda battuta si nota un accento su "LAgrima" (semicroma puntata), che più che altro assolve lo scopo di evitare che si vada ad accentare l'ultima sillaba (MA). Sulla nona di Dominante (diminuita) prosegue la seconda frase "negl'occhi suoi spuntò", dove annotiamo un gruppetto ascendente prima di "suoi". Nella terza frase "quelle festose giovani" notiamo: un accento su "sto" e una scrittura ritmica non sempre seguita: "gio" è croma col punto, "vani" è semicroma e croma, quindi pausa di croma e semiminima che apre la quarta frase "invidiar sembrò". Anche "In" è segnata con un accento, contraddicendo la semantica, probabilmente per creare un contrasto ritmico che allevi (Dio mio che ho scritto!!) la possibile noia che spesso contraddingue l'andamento di questo tipo di divisione. Qui siamo passati momentaneamente al Fa maggiore, armonia di Dominante, dove si inserisce la successiva frase "che più cercando io vo", ripetuta con leggera differenziazione melodica che permette il passaggio al solare Re bemolle, armonia relativa maggiore, su cui ben s'innestano le parole "m'ama, sì m'ama lo vedo". L'ultima battuta della frase è nuovamente spesso oggetto di modifiche da parte degli esecutori. E' scritta: semiminima, semicroma col punto, biscroma, seminimia accentata, appoggiatura, croma e quindi chiusura su seminima la battuta seguente. Spesso l'appoggiatura è sostituita da gruppetto, che è accettabile. Si apre a questo punto la seconda parte dell'aria. Tutta la prima parte, sulle parole "un solo istante i palpiti, del suo bel cor sentir! I miei sospir confondere" ha scrittura identica alla prima. Il cambiamento avviene su "per poco, a' suoi sospir". Intanto è indicato un pianissimo, quindi c'è un ulteriore "smorzato" e "a'" è una semicroma, mentre il più delle volte viene eseguita come croma. Ma è nella frase successiva: "i palpiti, i palpiti sentir" e "confondere i miei co' suoi sospir" che avvengono le storpiature più frequenti. "fon" e "miei" sono accentati e sono crome puntate. Sull'ultima nota, fa, in Fa maggiore, con una scaletta in orchestra si passa a Si bemolle maggiore, Punto Massimo dell'aria, sulle parole "cielo, si può morir". Subentrano ulteriori frequenti modifiche musicali sull'ultima frase del brano: "di più non chiedo". Già sulla prima scaletta ascendente risultando un po' scomoda, perché parte da un si naturale, instaurando una falsa relazione con il precedente arpeggio di Sol minore; poi sulla seconda salita, qualche battuta dopo, non viene di solito eseguita come scritta, cioè croma e due duine di semicrome che portano al Sol, ma quartina di semicrome, croma puntata e coronata su un La e risoluzione sul sol che porta alla cadenza, eseguita tradizionalmente quasi come scritta, ma con puntatura nuovamente al La naturale. Ovviamente si noterà la scarsa musicalità di questa soluzione, con due La naturali, dove uno toglie importanza all'altro. Qualche annotazione vocale: l'aria non dico sia facile, ma certo si presta ad essere cantata anche da cantanti poco esperti, perché non è particolarmente acuta ed è molto ben scritta. Se infatti è vero che parte da Fa acuto, nota piuttosto scomoda, è vero che iniziando su una "U"  e dolce, sia nella prima che nella seconda strofa, mette a proprio agio chiunque, perché può benissimo essere presa in falsetto (certo non in falsettino esangue!). Più problematiche invece possono risultare il "m'ama" e "sì m'ama", che sono rispettivamente Fa e La bemolle. Altro non mi sovviene e passo dunque a esaminare le esecuzioni. Volevo iniziare con qualcosa di decente, ma non ce l'ho fatta. La versione Di Stefano del 55 è purtroppo largamente negativa. A parte l'introduzione pesante dell'orchestra, il caro Pippo parte subito male, con uno scivolamento accentato e in gola già sulla A di "una", e diventa censurabile la A di "furtivA", brutta e difettosa sotto ogni possibile punto di vista, omettendo, tra l'altro, l'accento di "Lagrima". Non proseguo; l'esecuzione è tutta all'insegna del canto di gola, duro, forte, sguaiato, con le solite modificazioni della scrittura. Con Bergonzi nel 67 dal vivo siamo già su un altro piano. Voce più morbida e dolce. Però anche lui non è esente da storpiature e difetti. Ad esempio è plateale il blocco sulla N di "negl'occhi" e che ripete nella D della seconda strofa "degl'occhi". Buono il legato, ma spesso trascina e accenta poco correttamente (m'amà). Inoltre sbaglia a dividere il gruppetto che da duina diventa terzina, sballando l'accento, però musicalmente è ancora tra quelli più corretti. Più che discreta la filatura finale. Gigli nel 33 è in piena forma. Infarcisce tutto di singhiozzi, di accentacci, di sospiri e rispetta solo in parte il testo musicale. Naturalmente è sempre un miracolo di ampiezza dinamica e coloristica, però omette il piano di "per poco", e sul piano strettamente vocale soprattutto alcune I sono ingolate. Mi sono accinto ad ascoltare Jonas Kaufman, ma dopo le prime due note ho dovuto chiudere. Mi spiace, proprio non ce la faccio. Florez al Met, dopo un'introduzione estenuante, attacca piuttosto bene e rispetta la scrittura, a parte la fine della prima strofa, ("lo vedo, lo vedo") e il pianissimo del "per poco", totalmente ignorato. Esecuzione sicuramente di ottimo livello sul piano musicale e vocale, seppur manchi una reale dolcezza e intima partecipazione. Concede il bis, che però non ho ascoltato (sono refrattario ai bis). Ottimo Luigi Alva alla Scala nel 58; oltre a una emissione di tutto rispetto, è molto attento alla scrittura, è sobrio, non gigioneggia, e colorisce con giusta partecipazione. Domingo non ha il deprecabile ingolamento di Kaufmann, anche se non è così lontano, e fa rabbia sentire un'esecuzione così curata sul piano musicale resa limitata sul piano espressivo e dinamico, per quanto piena di "buone intenzioni" dalla durezza della fonazione, sempre muscolare e forzata. L'edizione presente su YT con Tagliavini non mi entusiasma per niente, anzi... Il timbro appare alquanto artefatto, il cantante sembra più interessanto a far sentir sé stesso che a impersonare Nemorino. Per cui il canto è alquanto generico, con invenzioni musicali discutibili. Ci sono qua e là alcune "zampate" notevoli, ma più occasionali che metodiche e non suppliscono a un'esecuzione complessivamente sufficiente ma non di più. Piuttosto frettoloso Gedda nel 53 a Londra. E' valido sul piano musicale (a parte qualche dubbio sull'intonazione che però potrebbe essere dovuto alla registrazione), sobrio e rispettoso della scrittura; non entusiasma, come sempre, sul piano dell'introspezione, dell'abbandono, però lo trovo migliore che in altre esecuzioni. Lauri Volpi 1922: timbro vibrante - caprino - e leggermente scuro. Vocalmente in ottimo assetto (potremmo discutere su alcuni dettagli, ma non è qui il caso), talvolta un po' trattenuto, è sobrio, rispettoso; finale con cadenza un po' originale ma conclusa con virtuosistica filatura, da manuale. La versione di Roberto Alagna non indica l'anno, ma doveva essere giovane. La voce è molto sana e non si avvertono particolari difficoltà, però non è un'esecuzione trascendentale. Più o meno tutto forte; l'interprete appare poco interessato e partecipe. Non sto neanche a commentare Schipa 1929, che è fuori concorso :) Fritz Wunderlich nel 53 la canta in tedesco, distruggendo ovviamente la poetica italiana, però col suo timbro affascinante e la notevole morbidezza recupera parecchio! Alcune cose sono da manuale, sicuramente una esecuzione da ascoltare e da cui prendere esempi, anche se la fonazione tedesca gli impedisce di raggiungere le vette di alcuni nostri conterranei meno bravi e dotati (gli attacchi spesso duri). Bjoerling in questa esecuzione sembra non aver capito che opera sta cantando. Tutto alquanto forte, generico, duro, piatto. Peccato, disponendo di mezzi invidiabili. Buona nel complesso l'esecuzione di Ramon Vargas nel 2007. Ascoltando questa come altre esecuzioni di alcuni cantanti recenti, compreso Florez, si può rimanere soddisfatti; poi si ascoltano Schipa, Gigli e Lauri Volpi, e si scopre che c'è ancora un universo da scoprire. Questo universo si chiama verità! Questi cantano magari anche benino, ma la parola non è vera, non è sincera, è filtrata, è distante, costruita, cammuffata. E' una condanna avere questa coscienza. Ma provate ad ascoltare sempre una di queste e una di quelle, e forse ognuno di voi si renderà conto di quanta strada ci sia da compiere per raggiungere la meta dell'esemplarità! E a questo proposito, dopo Vargas, provate a sentire Sergei Lemeshev; non sarà Schipa, ma sentite come è tutto più vero, più presente, più sentito (gli acuti però sono più ingolati). L'esecuzione di Fernando De Lucia offre come sempre spunti interessanti, ma non è proprio di facile "digeribilità"... Caruso 1902: tenore in forma, voce pulita e squillante; tendenzialmente piatto e di fonazione "larga" (tende spesso alla A), non tutto ugualmente "avanti"; in conclusione buono ma non spettacolare. Un po' deludente Leopold Simoneau, voce morbida e vellutata, come sempre, ma poco fraseggiatore, troppo incline a accentare le sillabe, facendo uno "spezzatino". Buona ma mi aspettavo di più (uff, che incontentabile!); se sentite la cadenza finale manderete definitivamente a quel paese la maggior parte dei cantanti odierni. Blake 1990 (solo audio): non appare al meglio, sbaglia anche le parole e l'intonazione iniziale non mi pare il massimo. Non è certo esemplare come emissione, però è un'esecuzione che ti tiene attaccato, perché crede in ciò che dice, ci mette gran parte del suo talento espressivo e musicale. La cosa meno simpatica sono i continui colpi di glottide. Cadenza finale da Blake! McCormack 1910. Da manuale, come spesso avviene, attacchi e linee melodiche. Qualche gutturalità qua e là che non inficia più di tanto la bontà dell'emissione, con le consueti magiche filature, mai sovrabbondanti. Di diverso dal solito qualche "tocco" di naso. Cadenza finale un po' sottotono. Marcelo Alvarez 2000: vedi Vargas. Chiudo con un Carreras del 75, poi proseguirò su altro post, visto che ci sono una marea di esecuzioni! La cosa brutta del giovane Carreras è che non assomiglia al giovane Di Stefano, che poi prenderò in esame, ma al Di Stefano già avanti in carriera, cioè con voce dura e meno espressiva. Da un ragazzo come lui, agli esordi, ci si dovrebbe attendere una esecuzione ben più cesellata, introversa, morbida. Non è da buttar via, ma certo non entusiasma, se non per la bella voce. Sembra perfino un po' in difficoltà con la tessitura, che sappiamo invece essere alla portata di qualunque tenore professionista.

3 commenti:

  1. Schipa come al solito straccia tutti, mi permetto solo di far notare il mancato legato tra "vò" e "m'ama", dove invece prende fiato. Certo che un canto così è davvero fenomenale

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono Nicola Argiolas, devo ancora registrarmi. Ciao Maestro!

      Elimina
    2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

      Elimina