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venerdì, ottobre 16, 2015

Matrix

L'ipotesi di vivere in una realtà virtuale appartiene alla fantascienza, però possiamo constatare, con un po' di attenzione, che stiamo vivendo comunque in una realtà piuttosto alterata. Che sia stata la TV a portarci su questa strada è cosa scontata, però questa patina si è ormai diffusa un po' a tutto il mondo che ci circonda, in particolare quello dello spettacolo, laddove poi si è cercato di trasformare tutto in spettacolo, e dove le persone ormai inglobate in questa pseudo realtà fanno da diffusori di questo virus.
Se si vanno a riguardare le trasmissioni televisive degli anni 50/60 (su youtube è semplicissimo),  si può notare che gli attori, i cantanti, i presentatori che apparivano in quegli anni erano persone come noi; personaggi di bravura stratosferica, apparivano in televisione con la semplicità e la presenza che potevano avere nostro zio, il nostro vicino di casa, l'uomo che si incontrava per strada, insomma. Si percepivano nelle loro performance l'emozione, la tensione di un evento che richiedeva impegno, studio, disposizione, tanto lavoro, e al termine si percepiva anche la liberazione finale. Ma, in quelle condizioni, gli errori, le distrazioni, gli imprevisti, erano sempre in agguato. Quanti avevano fatto teatro, e quindi convivevano con quella possibilità, sapevano trarsi d'impaccio e non di rado creare situazioni ancor più interessanti. Ma sappiamo che la pigrizia è perennemente nostra compagna, da un lato, e una certa classe dirigenziale, particolarmente abile a uccidere l'arte, ne è il supporto ideale. Perché vivere in quello stato di timore quando i mezzi tecnici potevano consentire di eliminare ogni errore. E così in poco tempo la TV abolì totalmente la ripresa diretta (tranne gli eventi sportivi, qualche spettacolo teatrale - ma sempre meno - e qualche episodio di cronaca) per passare alla registrazione su ampia scala. Questo ha inferto un colpo micidiale a quanto di buono aveva prodotto la tv nel periodo precedente. Tutto standardizzato, modulizzato, ripetuto, anestetizzato. Per un po' di tempo hanno tenuto duro un po' di bravi attori e conduttori, che in virtù della loro precedente attività sono riusciti a sopravvivere e a far sopravvivere qualche trasmissione, ma in un decrescendo inarrestabile. Le conseguenze le vediamo facilmente in quegli spezzoni che qualcuno forse considererà divertenti che sono gli errori o "papere" durante le riprese. Praticamente questi sedicenti attori non hanno più alcun interesse a far bene, giusto, perché le scene si possono girare decine di volte, e ridacchiano e fanno ogni genere di verso, tanto si taglia, si rigira, si monta. La potremmo definire anche questa una "maschera": da un lato il prodotto finale, che si definisce "professionale" (!!), dall'altro il monte ore di riprese che nascondono una totale mancanza di reale professionalità, intesa come impegno, studio, dedizione. Ma se la tv ha creato questo disastro, non è che al di fuori le cose vadano tanto meglio solo perché non c'è il montaggio, ovvero la possibilità di rigirare le scene. Il concetto di professionismo che è andato diffondendosi ha creato altri tipi di mostri. Ascoltiamo i cantanti d'opera degli anni 50-60, se non prima, ma anche pianisti, strumentisti, orchestre, e noteremo le stesse differenze! Possiamo dire che allora non fossero professionisti? Spero di no, ma i pianisti sbagliavano le note (Michelangeli lo chiamavano "marziano" perché era uno dei pochi che riusciva a fare un intero concerto non sbagliando quasi niente), i cantanti stonavano, steccavano, sbagliavano le parole. Non è che non succeda più per niente, perché comunque, e fortunatamente, le persone sbagliano e sono preda di emozioni più o meno forti che portano a errori vari, ma l'industria dello spettacolo cosa ha fatto, cosa ha voluto, cosa ha finanziato e premiato? tutto ciò che si distanziava da un possibile concetto di "dilettantismo" inteso come sbaglio, imprevisto, modifica del progettato. Tutto deve andare come è stato deciso. Allora si confezionano spettacoli dove tutto è calibrato al millimetro, soprattutto grazie a macchine ed elaboratori. L'incognita è l'uomo, naturalmente. Ma si può far selezione. E la selezione cosa premia? L'affidabilità. Cosa significa? Che se un cantante, o un musicista, o un attore o altro, che riesce a vincere determinate forze che possono portarlo a sbagliare, è considerato vincente rispetto a chi non raggiunge gli stessi risultati. Questo INDIPENDENTEMENTE dalla qualità! Il che ha significato una lenta ma inesorabile spersonalizzazione. E' logico che la macchina, e quindi l'uomo macchina, colui che riesce a staccarsi dalle emozioni, dalle paure, riuscirà a vincere la propria scommessa nella società dello star system, dove il bravo artista, anche affidabile, ma più comunicativo, quindi che può destare meno sicurezza appunto perché comunica anche quel certo timore, avrà molte meno chances.
E' questo il pensiero che mi ha destato Salvo in un commento di qualche giorno fa, e che ho ritenuto di dipanare più ampiamente qui.

2 commenti:

  1. Vale anche in molti sport, dove la componente puramente fisica, muscolare, atletica, ha preso decisamente il sopravvento sul puro talento, sull'intelligenza, sull'astuzia, sulla bellezza dei gesti, sul divertimento. Un tempo era il nobile passatempo di eleganti signori aristocratici, oggi è la professione di cavernicoli fisicati.

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  2. Salvo5:28 PM

    Caro Fabio, tu conosci la mia storia "vocale".... a 56 anni, pochi giorni fa, mentre provavo e riprovavo nella mia stanza un piccolo passaggio, che non veniva benissimo, o meglio non veniva come volevo venisse, ma proprio perchè sono un perfezionista, ho scoperto come fare, attraverso una migliore pronuncia ed un "apertura" migliore, ed ero felice come un bambino! Dopo poco sono andata su youtube e girovagando ho visto una intervista del grande Corelli. Mi ha colpito tantissimo, perchè ha ammesso con una naturalezza estrema, cosa che oggi non farebbe nessuno, che i suoi filati li ha imparati tardi, perchè cantava quasi sempre forte e col piano arrivava a farlo al massimo sul la bem. Ed ha scoperto invece i piani proprio una sera che al terzo atto di un'opera era stanchissimo e senza volerlo a fatto un pianissimo.... così molto umilmente ha ammesso di aver capito, garzie alla stanchezza e quindi forse alla energia, alal spinta minore, come fare a fare i piani anche su note alte...

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