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domenica, giugno 12, 2016

Del contraltino

Ne ho parlato così spesso che non mi ero accorto di non aver dedicato mai un apposito articolo a questa corda vocale, che in realtà lo richiede, visto l'alone di misconoscenza che lo attornia.
Dunque, da qualche tempo vengono grossolanamente equiparati alla categoria "tenori" tutte le voci maschili che rientrano grossomodo nella tessitura tra do2 e do4, terza più terza meno. Alcuni definiscono contraltini i tenori "leggeri" acuti, ma la cosa finisce lì. Ricordo che Giorgio Gualerzi definì Pavarotti un contraltino a Torino, alla presenza del medesimo, che non disse nulla, ma subendo un attacco violento da parte della (prima) moglie che recepì la definizione come un insulto. E in effetti salvo, per l'appunto, che per i tenori leggeri acuti, tutti gli altri non gradiscono questo appellativo, come se sminuisse il ruolo, ma in realtà è una solenne sciocchezza.
Garcia nel suo trattato parla del contraltino (in francese haut-contre, ma non per tutti collimano la definizione francese e quella italiana) e dice la cosa fondamentale, cioè che il contraltino non è una "sfumatura" della corda di tenore, come potrebbe essere il tenore leggero o il lirico-spinto, ad es., ma è una classe vocale a sé stante. Non è nemmeno un modo di cantare particolare, come può capitare per sopranisti e contraltisti, ad es. Per certi versi potremmo dire che tenore e contraltino sono due classi del tutto diverse, con ben poco in comune. Poi nella realtà e nella pratica ci sono, e ci devono essere, molti punti di contatto.
La differenza fondamentale sta nel fatto che mentre il tenore ha corde corte, con varie gradazioni di spessore, il contraltino ha corde lunghe e solitamente piuttosto sottili (se le avesse troppo spesse diverrebbe un basso!). Questo, pur non delineando un dato fondamentale né necessariamente standardizzato, ha o può avere un riscontro anche fisico; il tenore "classico" solitamente non ha un corpo slanciato, particolarmente alto e ha collo corto, mentre il contraltino tende ad essere parecchio alto con collo lungo. Questi dati oggigiorno vengono spesso confutati dai cambiamenti genetici dovuti in parte all'alimentazione, in parte al cambiamento di abitudini soprattutto lavorative; il fatto di non fare più lavori pesanti prevalentemente fisici, come potevano essere i minatori ma anche gli agricoltori, i "facchini", ecc., illegiadrisce il corpo e ne assottiglia i caratteri muscolari. Anche il fatto che dal punto di vista estetico oggi è preferito l'uomo alto, ha i suoi effetti nella perpetuazione della specie.
Vediamo le caratteristiche e le differenze tra tenore e contraltino. Per prima cosa si deve rilevare una sostanziale differenza di estensione. Il tenore classico è la voce con la minor estensione tra tutte le classi vocali, e solo raramente affronta con buoni esiti l'intera gamma tra do2 e do4; in genere le note basse sono fioche, poco sonore e di difficile esecuzione, anche il do4 non è mai sicuro e anzi solitamente viene eseguito con buon esito solo nella fase più prestante della vita artistica. Si vedano Gigli, Pertile, Bergonzi, Schipa sicuramente tenori autentici che tolti alcuni anni giovanili, rinunciarono al do acuto pieno e "lungo" e anche alle opere di tessitura troppo acuta. La nota elettiva del tenore è il la3, che risulta quasi sempre la più bella, sonora e di effetto, anche il sib3 è quasi sempre molto squillante e penetrante, mentre il si già tende un pochino a perdere di pienezza e rotondità, inizia a "odorare" di sforzo e perde un po' di squillo, ancor più il do, che essendo, comunque, nota miticamente necessaria, viene solitamente raggiunta con qualunque mezzo, ma raramente rimane efficiente per molto tempo. Peraltro la voce di tenore è bella, ricca, squillante, stabile. Non dimentichiamo che il tenore, come tutte le voci, può caratterizzarsi ulteriormente in almeno tre sottocategorie, cioè il leggero, il lirico e il drammatico (o lirico-spinto); poi ovviamente le classi si moltiplicano come i funghi! Il leggero è voce chiara, che affronta facilmente l'ottava acuta (pur non avendo anch'esso facilità nel do), ha ottima agilità, è la più incline al repertorio classico; il lirico è la voce maschile più bella, è particolarmente suadente e caratterizzante il repertorio romantico, soprattutto pucciniano; è anche la più piena e con l'estensione più ampia; il lirico spinto o drammatico è la voce solitamente più corta, con decisa difficoltà sul do4 ma non di rado anche sul si; ha voce tendenzialmente più scura (ma spesso è un effetto creato ad arte), piuttosto potente, con squillo forte e di effetto sugli acuti. Repertorio più tendenzialmente romantico, ma non mancano anche alcuni ruoli in quello classico (Norma, Medea).
Il contraltino è voce di estrema varietà, ci sono voce belle e anche bellissime (Pavarotti), ma solitamente non è così, risente di una certa instabilità e non è ben omogenea. I centri sono sovente piuttosto forti e scuri (tant'è vero che vengono molto frequentemente scambiati per baritoni e non di rado per bassi) e scendono quasi sempre facilmente sotto il do2, anche fino al sol e anche fa1 (pur esangui), e sicuramente salgono ben oltre il do4, solitamente fino al mib4 ma talvolta anche al fa4. Ciò nonostante la voce di contraltino si può presentare molto robusta e potente. Quando è così l'opinione pubblica non accetta la definizione di contraltino. Allora se prendiamo il caso di Merrit, o, più recentemente, di Gregory Kunde; se canta l'Otello di Verdi è un tenore lirico-spinto? E come ha potuto cantare per anni ruoli acutissimi, e ancor oggi come può cantare con facilità invidiabile aria e cabaletta del Tell rossiniano sciorinando 9 o 10 do senza debacle? Certamente non è frequente che un contraltino salga con questa pienezza e rotondità (in effetti Merrit sugli acuti schiariva molto - e steccava pure -). Abbiamo pertanto anche qui i contraltini leggeri, come può essere oggi Florez, come poteva essere Kraus; abbiamo i lirici, come erano Pavarotti e Gianni Raimondi; poi ci sono quelli che definirei "eroici", più che lirico-spinti, come Lauri-Volpi, Filippeschi, Loforese; infine alcuni drammatici come i sovrascritti Kunde e Merrit. Peraltro la voce di contraltino è più soggetta a "incidenti" di intonazione e stecche (anche Pavarotti e Lauri Volpi ne sono stati soggetti), non sempre dovuti a problemi di scarsa perizia vocale, ma dovuti propriamente alla corda lunga che ha più difficoltà a relazionarsi col fiato. Diciamo che in un certo senso è una classe vocale un po' impropria, nel senso che la corda lunga è più propria del basso, dove si relaziona perfettamente e non sottostà a problemi particolari; fisicamente (nel senso della fisica acustica) è evidente che il settore acuto è più proprio delle corde corte (basta vedere la differenza tra violino e contrabbasso, o le corde di un pianoforte o un'arpa), per cui è evidente che è più facile andare incontro a problemi di disomogeneità e intonazione, in quanto la corda ha uno spazio più grande per "centrare" la nota giusta (come nel contrabbasso) ed è molto più facile che avvengano piccoli ma significativi errori. Per lo stesso motivo l'agilità è più difficile. Nella classe dei contraltini, la porzione di corda più esaltata è quella di falsetto-testa. Il contraltino che canta in leggerezza può talvolta schiarire fino ad assumere una vocalità simil femminea (da non confondere però con sopranisti e contraltisti, che non c'entrano). Non è infrequente che con la corda sottile il cantante possa scendere anche nella zona più propria del petto; questo può aiutare nella risoluzione di qualche problema di "salita", come sapeva Lauri Volpi, che, memore delle lezioni di Cotogni, faceva attaccare le note acute e poi scendere senza irrobustire per trovare il "punto d'attacco"; in realtà lui faceva scendere mantenendo la vibrazione della corda di falsetto, per cui risalendo non avvertiva alcuno "scalino". A questo proposito affrontiamo anche la questione del punto di passaggio. In genere il contraltino sale con più naturalezza e tranquillità rispetto al tenore, che si trova quasi sempre più in ambasce! Garcia indicava il fa3 come nota di equilibrio per il tenore e fa#3 per il contraltino. Anch'io trovo che quasi sempre il contraltino si trovi più a suo agio sul fa#. Sicuramente fu un grossolano errore da parte di Lauri Volpi indicare addirittura il sol# come nota di passaggio di questa classe (lui era ben conscio di appartenervi). Il suo errore fu quello di non considerare l'età (credo che disse questo intorno, se non oltre, gli 80 anni); entrando nell'età senile, occorre tener conto dell'ossificazione delle cartilagini, che modifica anche sostanzialmente molti parametri vocali. La voce tende anche marcatamente a schiarire (lo si nota in tutti gli anziani) e di conseguenza anche il punto di passaggio (se continua a sentirsi), tende a salire. Peraltro io consiglio di non cavalcare questa tendenza e anche nelle voci giovani preferisco che l'educazione vocale parta da un equilibrio delle corde basato sul fa3, poi, se si usa buon senso, buon orecchio, morbidezza, sarà la natura a rivelare la nota più appropriata tra le due. Parliamo in chiusura della porzione "testa". Come è noto ai lettori, le modalità di vibrazione delle corde sono solo due, e si fa una certa confusione tra falsetto e testa. Nelle voci maschili dovremmo parlare solo di petto e falsetto, mentre in quelle femminili di petto e falsetto-testa, dove la testa è la continuazione del falsetto oltre il re4, dove scompare la componente petto. Non sono per niente favorevole a identificare un cosiddetto "misto", parola che detesto in campo vocale, mentre ritengo appropriato parlare di gradualità. Ora, la voce di contraltino è in buona parte assimilabile alla voce del contralto femmina, però mentre in quest'ultima l'attacco delle note di testa può essere molto difficoltosa, lo è un po' meno nelle voci maschili, che in genere, per l'appunto, riescono a entrare in quella zona, grazie alle componenti respiratorie e muscolari più marcatamente maschili, e a cantare con buoni risultati almeno fino al mib4. Pavarotti, essendo voce più centrale, credo che non abbia mai emesso in pubblico questa nota, ma re4 sì, e molto spesso anche il reb4; anche Florez credo si sia fermato al re, mentre ce ne sono diversi che si avventurano al fa4, come fu per Matteuzzi, recentemente per Abelo ma anche diversi altri.E' un azzardo sconsigliabile, bisogna avere una grande padronanza del fiato e in ogni caso considerare che lo spoggio è sempre in agguato, e le possibili conseguenze nefaste.
Nel repertorio abbiamo ruoli marcatamente contraltineggianti, come Puritani e diversi ruoli rossiniani, come Otello e Arnoldo del Tell; anche lo Stabat Mater prevede un reb4, ed è pertanto appannaggio di contraltini. Verdi scrisse una variante della parte per Jacopo Foscari per un contraltino, con una cabaletta piuttosto carina che prevede due mib4, che Pavarotti eseguì ma non in voce. Oggi sento molti tenori che si lamentano perché defraudati dai contraltini, che hanno più facilità negli acuti. E' piuttosto vero! Il problema però è dovuto al fatto che mancano i tenori!!! Opere come Andrea Chénier, Cavalleria e quasi l'intero repertorio verdiano e pucciniano, dovrebbero essere quasi esclusivo terreno elettivo dei tenori. Se non ci sono, queste opere non si fanno o vengono affidate a rozzi e generici urlatori, che non offrono certo un bel servizio a questo repertorio.

3 commenti:

  1. Devo dire che questo tuo articolo mi pare il trionfo del materialismo vocale che come conseguenza ripesca tutte le ortodossie su passaggi, note di passaggio, estensioni dogmaticamente fissate... insomma, tutto l'esatto contrario di quello che penso io. Il mondo è bello perché è vario.

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    1. ... tant'è vero che io sono la prova scientifica che tutte queste descrizioni trovano il tempo che trovano. Ho in mano due referti di altrettanto noti foniatri (Fussi e Berioli) che, nel descrivere le mie corde vocali, parlavano di tenore corto e corda spessa e corta (il classico "tenore" che descrivi qui nell'articolo insomma)... e allora come mai che il il RE lo canto? Come mai che mi posso avventurare in voce anche fino al MIb (alla contraltino)? ... allora direi che dobbiamo veramente lasciare perdere ogni tentazione di tipo descrittivo-fisico-materiale e misuratoria di lunghezze larghezze varie. :D

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  2. Anonimo10:57 PM

    Interessante tornare su questo argomento. L'esperienza dimostra come, in base all'estensione, effettivamente ci siano due tipi ben distinti di voci virili acute: il tenore "corto", compatto, omogeneo, alla Schipa per intenderci (o Caruso, Pertile, Valletti, Alva...), ed il tenore "lungo", capace di emettere note sopracute. Io ultimamente però ritengo discutibile l'uso generalizzato del termine " contraltino". Ci sono "tenori" con estensioni ragguardevoli in acuto (quindi in teoria contraltini) che però non potrebbero reggere la tessitura acutissima dei ruoli da autentici contraltini del repertorio rossiniano o belliniano. In questi casi la classificazione di contraltino mi pare lasci un po' il tempo che trova. Francesco

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