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sabato, aprile 08, 2017

Flusso mentale

"Flusso mentale operante" (frase chiave del m° Antonietti) ovvero: chi canta?
Qualche tempo fa scrissi un post dal titolo "non avere fretta", in cui esortavo ad aspettare a pronunciare, in modo da consentire al fiato-suono di scorrere tranquillamente all'esterno prima che si concretizzasse la pronuncia. Quell'esortazione è da considerarsi propedeutica a una verità più drastica, e cioè non fare! Per coloro che cantano l'urgenza maggiore pare sia sempre quella di FARE, qualsiasi cosa, di testa loro o suggerita dall'insegnante di turno, ma fare! Certamente bisogna considerare che se uno va a lezione (di canto come di qualsiasi altra cosa) è implicito che non sa fare le cose indispensabili per poter assimilare le competenze utili a fare quella determinata cosa. Intanto occorre precisare meglio questo ambito del fare. Se parliamo di imparare una tecnica, cioè un coordinamento di arti al fine di realizzare movimenti efficaci per azionare meccanismi, allora sì, dobbiamo parlare di un fare pratico e operativo a livello neuro-muscolare (saper utilizzare una macchina da scrivere o un computer, un tornio, un qualunque strumento musicale, ecc.). Questo perché c'è una non conoscenza da parte dell'uomo dell'oggetto che si va ad azionare. L'oggetto, pur essendo stato inventato da uomini, e quindi rispondente a logiche proprie dell'uomo, deve anche sottostare a principi meccanici che possono non essere facilmente conosciuti da tutti, e in ogni caso occorrono adattamenti e perfezionamenti continui fino a un punto considerato ottimale. Nel campo del canto questa fase non è da considerare! Il nostro corpo, la nostra mente, già conosce ed è in possesso di tutte le informazioni utili al perfetto funzionamento della voce. Ciò che c'è da fare è migliorare, perfezionare, però dobbiamo metterci nella giusta ottica per comprendere cosa vuol dire. Per la gran parte degli insegnanti vuol dire fare meccanicamente, cioè sovrapporre movimenti a quelli che il corpo e la mente già conoscono, impallandone la fluidità e la regolarità. Questo è uno dei motivi per cui spesso i cantanti non riescono a esprimere una eccellente pronuncia, ma è anche il motivo per cui anche quando cantano a un buon livello non sono esenti da limiti e difetti, per quanto modesti, però qui risiede uno degli aspetti più fastidiosi di questo mondo, cioè il fatto che tutti criticano e tutti sembrano criticabili. Per quanto si tratti di un'arte complessa, che quindi difficilmente può esprimersi al massimo in tutte le componenti (musica, vocalità, gesto), decenni fa era decisamente meno sottoposta all'ampia delusione che subisce oggigiorno. Non si può nascondere che una grave responsabilità l'abbia la cosiddetta scienza foniatrica; non in sé, è chiaro che la scienza medica debba occuparsi di questo ambito e fare i propri studi e le proprie considerazioni, ma per l'invasione di campo nell'ambito dell'educazione vocale. E peggio ancora hanno fatto (di fatto autorizzando quest'invasione) i tanti insegnanti che hanno voluto inglobarla nei propri metodi di lavoro, spesso senza cognizioni di causa e senza porsi interrogativi sulla reale efficacia di simili metodiche.
Dunque la vera e unica strada per addivenire a una vocalità magistrale, passa NON attraverso un FARE che si sovrapponga a quello già connaturato, ma mediante miglioramenti di ciò che già sappiamo. Ogniqualvolta noi ci mettiamo a muovere volontariamente la lingua, il palato, la laringe o il faringe, noi di fatto li escludiamo dal proprio movimento naturale già incluso nel nostro centro mentale dedicato. Se noi ci mettessimo a girare con le mani la ventola di un motorino elettrico in funzione, magari perché lento, dopo un po' lo rompiamo, perché ci sovrapponiamo e impediamo la sua regolare funzione. Nel corpo non andremo a rompere, fisicamente, ma ci interponiamo e sicuramente guastiamo la regolarità e l'alta conoscenza in sé racchiusa, con una conoscenza meccanica ben più scarsa. E' una presunzione intollerabile. Noi parliamo, camminiamo e ci muoviamo senza pensare, lo facciamo e basta. Questa è la Natura di sopravvivenza e relazione (lo hanno scritto anche insegnanti di canto e foniatri!); per andare avanti, per quale motivo noi dovremo insegnare qualcosa che in realtà è già compreso? E' chiaro che lo sviluppo e l'evoluzione non riparte da zero, ma deve avanzare, e quindi noi dobbiamo non fare cose, ma renderci conto di ciò che è latente, quindi non sviluppato, e mettere in condizioni il corpo di dare questo "di più" che è potenziale ma non manifesto, perché non necessario. Nel momento in cui "facciamo", cioè nel momento in cui ci mettiamo a muovere parti del nostro corpo senza un criterio che sia già compreso nel nostro funzionamento, scateniamo reazioni e opposizioni. Non si tratta, come qualcuno scrisse tempo fa, di considerare la Natura matrigna o l'istinto da combattere. La Natura e l'istinto fanno benissimo il loro lavoro, ma se non ci rendiamo conto che le nostre azioni vanno in contrasto con determinati funzionamenti presenti nel nostro DNA, non ci poniamo nelle condizioni per poter compiere realmente un'evoluzione, e ci dovremo accontentare di svolgere il "mestiere" di cantante combattendo per tutta la vita con l'istinto che ci obbliga a tenerci in allenamento e sostanzialmente a combatterlo altrimenti addio acuti, addio omogeneità, addio pronuncia, addio bellezza e fermezza di suono... il che poi avviene quasi sempre comunque, perché i nostri allenamenti a un certo punto, quando il corpo comincerà a non avere più le risorse della gioventù, non saranno più in condizioni di tenerlo a bada, e quindi addio acuti, addio fermezza e bellezza del suono, ecc. ecc. Quindi ecco l'imperativo: non fare, ovvero ascoltarsi, insieme all'insegnante, per capire cosa c'è da perfezionare, che sarà, per molto tempo, il non riuscire a pronunciare perfettamente, ma non facendolo materialmente mediante movimenti e forzature (della bocca nel suo insieme), ma semplicemente riconoscendolo e volendolo. Se il corpo e la mente non si sentono "violentate" dalla nostra caparbia volontà di voler far muovere determinate parti, potranno gradualmente dare il meglio di sé anche in termini di sviluppo oltre la soglia delle esigenze di sopravvivenza. Naturalmente non voglio nascondere che questo procedimento non implichi qualche necessità più pratica e operativa. L'istinto opera per diverse vie; noi non ce ne rendiamo conto ma ci troviamo spesso con la bocca storta, inchiodata, disarmonica, per cui l'insegnante è fatale che dia indicazioni (apri, apri di più, sorridi, rilassa, ecc.) per mettere il fiato in condizioni di operare al meglio, anche se non è subito l'ottimale, ed è per questo che dopo un periodo propedeutico, in cui qualche "schiodamento" è necessario, quando il fiato comincerà a svolgere appieno al proprio dovere, ecco che facilmente emergeranno indicazioni opposte, cioè "non aprire così tanto", fino al fatale "non fare", e persino "non pronunciare", NON nel senso che non si debba badare a che la pronuncia sia assolutamente perfetta, ma nel senso (ormai si sarà capito!) di NON FARE azione materiale e fisica di pronuncia, ma LASCIARE che la pronuncia venga da sé, controllando attraverso l'udito nell'ambiente in cui si sta cantando che essa sia perfetta, ma evitando di "aggiustarla" nuovamente con irrigidimenti e tensioni muscolari, che peggiorerebbero, ma TOGLIENDO tensione, togliendo forza, e qualunque altro mezzo si trovi tra la mente e il fiato trasformatosi in voce, escludendo totalmente la gola (gola morta, ma morta quasi davvero!!) e tutto quanto può assumere tensione, lasciar scorrere senza intervenire e consentire che fuori di noi si materializzi l'impero del grande, immenso canto.

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