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martedì, luglio 11, 2017

Il bruco e la farfalla

Anni fa un insegnante di canto paragonò l'insegnamento del canto alla trasformazione di un bruco in farfalla. Sulle pagine del blog risposi confutando questa metafora ("Arte e natura", agosto 2011), in quanto fu proposta come atto naturale. Viceversa il processo che porta una persona ad apprendere ad alti livelli un'arte come il canto non ha carattere naturale, non riguarda tutta la specie per cui è evidente che mentre tutti i bruchi hanno come destino il diventare farfalle (non è una scelta), il diventare cantanti "virtuosi" è di poche persone, che devono intraprendere un duro e serio percorso educativo che attiene poi a intuizioni e studi di un numero ancor più ristretto di persone, i maestri. Detto e puntualizzato ciò, si potrebbe concedere che in quei soggetti che si sottopongono alla dura disciplina, tale trasformazione del fiato sia paragonabile alla mutazione bruco farfalla. Ma anche in questo caso, a voler essere pignoli, la metafora non ci sta. Infatti questo particolare sviluppo respiratorio non è da considerarsi una mutazione prevista dalla Natura, ma una evoluzione, cioè qualcosa che solo potenzialmente alberga nell'uomo, come una necessità oltre le condizioni di vita contingenti, che solo una forte esigenza personale e spirituale può innescare, e infatti noi la definiamo una "elevazione" del soggetto, che si ritroverà non una tecnica, cioè una meccanica capace di fargli fare cose più complesse, ma una capacità globalmente avanzata, cioè qualcosa che non investe in termini di abilità il saper fare qualcosa sfruttando delle nozioni apprese (una sorta di manuale), ma si trova a saper gestire qualcosa del proprio corpo e della propria mente a un livello diverso, non comune, pur essendo presente a livello potenziale in tutti. E' credenza diffusa che la voce cantata e il parlato siano cose diverse, e questo ha a che fare con l'idea che alla base del canto (soprattutto lirico) vi sia il suono, pur basando gran parte della tecnica sul "vocalizzo", cioè su una o più vocali, però in un certo senso negando le stesse vocali, perché ridotte al rango di suoni, vale a dire imprecise e vaghe emissioni sonore, che al massimo assomigliano a vocali (cosa che può succedere anche agli animali, che emettono suoni, privi di significato, ma che possono sembrare vocali, e talvolta persino brevi parole). Se il suono è da considerarsi una qualificazione del fiato attraverso uno strumento (la laringe) (e che si produrrà in buona parte internamente), la vocale, specie se cantata, è da considerarsi una ulteriore (doppia, quindi) qualificazione attraverso un complesso apparato composto da tutto l'insieme degli organi, delle forme, dei tessuti e delle ossa che definiamo articolatorio-amplificanti (che per arrivare a definizione completa daranno il loro apporto esternamente), i quali agiscono in virtù di una conoscenza già presente nell'uomo, ma che dobbiamo sviluppare, riconoscere, portare a coscienza affinché possa concedere il massimo delle sue possibilità. Migliorare il fiato attraverso tecniche può essere un valido esercizio, sempreché le stesse non creino situazioni di conflittualità e quindi di reazione istintiva, ma non potranno mai essere realmente il percorso di accesso all'arte vocale. Il fiato è una componente con una missione specifica, lo scambio gassoso, e incidentalmente (quindi secondariamente) meccanico (l'erezione del busto e la collaborazione allo sforzo) con procedure ben definite. Il parlato non incide su queste procedure, se non occasionalmente, data la brevità dei periodi di presa del fiato, la scarsa incidenza dinamica (intensità e volume), la limitata estensione e la solitamente modesta qualità articolatoria. Il canto, specie se tendente a caratteristiche elevate, come la dinamica, l'espansione, l'estensione, la precisione articolatoria, vogliono, viceversa un fiato con caratteristiche del tutto diverse, che sappia modellare e "suonare" gli organi preposti con libertà, con padronanza, semplicità, ricchezza, ampiezza di tutte le caratteristiche insite nel patrimonio musicale di cui il nostro spirito e la nostra conoscenza sono portatori. Questa ricchezza, però, non riguarda semplicemente tutti gli uomini; essi per poter guadagnare questa posizione, sempreché gli interessi, devono essere pronti a compiere un balzo evolutivo, o per meglio dire farlo compiere al proprio sistema respiratorio; esso stesso deve diventare canto in un continuum che dal nostro centro armonico ed eufonico (cuore, diaframma, polmoni, plesso solare...) si propaghi in tutto lo spazio esterno senza ostacoli di alcuna natura, vuoi fisica che mentale. Infatti troppo spesso si insiste sul "pensare" i suoni, le posizioni, la formazione stessa delle vocali, parole, ecc. Noi già sappiamo! dobbiamo lasciarci andare a far scorrere, a consentire quell'elasticità, quella fluidità e rilassatezza proprie del nostro corpo e dei nostri apparati. Ciò che deve sempre essere vigile è il nostro orecchio, il quale dovrà compiere anch'esso un'analoga evoluzione, per riconoscere e garantire la precisione e purezza di quanto emesso; da questo procederà la correzione AUTOMATICA, non voluta e fatta dalla mente (che è un operatore fisico), ma che farà il nostro pensiero profondo, la nostra conoscenza-coscienza man mano che si svilupperà. Sicuramente l'idea che dalla nostra voce naturale (bruco) possa prendere il volo un canto libero e leggero (farfalla) è una metafora piacevole e azzeccata; occorre però comprendere che tale evoluzione va saputa innescare e perseguire con pazienza.

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