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martedì, luglio 18, 2017

L'acqua pura di sorgente

Quasi tutti i bambini preferiscono l'acqua gassata (e quindi anche tutte le bibite gassate). Anch'io seguii questa prassi e fin verso i 20 anni bevvi esclusivamente acqua addizionata (le bevande già le evitavo). Dopo un lungo periodo dominato da costanti mal di stomaco, per un caso constatai che se bevevo acqua naturale il mal di stomaco non mi veniva, per cui da quel momento abolii l'uso di acqua frizzante. Nei primi tempi bere acqua naturale mi fece un brutto effetto, perché mi sembrava di bere... niente. Quell'assenza di "friccicore" in bocca mi lasciava alquanto deluso. Ci volle tempo, ma alla fine non solo l'acqua naturale mi piacque, ma cominciai anche a riconoscere qualità diverse di acque e quindi a scegliere le marche che più mi soddisfacevano, e a trovare pessima l'acqua gassata (il secondo passo fu quello di evitare il frigo). Un discorso simile vale per il pane. I miei genitori erano fiorentini, e ogniqualvolta si andava a Firenze, ovviamente si faceva di uso del pane locale, che come è noto è privo di sale. Anche in questo caso la mancanza di sapore mi lasciava disgustato. Poi, prima di ripartire, i miei genitori ne facevano scorta (è anche un pane che dura parecchio tempo) e quindi dovevo continuarlo a mangiare per diversi giorni. Col tempo imparai ad apprezzare molto questo pane, che mi lasciava gustare il sapore genuino del companatico, senza alterarne il gusto. Questo preambolo per dire cosa? Che a istinto piace sentire una voce ricca di timbro, e per accontentare questo superficiale appetito acustico, ci si sforza di creare timbro, e questo vuol dire escogitare manovre, contorsioni, trucchi, che poi in un modo o nell'altro possiamo riassumere nel verbo: ingolare! La maggior parte degli insegnanti volenti o nolenti, in buona o in mala fede, consapevolmente o meno, portano gli allievi fin dalle prime lezioni a ingolare. Questo crea in chi ascolta (con un basso gradiente acustico-culturale) l'idea che l'allievo sia sulla giusta strada, in quanto ha il timbro "lirico" (ho sentito un'insegnante di musica dire a una classe che l'opera si chiama lirica perché il canto ha questa particolarità (cioè il timbro)! Non le è passato per la mente che forse è il testo poetico l'origine di tal nome!). Allora uno dei problemi che oggi si incontrano quando si conduce un allievo, specie se ha già iniziato lo studio in altre scuole, per la giusta strada, è che inizialmente, e per un bel pezzo, non ha contezza dell'arricchi-mento graduale della voce, e spesso e volentieri, timidamente o decisamente chiede: "sì, ma la voce lirica?". E in linea di massima già il fatto di comprendere troppo il testo a molti fa l'effetto di perdere timbro. Insomma, andare a educare fiato e voce in modo corretto fa lo stesso effetto di chi di colpo passa dall'acqua frizzante a quella naturale: appare priva di gusto e di sapore. Però in linea di massima a chi ha una voce sufficientemente ricca, il timbro verrà fuori, anche molto bello e pieno di screziature, senza perdere l'aura personale, cioè il PROPRIO timbro, che lo rende unico. Per molti, invece, il timbro non deve essere troppo personale, ma essere "quel" timbro, uguale a tutti gli altri, purché "lirico". Un po' come mettersi una divisa, così sappiamo se sei un militare, un carabiniere, ecc. E infatti una moltitudine di cantanti risultano irriconoscibili e uguali a mille altri. Nei maschi un po' meno perché il timbro di petto, quello della voce parlata consueta, è utilizzato in maggior percentuale. Ancora una volta, quindi, ci troviamo di fronte a un'analogia con l'acqua; questa volta il suggerimento è quello di pensare proprio all'acqua pura di fonte, leggerissima quando si beve, fresca, trasparente, piena di screziature, limpida, cristallina, gioiosa, che da l'idea di salute, di vita, di piacere. L'ingolamento e ogni timbratura artificiosa intorbida la nostra voce-acqua, la inquina, l'appesantisce, la rende opaca e impedisce la trasmissione di messaggi, mancando la trasparenza e la fluidità.

1 commento:

  1. Ben detto! Il timbro è ciò caratterizza il singolo, non il genere musicale a cui quel singolo si dedica. Ma quanti maestri oggi sono in grado di valorizzare la varietà individuale?

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