Fin da ragazzo ho seguito alcuni celebri investigatori; non sono un grande appassionato di romanzi gialli, ma alcuni hanno colpito la mia fantasia e il mio interesse e li ho seguiti strenuamente, sia nei libri che nei film o sceneggiati tv. Ora, facendo una riflessione, pur essendo tutti molto diversi come caratteri, metodi, ecc., ho notato qualcosa in comune: non amano la strada "moderna", scientifica. Spesso in queste storie vengono anche derisi da colleghi che invece seguono le metodologie più all'avanguardia e sembrano avere in mano la situazione... e invece alla fine l'investigatore empirico finisce per aver ragione e mandare all'aria tutti i reperti, le analisi, ecc. In pratica questi artisti dell'investigazione si affidano all'intuito. Alcuni dicono "all'istinto", ma è un errore; c'è una bella differenza tra intuito e istinto, si può dire, anzi, siano agli antipodi, ma spesso si confondono perché entrambi sembrano provenire da qualche misterioso potere sovrannaturale, che può sembrare d'altri tempi, frutto di suggestioni, di credenze, di superstizioni, senza basi concrete e a volte persino illogiche. L'intuito, come l'istinto, servono all'uomo per salvarsi da situazioni anche pericolose; il primo è ancestrale, fisico, rapido e poco intelligente, ma la sua rapidità d'azione e il fatto che possa intervenire senza riflessione anche sulla nostra respirazione, sulla nostra circolazione, può toglierci da qualche aggressione o pericolo incombente. Può anche farci cadere in trappole o in situazioni ridicole perché non ci dà molto tempo e spazio per fermarci quando il pericolo in realtà non c'è. L'intuito, al contrario, richiede molto tempo, calma riflessiva, ponderazione, anche se poi salta fuori di colpo; collega fatti, fenomeni, ricordi e valutazioni su persone e cose tentando... l'unità! cioè tentando di comprendere i legami, le relazioni tra i fatti, cose e persone che possano portare alla piena comprensione dei fatti e dei fenomeni studiati. Gli istinti sono un retaggio antico e non vanno comunque sottomessi o estinti, come è già accaduto per molti di essi, per aver creato sistemi alternativi. Pensiamo ad es. al senso di orientamento, che sicuramente l'uomo aveva molto forte nei secoli passati, quando i riferimenti pratici erano pochi e ingannevoli. Oggi tra mappe, carte e navigatori, pochi si affidano al proprio senso di orientamento, cosicché lo stiamo perdendo. L'intuito invece deriva dal nostro spirito, dalla nostra creatività e artisticità, è una risorsa che va coltivata; anch'esso può perdersi per le stesse ragioni, cioè affidarsi quasi esclusivamente a macchine, a computer, ad analisi statistiche, ecc. Ma se oggi abbiamo tutti questi mezzi è stato perché qualcuno li ha pensati e costruiti, senza avere mezzi equiparabili, ma con la forza della fantasia, dell'immaginazione, della creatività. E' un po' come la parola. Ogni tanto sbuca fuori qualche (pessimo) insegnante di canto che minimizza o addirittura demonizza la parola e la pronuncia eccellenti come contrarie al buon canto. Come dire che una delle proprietà più alte dell'uomo possa essere messa da parte in nome di che? di un'arroganza, di una presunzione, di un'ignoranza davvero straordinarie. Quando la scienza, che si interessava al canto e alla voce almeno dalla metà dell'Ottocento, prese a interessarsi in prima persona anche della formazione, dell'insegnamento del canto, un numero sempre crescente di insegnanti si è affidato alle ricerche e ai dati presentati dai foniatri, allontanandosi sempre più dall'empirismo, dall'intuizione, dalla saggezza, dall'esperienza, dall'acuta capacità di ascolto ed elaborazione dei vecchi maestri, e questo ha portato a una rapida decadenza dell'arte vocale (anche perché dalla foniatria viene preso qualche aspetto qua e là, senza basi e senza nozioni approfondite). Non è che i dati scientifici siano inutili, da non considerare, al contrario, ma sono da soppesare in un quadro già presente nella coscienza di chi opera, possono integrare e chiarificare meglio i dettagli, ma non possono sostituirsi ai concetti fondanti, da cui, viceversa, spesso le speculazioni intellettuali tendono ad allontanarsi.
Dunque, chi insegna dovrebbe essere un investigatore alla Colombo, alla Maigret, ecc., cioè sapere cose , ma intuire il perché e il percome, affidandosi senz'altro a letture, suggerimenti, ecc., ma non lasciandosi del tutto rapire da metodi, soluzioni affermazioni che si basino solo su aspetti tecnici, anatomici e fisiologici, bensì partire da possibili soluzioni a semplici domande: "perché è difficile questo aspetto? cosa c'è che ostacola e quindi come è possibile superarlo senza ricorrere a soluzioni meccaniche che non chiariscono il motivo della difficoltà?".
E' impegnativo, richiede molta energia, vero pensiero, tentativi, fallimenti, ma è l'unica strada che porta alla soluzione reale, vera. Ma anche il cantante, fatto o in corso di formazione, non dovrebbe semplicemente affidarsi all'insegnante e alle cose scritte o dette in qualunque posto, ma dovrebbe confrontarsi con quelle domande e capire se il percorso che ha fatto o sta facendo è coerente con quelle domande e con le possibili risposte.
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