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sabato, aprile 30, 2016

Il pallone bucato e la sega

Se un pallone, così come uno pneumatico, si fora, l'aria inizierà a uscire con una certa velocità, costanza, e durerà piuttosto a lungo, a seconda, ovviamente, di quanto era gonfio al momento della foratura. Ciò che vorrei portare all'attenzione è il fatto che l'aria esce con continuità e scorrevolezza senza alcun intervento esterno. Naturalmente se noi volessimo potremmo aumentare il getto d'aria premendo sul pallone, ma questo causerebbe irregolarità e probabilmente un aumento del diametro del foro. Ciò che causa la regolarità e la costanza di fuoriuscita è la tensione della superficie esterna. Nel polmone si può generare una situazione analoga. Noi dovremmo considerare che i polmoni sono, in estrema semplificazione - come ho descritto qualche tempo fa - un pallone con un piccolo foro in prossimità della laringe. Se premiamo i polmoni, vuoi con il diaframma vuoi con qualunque altro muscolo o insieme muscolare, noi scombineremo la regolarità e giusta pressione e andremo a far danni nella zona di uscita, cioè la laringe. Peraltro la cosa più sbagliata che si possa fare, è quella di arginare, di trattenere, di creare ostacoli a questa fuoriuscita. Il problema molto grande che tutti i cantanti si trovano ad affrontare è dato dalla volontà di "risparmiare" fiato e allo stesso tempo di premere per dare volume e affrontare gli acuti che sono "pesanti". Cosa si fa, quindi, in questi casi? si chiude la gola. Naturalmente non lo si fa sempre apposta, coscientemente, ma il fatto, il risultato, è quello. In pratica invece di rendere sonoro quel fiato, che in questo modo rallenterà perché aumenterà la DENSITA', bloccano il fiato fin dalle corde vocali cercando una materializzazione dello stesso. Questa manovra non è altro che un blocco, una cristallizzazione del fiato a livello glottico, che indubbiamente durerà di più, non potendo uscire, ma al prezzo di un suono rumoroso, non puro, non modulabile dinamicamente o in altri modi musicalmente esemplari. Sarebbe come voler suonare un violino con una sega!! Indubbiamente si produce molto rumore, che a qualcuno potrà anche piacere, l'arcata può essere più lunga perché i denti della sega impediscono uno scorrimento ottimale sulle corde... si valuti se quanto si ottiene possa appartenere al mondo dell'arte. Dunque il primo e fondamentale requisito del cantante che vuole accedere al canto artistico vero e puro, è quello di accettare inizialmente una fuoriuscita persino esagerata di fiato, o almeno presunta tale, la quale al difuori della bocca si trasforma in vocale. All'inizio si potrà tollerare anche che una certa percentuale di aria resti nel canto (assolutamente non H), ipotizzando un sospiro, un alito, un getto come uno zampillo di fontana, che dovrà balisticamente andare più lontano man mano che si va in zona acuta. Sarà un'esperienza particolare, non facile da accettare, una sorta di "emorragia" d'aria che il nostro istinto non gradirà molto per cui ci indurrà a ricercare timbro, voce interna, perché quella è in grado di fermare, di rallentare il getto. E invece chi vuole lanciarsi in un canto davvero sul fiato, che riempie la sala, ma allo stesso tempo facile, scorrevole, modulabile da zero a mille e viceversa, dovrà non solo non ostacolare ma agevolare. All'inizio mancherà il fiato più sovente; prendetelo più spesso! piano piano ci si accorgerà che in realtà il fiato durerà addirittura di più, ma in un regime di totale libertà, di tubo aperto e incredibilmente lungo. Quando si riesce in questa impresa, anche a piccoli gruppi, con titubanza, ma ci si accorgerà di quanto il suono resta realmente e facilmente appoggiato, prende sonorità belle, ampie, e di quanto sparisca nel nulla ogni frazionamento, ogni scalino, ogni "registro".

domenica, aprile 24, 2016

"pura siccome un angelo"

Nei testi operistici il ricorso ad aggettivi come "puro" e "purissimo", si sprecano. In campo vocale molto meno. Credo che nella pubblicistica degli ultimi decenni relativamente alla vocalità, questi termini scarseggino assai. Questo perché, al contrario, per quanto la maggior parte degli insegnanti ma ancor più quanti scrivono in merito alla voce o all'insegnamento del canto sostengano che occorre "delicatezza", "garbo", "leggerezza", nei fatti poi propendono più per attributi di potenza, di corposità, di sonorità. Se poi si entra negli aspetti più propri dell'insegnamento, riferimenti o no, fatto sta che determinate metodiche vocali non possono condurre in alcun modo alla purezza vocale, segno distintivo di ogni grande voce. Voglio però approfondire meglio la questione.
Cosa occorre per poter raggiungere una vocalità pura? In primo luogo occorre suono puro. Come sanno coloro che seguono le mie lezioni o questo blog, spiego e dimostro che il "suono" prodotto dalle corde vocali è solo la base su cui andranno poi a prodursi, esternamente, le vocali e tutta la vocalità artistica.Il suono e le vocali sembrano due fenomeni lontani tra di loro, separati. La voce è come se nascesse al di fuori delle labbra. Questo, però, può avvenire solo se il suono è del tutto puro, privo di "rumori" interni, di interferenze, libero, assolutamente libero. Quali sono le condizioni affinché si possa giungere alla produzione di un suono puro? Quando il fiato incontra le corde vocali, affinché abbia la capacità di metterle in vibrazione, deve possedere una determinata energia.In genere, soprattutto in chi inizia lo studio, questa energia è semplicemente pressione. Se si immette una pressione anche di poco superiore a quella necessaria per mettere in vibrazione le corde - in base all'altezza, all'intensità e al colore che si intende produrre - la pressione si allargherà a tutta la laringe sospingendola verso l'alto e facendo sì che oltre al pure suono delle corde, si producano veri e propri rumori, dovuti allo "sbattimento" delle corde. Questa pressione è in parte prodotta dalla volontà del cantante, per varie motivazioni (volontà di mantenere il suono, volontà di produrre più suono...), in parte si produce automaticamente a causa della contropressione che si esercita sul diaframma e che induce lo stesso a reagire premendo verso l'alto. Questa situazione si riduce nel tempo in quanto l'allenamento incide sulla tolleranza dell'istinto, però non sparisce del tutto e per sempre, ma anzi, col tempo tende a ricomparire con maggiore determinazione. Per questo occorre la disciplina che faccia assimilare la voce come se fosse un nuovo senso, un nuovo istinto, la qual cosa è possibile in quanto presente nel corredo evolutivo dell'uomo.
Produrre suoni molto forti, molto spinti, che coinvolgono molto la laringe, possono avere anche una ulteriore conseguenza, e cioè che le corde e la muscolatura laringea si irrobustisca per contenere la pressione del fiato. Questo è un "gioco" alquanto controproducente. La durezza muscolare che si instaura impedirà ogni possibile sfumatura. L'allenamento fisico diventerà una necessità insopprimibile, senza la quale il canto diventa impossibile. Al contrario, lo produzione più tenue, leggera, sospirata, sottile, indurrà le corde a vibrare al minimo soffio. Questa è la ragione per cui l'educazione vocale col frequente ricorso al sospirato, al pianissimo, al falsettino, armonici e quant'altro, sempre evitando ogni trattenimento, ogni sforzo, ogni rumore improprio, è la più salutare, virtuosa e potratrice di progresso.
Se si arriva a produrre suoni (laringei) in purezza, c'è la condizione affinché anche la vocalità sia pura, il che significa velocità, espansione, sonorità accesa, profondità e penetrazione nell'ambiente. La purezza della voce si ottiene grazie alla perfezione della pronuncia. Come ho già scritto tante volte, non ci si può accontentare di una "buona" pronuncia, essa deve essere esemplare, vera, sincera. Non ci sono possibilità di compromessi: o si raggiunge quella condizione, e allora si canterà con gran facilità, con gioia, soddisfazione, dinamica, ampia gamma espressiva, o si sarà condannati a "urlare" per sempre.

mercoledì, aprile 06, 2016

Il laser

Il raggio laser può essere identificato come un evento luminoso di estrema purezza e coerenza, privo di consistenza materica, incredibilmente preciso e di assoluta leggerezza e sottigliezza. Esso ha un elevato potere di penetrazione e viaggia velocemente e a grande distanza. La sua potenza non sta nella matericità, nel peso, nella spinta, pressione, ecc., ma nella qualità della fonte. Tutti attributi a cui noi dovremmo ambire per la nostra voce cantata. Sono la leggerezza, la purezza, la "piccolezza" - del "calibro" - a garantire la rapidità e la spazialità di diffusione, il potere di penetrazione, l'omogeneità, la coerenza. Questo disegno potrà far storcere il naso a quanti ambiscono a una voce grande, grossa, potentissima, scura, estesa. Occorre prendere atto che le caratteristiche suddescritte sono la base per poter gestire la voce in libertà, cioè per poter utilizzare la voce in base a quanto è musicalmente richiesto e quanto è soggettivamente possibile. Quanti pensano di poter esprimere grande potenza solo in virtù di una particolare tecnica, sbagliano. Ci sono modalità di accesso al canto che possono valorizzare la potenza e il timbro, ma se non ci sono le caratteristiche fisiche per sostenere una voce di grande portata, il soggetto sarà comunque destinato al fallimento e in ogni modo subirà pesanti limiti; viceversa seguendo la giusta strada, nel momento in cui si saranno sviluppate le condizioni di  scorrevolezza e libera risonanza esterna, ecco che se il soggetto si ritroverà caratteristiche vocali di particolare sonorità e colore, esse si manifesteranno necessariamente e facilmente e non creeranno alcun danno, ma permetteranno il massimo di azioni espressive e musicali. Inutile e dannoso aver fretta e cercare il largo, il grosso e grasso, l'opulente, il potente, il premuto, lo spinto... non cercare niente, coltiva la tua voce migliorando ogni volta che puoi i difetti evidenziati partendo dal parlato scorrevole, istintivo, abituati ad ascoltarla e impegnati solo nel cercarla di elevarla ad un livello più interessante. Studia la dizione, rendi la voce ricca studiando i registri espressivi (dialogica, divertita, drammatica, isterica, ,,,), recita poesie, esercita la dinamica e la velocità di articolazione, fai scioglilingua ma senza esagerare, non devi battere un record, ma rendi il testo sempre comprensibile. Recita piccoli dialoghi di vario carattere, magari con qualcuno, rendendo le parole realistiche, veritiere, contestualizza e vivile con la maggior aderenza possibile, senza enfatizzare e senza ricorrere ad effetti. La parola ha già tutto quanto serve per veicolare un messaggio, se utilizzata con il giusto corredo espressivo. Quando questo obiettivo comincia a portare buoni frutti, si può cominciare a intonare su una nota, con l'obiettivo tutt'altro che facile di mantenere quanto è stato raggiunto nel parlato semplice. Questa è la strada virtuosa per ogni canto artistico; le scorciatoie non portano lì, con tutta la libertà di scelta che è disponibile.

sabato, aprile 02, 2016

La gola chiusa

Se da sempre predico di non dar retta agli insegnanti di canto che suggeriscono di "aprire la gola", così come tutte le altre azioni dirette su muscoli o parti interne, oggi voglio arrivare a dire qualcosa di addirittura più rivoluzionario ed estremo. Nel far lezioni ad allievi con esperienze pregresse in scuole di stampo meccanicistico (quasi tutte), mi rendo conto che in loro è subentrata una necessità psicologica inderogabile di fare determinati atti, vuoi spingere verso il basso, vuoi alzare verso l'alto, vuoi tirare indietro, vuoi alzare il velopendolo, vuoi, per l'appunto, cercare di aprire la gola. Capita a un bel momento che l'allievo/a si ferma e di fronte alla mia richiesta del motivo, mi si risponde: si stava chiudendo la gola. Io avverto che non è vero, ma c'è una falsa sensazione, confondono il rilassamento delle pareti faringee con un possibile restringimento, che è esattamente l'opposto. Allora nel proporre esempi, faccio notare (e lo si evince facilmente dalla serenità e armoniosità del viso, del collo, ecc.), che io non provoco alcuna "manovra" tesa a muovere alcunché internamente, al punto di poter percepire che la gola sia chiusa e il velopendolo basso. Propongo allora di guardare cosa succede nella mia gola, ed inequivocabilmente si nota che accadono cose, ma al tempo stesso il mio atteggiamento è di una rilassatezza e staticità esemplari. Dunque quando il cantante riesce a trovare la massima rilassatezza, e canta fuori, il condotto respiratorio-vocale è totalmente lasciato alla gestione mentale, non c'è più nessun muscolo "volontario" attivo, e dunque la sensazione è che la gola sia chiusa. Guardando si vede, al contrario, che si provocano movimenti relativi all'altezza, al colore, all'intensità della vocale emessa. La rilassatezza è senza dubbio uno degli obiettivi cardini da raggiungere, al punto da sembrare un momento di meditazione profonda. Cercherò più avanti magari di realizzare un breve video sull'argomento.
Ribadisco che io sono contrario a insegnare per sensazioni, quindi non suggerisco di cercare la sensazione della gola chiusa o del palato basso, dico solo, al contrario, di non cercare di fare e di sentire la gola aperta o il velopendolo alzato, perché mettete subito in moto una tensione o una serie di tensioni sicurmemente controproducenti.
Altra possibile sensazione da debellare è quella del suono alto (peggio che mai verso le parti alte della scatola cranica o, ancor peggio, posteriori). Ma anche solo un suggerimento o esortare a una generica tendenza al suono alto, può portare a difetti rimarchevoli. Già il fatto di fare scale e arpeggi ascendenti porta psicologicamente ad "alzare", sollevare, spingere verso l'alto, tutte cose negativissime, per cui se ci si mette pure a chiedere il suono "alto", le combinazioni negative non possono che moltiplicarsi.
L'idea di un corpo statico, rilassato, di suoni non spinti, non particolarmente intensi, ma anzi tendenzialmente sospirati, è la strada del parlato, quindi della giusta linea del canto.