E' assolutamente logico che il fine dello studio del canto deve essere il piacere del canto! Ed è proprio questo il nodo: una impostazione tecnica, basata su meccanismi e tensioni rischierà sempre di sfuggire al piacere, e peraltro è sbagliato, come già detto, pensare che solo le voci naturali abbiano questo privilegio. Il maestro di canto bravo saprà rivelare la voce come un fatto naturale (che è) e questi potrà gioire di un canto facile e sempre piacevole. Io ho passato tutte le scale a partire da pessimissima (poi ho cantato anche in un coro di un grande teatro lirico:), quindi ho piena coscienza di ciò che vuol dire non nascere con una voce già bella, potente ed estesa. Credetemi, cantanti non si nasce soltanto, ma si può diventare!
La cura della voce è antichisssima; già Greci e romani avevano scuole importanti, ed è comprensibile! A quel tempo non c'era alcun sistema artificiale di amplificazione, quindi avere una voce sonora e che "corresse", era molto importante; pensate ai problemi di parlare alla folla, all'esercito... senza contare che sono sempre esistiti i teatri, all'aperto, quindi gli attori dovevano contare su una "vocalità" notevole, e anche se non si parlava ancora di un canto "operistico", è logico che comunque il canto era importante e coltivato. Come fu possibile al tempo, e fino almeno al '700, impartire lezioni di canto senza alcuna nozione di anatomia e fisiologia? Ovviamente sull'empirismo, la sperimentazione, l'intuizione artistica di qualche fortunato. Si andarono così costruendo quelle esperienze che da una generazione all'altra, più che altro oralmente, più di rado per iscritto, sono andate radicandosi. Ma a partire dal 600, con la nascita del melodramma, le cose sono andate complicandosi, perché il melodramma fin dal suo apparire chiese ai cantanti prestazioni che eccedevano la "normalità" vocale. Il virtuosismo, soprattutto legato all'agilità, era indispensabile per la maggior parte delle voci, ma anche l'estensione. In compenso non venne chiesto subito un volume notevole; i primi teatri erano piccoli e dotati di eccellente acustica; le orchestre modeste quanto a dimensioni e volume. Le cose non mutarono sensibilmente sino all'inizio dell'800, e da poco tempo si cominciavano ad avere nozioni circa l'anatomia e fisiologia. All'inizio del XIX sec. le opere divennero più popolari, i teatri vennero costruiti più ampi, le orchestre si fecero più grandi e "rumorose", le tessiture si fecero più alte, anche per superare la barriera orchestrale. E qui entrò in scena Manuel Garcia, che alle pratiche empiriche associò le prime conoscenze di anatomia e fisiologia; per far questo ebbe la possibilità di contare su alcuni dei primi strumenti di indagine durante la fonazione. Si cominciarono, così, a comprendere alcuni meccanismi funzionali soprattutto della laringe. le cose, comunque, non finirono lì. Verso la metà dell'800 infatti le richieste vocali subirono un ulteriore avanzamento, e la cosa andò avanti sin verso l'inizio del 900. Nonostante le opere richiedessero potenza, estensione, ampiezza di gamma, colore, veemenza nei declamati, agilità, la scuola del belcanto aveva seguito con coerenza e eccellenza di risultati l'evolversi dell'opera. Ogni classe vocale poteva contare su grandi voci, che potevano soddisfare la grande domanda proveniente da teatri grandi, medi e piccoli in tutto il mondo. Immediatamente dopo la guerra, la ricerca scientifica si occupò con determinazione del mondo della vocalità, con osservazioni e studi approfonditi. Da un lato questo portò a una migliore cura delle patologie, all'osservanza di migliori regole di igiene vocale, e alla migliore comprensione del funzionamento di ogni parte dell'organismo che entri in gioco nella produzione vocale. Ma la foniatria, sviluppatasi soprattutto a partire dagli anni 70/80, volle occuparsi anche della "nascita" della voce, cioè di tutto ciò che occorre perché possa svilupparsi e "impostarsi" al meglio. Alcuni insegnanti, già "empirici", si convertirono al metodo scientifico, ma questo fece anche presagire da alcuni l'idea che pur non sapendo cantare, ma solo avendo nozioni teoriche, si potesse insegnare canto. Ed ecco che da qualche decennio, chiunque si sente autorizzato a parlare di tecnica di canto e a sparare giudizi sui cantanti. Comunque non nascondiamo che anche l'empirismo ha fatto cose disdicibili: parrucchieri, calzolai... chiunque fosse stato, per qualunque motivo, a contatto con qualche grande cantante, si sentiva autorizzato a insegnare canto, dando a bere che aveva assorbito ogni segreto dal proprio beniamino. Comunque non c'è dubbio che l'intervento piuttosto fuori misura della scienza, ha prodotto qualche anomalia che si è abbattuta sul bel canto. Se l'empirismo poteva avere numerose conseguenze negative, la scienza, non ben "digerita", ovvero non saputa applicare con coscienza, non è in grado di stimolare realmente uno sviluppo della voce e della vocalità. Basta guardarsi attorno per constatare quante giovani voci siano "problematiche". Ci sarebbe da chiedersi se tornare all'empirismo di un tempo, ma anche questa è una pessima soluzione, che non è in grado, nella maggior parte dei casi, di creare voci esemplari, anche perché sta ormai perdendosi la "matrice" dell'esperienza e la consapevolezza dell'operato. Una scuola esemplare sarà quella che accanto alle indispensabili nozioni di anatomia e fisiologia, applica l'esperienza e l'intuizione artistica per giungere alle soluzioni ideali per ciascuno. La scuola di canto non è per pochi, deve essere per tutti, anche se saranno sempre pochi gli eletti che potranno accedere all'olimpo della lirica o del canto comunque si voglia intendere. La scuola pratica non può accontentarsi della scienza, che è sempre in ritardo rispetto all'intuizione e all'esperienza, ma nemmeno dell'empirismo, che è sommario e impreciso, spesso deleterio.
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