Translate
domenica, aprile 29, 2007
educare il fiato
Cos'è l'educazione del fiato? Quando, moltissimi anni fa, di ritorno dalla mia prima lezione col mio ultimo e straordinario maestro, leggevo alcuni appunti che mi aveva consegnato, sorvolai alcuni paragrafi in cui si parlava del fiato come educazione imprescindibile per raggiungere l'apoteosi del canto. In quel momento non avevo ancora capito quanto era straordinario quel maestro, avevo trascorso un periodo di delusioni e non volevo ammettere che quello fosse più bravo di altri. Avevo letto tanti libri e sentito tanti insegnanti, letto e ascoltato interviste, recensioni, critiche, ecc. ecc. e tutti, prima o poi, parlavano del fiato. Bella forza, senza fiato non si canta!! Ma quando si parlava di fiato notavo ovvietà, contraddizioni, parzialità. Del resto lo stesso potrei dire di molti termini e sensazioni. Quanti sono ancora oggi i cantanti che ritengono che il diaframma sia una parte della parete addominale? Ne ho sentiti a decine dire: tira fuori il diaframma, e buttano fuori la pancia! Non parliamo poi dell'appoggio!! Quando approdai dal mio ultimo insegnante non avevo la più pallida idea di cosa fosse l'appoggio. Avevo solo la sensazione che di quando in quando io quell'appoggio lo perdevo e la voce mi si azzerava quasi, ma non avevo, di contro, alcuna idea di come riconquistarlo (e già cantavo nel coro di un ente lirico!!!). I molti miei colleghi coetanei, che studiavano con vari maestri, anche celeberrimi, mi davano molte informazioni dirette e indirette sulle loro scuole, e i colleghi più anziani davano i loro pareri, considerando che diversi di loro insegnavano e/o erano stati solisti di una certa notorietà, e alcuni di loro ancora cantavano nella piccola provincia. Ma, ripeto, nessuna luce si aprì nella mia mente. Fu dopo poche lezioni e la lettura di alcune pagine di appunti che afferrai che il fiato non è solo "prendere il fiato", "buttar fuori" o "tirar dentro" la pancia, "inspirare" ed "espirare". Partiamo dal termine primo: se dico "educare" il fiato, cosa sto dicendo? Vi dò un'altra immagine della mia esperienza, sperando di aggiungere materiale utile alla elaborazione mentale di chi legge queste righe (credo ormai pochissimi...:-( ). Un giorno stavo guardando una trasmissione con alcuni jazzisti. A un certo punto vidi un saxofonista, che veniva presentato come un dio, sicuramente lo era, non chiedetemi chi fosse!, il quale appoggiò il bocchino sulle labbra e fece delle note celestiali. Sentii alcune cose che diceva, che ritenevo interessantissime, ma cosa mi colpiva era che quell'uomo sembrava non soffiasse!! bastava che appoggiasse l'ancia alle labbra, quasi non l'imboccava nemmeno, e lo strumento suonava! nella mia mente si aprì immediatamente un parallelo legato al canto, al "mio canto", cioè alla mia scuola, e il collegamento fu immediato. Quel grande saxofonista aveva educato il suo fiato sicché ne bastava una quantità minima, che era immediatamente sulle sue labbra con l'energia indispensabile a emettere il suono che egli aveva in mente. Nel canto di cui sto disquisendo, la faccenda è esattamente la stessa: una volta educato, il fiato non è una massa d'aria che sta entro di noi, ma è un'energia a mia disposizione. Quindi la mia sensazione non è quella di un procedimento da cui scaturisce il suono, una specie di "lotta" tra apparati muscolo-cartilaginei, dove il fiato avanza con difficoltà e necessaria forza. Il mio suono "è" sulle labbra, già bello e formato con il colore voluto, il volume e tutte le caratteristiche volute e necessarie. E questo, lo ribadisco ancora una volta, non parte da una condizione naturale, da una dote, ma è frutto di un lungo e impegnativo studio, disciplina, che ha reso naturale ciò che così non era, a sottolineare che ognuno può sempre sperare di raggiungere risultati elevati anche se non è un fulmine di guerra a 16 anni! Ma ora devo spiegare meglio in cosa consiste l'educazione del fiato.....
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento