Il m° Antonietti citava spesso una frase del suo M° Giuseppe Giorgi: "tutti credono di aprire la gola, e nessuno ce l'ha aperta!". Sulla base della mia ormai non più breve esperienza, sia personale che con allievi, devo dire, manco ce ne fosse bisogno, che i miei maestri avevano ragioni da vendere. Il mio primo insegnante fin dalle prime lezioni mi esortò ad aprire la gola, e l'ho sentito ripetere all'infinito da molti altri. Non potrò mai dimenticare le sensazioni di dilatazione muscolare faringea che ho provato per anni, ottenendo risultati mediocri. Oggi mi accorgo subito quando un allievo o un cantante induce una dilatazione volontaria della gola, e me ne accorgo perché non c'è, nel suono, alcuna naturalezza, alcuna morbidezza, c'è una "deformazione" di base che parte da un elemento fisico, il faringe, ma si ripercuote sul suono, e non in positivo.
Partiamo da capo: la gola deve stare aperta? Cioè esattamente cosa si vuol raggiungere con l'affermazione che si deve aprire la gola? In realtà il problema è esattamente opposto; quando si parla normalmente la gola sta naturalmente aperta. Il difetto nasce quando si vuol dare al suono maggiore intensità, ovvero quando si vuol raggiungere zone della gamma scarsamente usate nella vita di relazione, e segnatamente la zona acuta. Durante un canto che vuol essere più forte, intenso, e che vuole raggiungere tessiture più acute, ci troviamo con la gola che si stringe, che ci "strozza". Quindi il fulcro della questione non è aprire la gola, ma evitare che si stringa. Ma perché la gola si dovrebbe stringere? Questa è la questione chiave, che, manco a dirlo, è dovuta al fiato, o meglio alla relazione fiato-diaframma. Per dare maggior intensità al suono, ovvero per andare in zona acuta (ma anche in zona grave), c'è necessità di maggior pressione. Questa maggior pressione può essere indotta solo dall'appoggio diaframmatico. Dunque, quando una persona, per doti personali, è in grado di fornire naturalmente un maggior apporto pressorio al fiato (e lo si fa senza pensarci), la voce svilupperà tranquillamente, con un maggior impegno fisico escludente gola e dintorni, estensione e potenza, con tutte le clausole già affermate in altri post sulla coscienza vocale, la naturalezza del canto, ecc., che deve sempre fare i conti con l'istinto. I tantissimi che questa dote non hanno per niente o solo in parte, dovranno svilupparla. Allora mi chiedo: ha senso aprire la gola se non c'è l'appoggio necessario?
Se, con adeguata disciplina, sono in grado di sviluppare maggiore energia da parte del diaframma, con sviluppo dell'appoggio, e NON vado a interagire con la muscolatura faringea tentando di ottenere artificialmente un risultato, la potenza irrogata dal mio diaframma, allorquando la mia gola sarà rilassata, amplierà queste forme, dando la giusta ampiezza, relativa all'altezza, al colore, all'intensità desiderate. E' sempre la solita storia, chi la capisce ormai avrà chiaro in testa che non è MAI forzando, facendo, inducendo, ecc. che si può ottenere un risultato esemplare, ma mettendo in condizioni il nostro strumento di operare in libertà.
"Allora mi chiedo: ha senso aprire la gola se non c'è l'appoggio necessario?"
RispondiElimina"E' sempre la solita storia, chi la capisce ormai avrà chiaro in testa che non è MAI forzando, facendo, inducendo, ecc. che si può ottenere un risultato esemplare, ma mettendo in condizioni il nostro strumento di operare in libertà."
Purtroppo sì è sempre la solita storia.
Oggi si sentono tante voci "potenti", "larghe", ma artificiose, forzate, non "libere". E' questo il vero connubio: voce artistica=libertà e "viaggio" vocale. Da una consapevolezza interiore della "larghezza" conseguenza di una libertà del proprio strumento vocale cioè senza gravami di sorta, la "piccola voce" è grande già di per se senza aggiunte, forze, spinte. Non si deve ottenere ne raggiungere il suono, è già lì nella nostra vita. Dobbiamo solo far in modo di comprenderlo, vincendo l'istinto primordiale. La larghezza della gola è un falso obiettivo perchè non è l'obiettivo! Ma è il naturale e conseguente risultato di un "benessere disciplinato" fatto di luce, di interiorità, di libertà.