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martedì, novembre 15, 2011

L'ombrello

Tema molto importante.
Le corde vocali addotte hanno una conformazione simile ad un ombrello; la funzione però è opposta, in quanto non riparano da oggetti provenienti dall'alto, al quale scopo provvede principalmente l'epiglottide, ma contengono la corrente d'aria proveniente dal basso, dalla trachea. Pensate, con un ombrello aperto, di passare su una griglia da cui proviene una corrente d'aria (come Marilyn): l'ombrello, investito dal basso, frenerà il flusso aereo finché regge, dopodiché si rivolterà; ciò avviene perché non è stato progettato per resistere a questo tipo di pressione. Le corde vocali (labbra della glottide) invece sì, per cui esiste un meccanismo importante di cui dobbiamo occuparci.


Le corde vocali, da un punto di vista fisiologico, hanno lo scopo di sbarrare il cammino all'aria affinché la pressione polmonare aumenti; è un'azione necessaria per mantenere più efficacemente il busto diritto e per altre esigenze fisiologiche. Mediante vari tipi di forza che ognuno di noi può facilmente esercitare sui polmoni (pressione toracica o addominale), questa pressione può aumentare considerevolmente (come strizzare un palloncino). Come fanno le corde vocali a contrastare e contenere questa pressione? Aumentando di spessore; è la cosiddetta "massa cordale". Ora, questo meccanismo automatico comporta alcune azioni che è bene tener presente nel canto: per aumentare la massa, la laringe deve per forza abbassarsi, perché essendo il faringe a "imbuto", è nella parte più bassa (ipofaringe) che esse possono avvicinare i due punti di ancoraggio (cartilagini tiroide e aritenoide)e quindi ispessirsi. Quest'azione però crea un'altra situazione: praticamente non è possibile il passaggio alla corda di falsetto, perché essa non prevede il coinvolgimento di tutta la massa cordale ma solo del bordo. Infatti quest'azione è in pratica quel "belting" che usano cantanti di musica moderna "estrema" per cantare in una modalità "di petto" su note del tutto estranee a quel registro.
Da un punto di vista artistico le cose stanno in questo modo: il fiato deve possedere una ben precisa pressione corrispondente alla conformazione delle corde vocali relative a ogni suono che vogliamo emettere. Risulta evidente che è impossibile e velleitario pensare di poter volontariamente creare queste condizioni, ma che il nostro sistema neurologico è in grado di autoregolare questi rapporti. Nonostante ciò dobbiamo fare i conti con: l'istinto, l'incapacità di controllare le proprie forze, le tendenze inconsce. L'istinto, nei soggetti che non hanno alcuna educazione respiratoria o ne hanno una pessima, spingerà affinché dopo qualche secondo si svuoti la sacca polmonare, e questo creerà una pressione sottoglottica indebita. L'incapacità di controllo farà sì che si esercitino confusamente delle pressioni principalmente sulla parete addominale e sul torace che faranno aumentare considerevolmente la pressione; le forze inconsce sono responsabili dello stesso tipo di problema che si origina, però, per cercare di cantare con molto volume, molta "canna", e cercare acuti potenti. Agli allievi alle prime, ma non di rado anche a chi ha lunghi studi alle spalle, sbagliati, dobbiamo sconsigliare qualunque postura respiratoria "costruita", perché comporta sempre una pressione sul fiato (e quindi sotto la laringe) del tutto inopportuna (talvolta bisogna addirittura ridurre considerevolmente l'inspirazione). Ma c'è di più e di peggio. Molti ragazzi presentano notevoli difficoltà a salire sugli acuti, e spesso anche insegnanti con lunga esperienza non riescono a risolvere il problema e incolpano la mancanza di "talento" dell'allievo o difficoltà fisiologiche (e via dal foniatra...) o addirittura sbagli di classificazione. E' vero che il problema in alcuni casi può presentarsi talmente incancrenito da risultare difficile e lungo da risolvere, ma non impossibile, e occorre averne ben presente la causa. Come abbiamo già detto, l'eccesso di pressione impedisce l'assottigliamento e tensione della corda, che resta nell'atteggiamento "grosso", che corrisponde ai suoni "di petto", il che significa che il passaggio non può verificarsi o in modo parziale e scorretto (questo può comportare anche lo spostamento del punto di passaggio). Dunque la conditio sine qua non per affrontare correttamente lo studio del canto artistico, in particolare per educare correttamente soprattutto il settore acuto, è quello di ridurre ed eliminare le spinte, vuoi istintive, vuoi narcisistiche, vuoi inconsce. Il parlato è sempre da considerare il toccasana e la guida magistrale, perché il parlato si autoregola. Quando parliamo noi abbiamo la pressione adeguata al volume, all'intensità, all'altezza e al colore del suono, e abbiamo le forme interne già calibrate allo stesso scopo. Strumento (corde), amplificazione-articolazione (forme), e alimentazione (fiato) sono in sincronia e relazione automatica perfetta. Se noi riusciamo a estendere il parlato, senza cadere nel canto artificioso, nel narcisismo imitativo, nelle posture tensive e meccaniche, non daremo altro che delega ai nostri apparati di conformarsi perfettamente alle esigenze vocali. Ogni volontà di volersi sostituire ad esso o volerlo "aiutare", non faranno che allontanare il momento in cui esso potrà renderci felici con un canto puro e libero.
Alleggerire, togliere la pressione del fiato, ci darà l'idea di dare meno voce, di impoverirla, e questo comporta una reazione del nostro ego, che non accetta volentieri suoni che ritiene esili, poco importanti. Occorre dunque sacrificare l'ego, sopportare questo momento, che può essere molto breve se si ha volontà. Togliere pressione può voler dire in poche lezioni recuperare tutta l'estensione possibile e poi sentire finalmente la pienezza della propria voce con tutto il volume e il carattere proprio, ma anche con quella libertà che diversamente non si può dare. Questo ha un costo in termini di impegno, perché la canna di fiato libera, senza più pressione sottoglottica, che rappresenta un freno, avrà un peso considerevole; questo richiederà un tempo di allenamento, ma risultati sempre entusiasmanti.
Ultima annotazione. Quei docenti che inducono gli allievi a mantenere la laringe sempre bassa, dovrebbero anche rendersi conto che così facendo le corde rimangono sempre "spesse", per cui occorre molta energia per metterle in vibrazione (quindi c'è sempre una pressione elevata), ma soprattutto si rende impossibile un vero passaggio al registro di falsetto. Ecco perché alcuni cantanti che utilizzano questa meccanica (diciamo "affondo estremo"), non presentano i caratteri dei due registri e paiono cantare sempre di petto e talvolta addirittura in una classe inferiore (tenori che sembrano baritoni, baritoni che sembrano bassi, soprani che paiono mezzi, ecc.). Questa modalità non ha niente di belcantistico, di artistico, e produce una condizione biomeccanica che solo pochi possono reggere, con gravi rischi per la salute, ma anche forti limiti vocali, soprattutto di natura espressiva.

4 commenti:

  1. Il nostro sistema neurologico è certamente fondamentale per regolamentare la gestione del fiato e tutti i vari meccanismi. Ma lo è ugualmente lo stare in buona salute... (sembra la scoperta dell'acqua calda). Ho avuto modo di sperimentare ad esempio che gli ipertesi cioè coloro che soffrono di una pressione alta del sangue, tendenzialmente tendono a spingere i suoni; parlando con un amico cardiologo, il fatto si potrebbe spiegare con la vasocostrizione venosa e quindi l'iirorazione ai tessuti, ecc.ecc. Sono davvero tante le componenti che influenzano il canto artistico. Altro esempio è quello di patologie cervicali od ossee... un mio amico osteopata (da cui vanno in cura cantanti lirici anche affermati) mi ha spiegato di quanto sia importante avere lo scheletro,le ossa e l'apparato muscolare sempre efficiente. Infine le malattie riguardanti l'apparato gastrico, in particolare il reflusso. Ma una volta penso che anche i Grandi avevano sti problemi... eppure!!

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  2. ... esatto. Certamente problemi cardiaci o muscolari e persino ossei possono influenzare una prestazione canora, ma la spinta è prima di tutto una questione disciplinare, come tutto quanto appartiene a una corretta emissione, per cui se si sa cantare in modo esemplare, i "disturbi" da questioni patologiche, se non troppo serie, saranno sempre modesti, come ci hanno insegnato i cantanti di un tempo. Gigli cantava ancora in modo eccellente e a lungo quando era già minato dalla grave malattia che l'avrebbe ucciso...

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  3. salvo4:59 PM

    Infine è tutta questione di disciplina: del fiato, alimentare, fisica, spirituale. E' un modo di concepire la Vita e quindi il Canto in un'ottica Universale; diventa artistico quando non non sono ne l'istinto ne una pur minima consapevolezza della fisicità a regolamentarlo ma le semplici e ferree regole della sublimazione, dell'oltre. E' poco chiaro... ma penso sia così. Ciao Fabio.

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  4. Anonimo4:59 PM

    Gigli, ma pure Lemeshev: quest'ultimo ha cantato anni con la funzionalità di un solo polmone...

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