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giovedì, luglio 05, 2012

"Mille serpi divoranmi il petto"

Questione piuttosto rilevante riguarda una ricorrente terminologia presente in alcuni trattati antichi e oggi piuttosto in disuso, e cioè frasi come: "si darà dunque ogni scolare la fatica d'avvezzare il suo petto a dare con naturalezza la voce ed a servirsi semplicemente della leggerezza delle fauci. Se l'unione di queste due parti sarà nel dovuto punto di perfezione, la voce non sarà che chiara e armoniosa"; "ciò che chiamasi difetto di petto o di gola è la voce cruda o affogata, perché il cantante non cava nè sostiene con la forza naturale del petto la voce"; "taluni, perché ignari di saper sostenere con la forza del petto la prima nota e perché non sono nello stato di poterla reggere, credono che il miglior partito per riuscirvi sia di stringere le fauci"; "l'allievo conserverà il fiato con tanta buona economia che in progresso, accostumando così i mantici della voce a reggerla, graduarla, ritirarla, egli si renderà padrone di pigliare, lasciare, ripigliare e lasciare la voce, non che di prendere fiato secondo il bisogno, con insensibile pena e fatica". Sono pensieri di G. B. Mancini nel suo celebre trattato. Quindi ciò che risulta da quanto scritto è il ruolo attivo del torace e la relazione di questo con il fiato. L'accenno alle "fauci", cioè il movimento della zona ipofaringea, è abbastanza intuitivo: esse non devono essere tese e strette ma lasciate libere di muoversi con leggerezza, facendo parte dell'apparato articolatorio. Naturalmente esiste una relazione tra il fiato (quindi anche il petto) e le fauci, perché se il primo non è stato adeguatamente educato, la spinta, le pressioni e le tensioni generate si ripercuoteranno anche sulle possibilità di movimento leggero e libero dell'articolazione, come abbiamo sempre sostenuto. E' invece piuttosto assurdo pensare di alleggerire "le fauci" per togliere le tensioni! E' un'operazione "al contrario" che può dare l'illusione della rilassatezza, ma mancando la disciplina completa, unitaria, degli apparati, produrrà solo canto difettoso.
Il petto è il "contenitore" dei polmoni e ci sono legami stretti tra l'esterno e l'interno, come abbiamo già accennato in altri post. Quanto scrive Mancini è naturalmente degnissimo di attenzione, ma occorre cautela nel considerarlo. Perché, infatti, nel tardo '900 ha preso più piede la respirazione diaframmatica (se non addirittura addominale) di quella costale? Perché la fretta di arrivare a risultati facilmente percepibili, ha fatto preferire una strada che evitasse lo spoggio della voce. La respirazione costale, infatti, specie se mal praticata, porta con facilità a gravi fenomeni di spoggio vocale e anche a danni a carico dello strumento. Una intenzione (o pratica) rivolta verso il basso comporta minori rischi in tal senso (pur possedendo altri pericoli, ma meno evidenti e immediati). Ecco perché noi consigliamo sempre di iniziare lo studio del canto con una respirazione poco accentuata ma comunque tranquilla, che si porterà naturalmente verso l'atteggiamento diaframmatico. Solo col tempo, quando l'educazione avrà raggiunto una certa maturità, si potrà "integrare" questo atteggiamento con quello costale. Fin qui cose già dette e scritte, anche se continuiamo a ripetere perché non basta mai!! Ripetiamo anche, visto che ci siamo, che noi abbiamo la necessità di evitare che la gabbia toracica prema sui polmoni, dunque la cosiddetta "sostenutezza di petto", ancora fortunata frase belcantistica, è da intendersi come libertà dell'aria polmonare rispetto il cosiddetto "fiato erettivo", cioè un fiato unicamente - o quasi - dedito all'alimentazione sonora, scevro da quelle pressioni fisiologiche che lo rendono indispensabile alla vita vegetativa e dunque impuro rispetto le esigenze artistiche che vogliamo emergano.
Ma andiamo ancora oltre. Il Mancini dice: "al principio ciò costerà stento". Qual è il sacrificio fisico così faticoso? E' abbastanza presto detto. Se voi prendete parecchio fiato, soprattutto con intenzionalità di atteggiamento toracico, nel momento in cui "abbandonate" la posizione inspiratoria per entrare in quella espiratoria, o fonatoria, nel nostro caso, vi ritroverete in quella condizione di apnea che risulta quanto mai deleteria, e cioè una chiusura glottica pressoché completa, da cui si potrà uscire - più o meno - con il famoso "colpo di glottide", piuttosto aborrito dalla maggior parte delle scuole di canto. Questa condizione è evitabile? Sì. Io ricordo ancora quanti esercizi - del tutto volontari - mi inventai per evitare l'apnea glottica, e ciò che emerse piuttosto evidentemente, fu il ruolo primario del petto. Assumere aria a livello toracico e permanere in una sorta di "apnea non apnea" (una di quelle frasi contraddittorie ormai ricorrenti...), vale a dire un contenitore d'aria aperto senza valvola e pressioni, è una condizione possibile, e ne consiglio l'esercizio per l'irrobustimento dei muscoli inspiratori che rivestiranno un ruolo attivo anche nel processo canoro. Naturalmente, e sempre, con molta cautela e sotto osservazione, perché l'esercizio senza voce è ovviamente molto diverso da quello con il "carico" vocale che genera le note reazioni. Ancor più il rischio di chiusura si avvertirà nel momento in cui ci sarà poco fiato (a fine frase) oppure quando si tenterà una diminuzione di intensità o ancora una messa di voce. Un utilissimo strumento di riflessione, in ogni modo.
Qualche parola mi pare giusto spenderla anche su un termine quale "cavare", che il Mancini usa spesso. C'è da considerare, infatti, che la scuola novecentesca tutta proiettata verso il suono "in maschera", ha creato un controistinto per cui chi è passato da scuole di questo tipo tende sempre a "tenere su" (se non addirittura a spingere), con ripercussioni sulla qualità del timbro e mille altri difetti di spoggio e posizione del suono. Uno degli aggettivi più positivi e ricorrenti quando si parla di strumentisti, è "cavata". La cavata riguarda non solo la bellezza del suono, ma la profondità, ricchezza, ampiezza dello stesso. Se si preme troppo l'arco sulle corde di un violino o violoncello, il suono perderà bellezza perché se ne impedisce la piena vibrazione, ma la bravura dello strumentista starà in quell'equilibrio magico di pressione che consentirà volume, intensità ma anche quel tanto di leggerezza che permetterà alla corda di continuare a vibrare il più ampiamente possibile. La scuola dell'affondo rivendica una presunta capacità di cavata rispetto alle altre tecniche. Secondo noi ciò è falso, perché la pressione verso il basso che viene indotta, provoca, invece, proprio quel fenomeno di inibizione delle ampie vibrazioni che permettono il suono realmente morbido e sonoro. La "cavata" belcantistica è propriamente quello straordinario fenomeno che consiste in una capacità - difficilissima da conquistare - di sostenutezza del petto che liberi il fiato dalle pressioni indebite, e consenta, invece, un'alimentazione morbida, equilibrata e cosciente del suono senza, per contro, il pensiero del "tener su" o, peggio, spinger su, che impedisce quel chiaro-scuro delle fondamentali e complementari vibrazioni toraciche. Anche queste hanno fondamentale importanza, ma sempre se e quando possiamo parlare di libertà d'azione, e non di pressione e quindi di coercizione. Spero di essere stato sufficientemente chiaro, perché mi rendo conto che può essere un argomento - tanto per cambiare - un po' complesso.

6 commenti:

  1. Salvo3:57 PM

    Un atteggiamento che col tempo mi è venuto naturale è proprio la sostenutezza del petto o meglio quel atteggiamento "nobile", "virtuoso", che ti permette " a mo' di fisarmonica", di sentire il petto con la colonna vertebrale fare un movimento arcuandosi proprio come una fisarmonica. Devo dire che il suono migliora tantissimo ed il fiato (che è gia lì presente senza ricercarlo) entra ed esce una bellezza... Siamo comunque sempre alle solite: si sbaglia quando si pensa di fare più di quello che è necessario! Ieri, nel coro, è ritornato un tenore. Canta di fibra 'na bellezza!!! Ha comunque una bella voce ricca di risonanze,pastosa, ma risulta alla fine sguaiata e la nostra Maestra è stata perentoria: "o studi come si deve oppure non puoi fare parte di questo coro!". Domani ho una messa solenne e dovrò cantare con un soprano che "diplomatasi" ha un atteggiamento alquanto presuntuoso (già la conosco...). Ha una voce vibrata artificialmente (qualcuno in dialetto le ha affibiato un nome che non posso ripetere ma che più o meno vuol dire "pavone con..."). Ebbene lei sostiene di avere una voce importante tanto che mi ha fatto il nome della sua maestra nel Lazio conosciutissima e che le ha detto di rafforzare il falsetto con fischi e suoni stratosferici che lei spinge all'inverosimile... nel parlato ha una voce calda e quasi da mezzo soprano. Il Panis (che per un soprano dovrebeb essere una passeggiata) lo canta come se fosse un tenore lirico spinto... insomma assurdo. Ma lei e contenta come la sua maestra che le ha riferito che presto la inserirà in un'opera importante (così dice lei...). Il fiato manco a parlarne, lo prende anche sui finali dell'Ave°°°°° Maria.

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  2. Forza dell'ego, caro Salvo! Da qui passa quel confine (ma vero muro di Berlino!) tra chi ha o può avere anche il talento o i "numeri" per cantare ma è accecato e reso sordo dall'innalzamento di sè sul piedistallo, senza vero, autentico interesse all'Arte, e chi invece sa inibire questa forza malevola per far emergere il vero...

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  4. Ciao Fabio, allora secondo te nel "passo indietro" che sto facendo è pericoloso che usi la toracica in questo momento?

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  5. La toracica va sempre usata con discrezione e coscienza. Nel dubbio, e quando si è soli, sempre meglio usare una diaframmatica leggera, cioè non addominale, non affondata; all'inizio di ogni sessione di studio è comunque sempre meglio usare una respirazione semplice - che sarà automaticamente diaframmatica - e solo quando il fiato comincerà a risultare libero e scorrevole si potrà passare piano piano alla costale.

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  6. Ok...ho capito, anche perché ultimamente mi ingolfavo! Poi mi capitava anche di stare troppo su con il petto e leggendo il post ho capito che molti suoni li reggevo con la tensione del petto.

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