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lunedì, agosto 12, 2013

Aperto per ferie!

Il titolo doveva essere un altro, ma visto il periodo ho poi optato per questo, più spiritoso; si sarebbe dovuto chiamare: "Aperto, chiuso, chiaro, scuro, avanti, indietro, luminoso, spinto, leggero, alto", riproponendo un po' sempre le stesse tematiche, che sono molto difficili da illustrare per iscritto, e che penso la maggior parte delle persone che si occupano di canto non abbiano minimamente avvicinato realmente.
Se chiedo a un cantante, maschio o femmina, di fare una A nella zona che si può definire di falsetto-testa, mettiamo un sol4, tendenzialmente si sentirà una "AO". Nel caso delle donne è anche possibile un suono piuttosto velato, poco incisivo. Nel caso si chieda una A più reale, quindi anche più chiara, si potrà assistere a varie conseguenze: la A potrà retrocedere alla zona faringea, potrà diventare più aspra, con orizzontalizzazione della forma orale, il suono perderà fuoco e sonorità.Insomma, un risultato apparentemente molto difficoltoso da raggiungere. Perché avviene questo? Insistere sulla precisione della pronuncia, purtroppo porta spesso a un peggioramento, perché il soggetto per cercare di dire più A, esercita in realtà una pressione e una tensione sempre più forti nella muscolatura oro-faringea, peggiorando sempre di più la situazione. La sensazione, nella loro mente, è che la A è molto indietro, e quindi necessita di aprire sempre di più la gola, trovare più spazio. Purtroppo per questa strada si va poco lontano; la A diventa bruttissima e sguaiata, e per questo nasce il suggerimento di "arrotondarla", ovvero fonderla con la O, e poi arriviamo all'omogeneizzazione delle vocali, ovvero al peggio del peggio. Qui confluiamo in altre problematiche e altre terminologie. Aprire il suono, per quasi tutti, significa mantenere il registro di petto anche su note acute. Siccome il registro di petto è il registro della voce parlata, è più facile pronunciare correttamente anche laddove quel registro diventa un po' urlato, per questo nella musica leggera (o "moderna") si fa uso privilegiato di questa meccanica. In genere però l'uso del petto in zona acuta si associa alla spinta, ma purtroppo anche nel falsetto! Quello che non si vuol accettare è che per entrare correttamente nel falsetto, o chiamatelo come meglio vi pare, cioè nella modalità propria dei suoni acuti, è necessario passare per un alleggerimento, sempre senza far venir meno la pronuncia (e questo crea quell'apparente contraddizione che se si pronuncia di più ci vuole più forza, il che non è vero, confondendo suono e pronuncia, come dicevo nel post precedente). Dunque: alleggerendo il peso sonoro ed evitando accuratamente OGNI TENSIONE della cavità oro-faringea in tutta la sua conformazione, quindi rinunciando momentaneamente a ogni pretesa di sonorità roboante, seguendo invece la strada del sospiro, dell'alitare fluido e piacevole, noi arriveremo senza problemi alla giusta posizione della A fuori della bocca, ampia, impeccabile nella pronuncia, e aperta, ovvero giusta in quanto luminosa, chiara, amplissima. Resta, o può restare, però un problema, e cioè il timbro o corposità del suono, che in falsetto rimarrà, per l'appunto, "falso", cioè inconsistente, "sollevato", povero. E questo causa dei difetti perché non lo si accetta; il fatto è che 'dicendo', cioè pronunciando perfettamente, si può arrivare a dare al falsetto la stessa consistenza del petto. La parola pura parlata richiede - e richiama - un appoggio consistente, a causa della corda più tesa, ma assolutamente non spinta, non pressata, quindi la difficoltà, che richiede un lavoro paziente, è quello di sviluppare la consistenza dell'aria alimentante in modo che possa far suonare correttamente le corde nella meccanica di falsetto SENZA SPINGERE, perché questo vanifica l'altra condizione. Quando finalmente, con grandissima, enorme, forza di volontà, si sarà giunti a parlare intonato, si avrà la sensazione che il falsetto sia più "basso", persino molto, rispetto all'idea istintiva, e questo è un altro di quei "segreti" che bisogna pur tener presente. I suggerimenti costanti al suono "alto", sono molto spesso deleteri, soprattutto nell'affrontare le differenze tra i due registri. Nel famoso "esercizio speciale" di Garcia per la fusione dei registri, dove indica una stessa nota (iniziando da re4, dice lui), in cosa consiste la differenza tra il fare quella nota una volta di petto e una volta di falsetto? Istintivamente viene da alleggerire, sfocare, e... alzare (non per nulla nelle scuole dell'ultimo secolo si scurisce, perché questo aiuta a tenere il suono basso, ma senza coscienza!). Invece il segreto sta nel NON alzare il suono, ma "buttarlo" avanti - senza spingere, ma pronunciando - aiutandosi con le labbra, che devono assicurare che il suono non "scappi". Ricordo, il m° su questo era inflessibile, che le labbra sono "briglie e timone" del suono vocale e occorre esercitarsi di continuo per riprendere il pieno possesso dei muscoli della faccia, che io definisco la tastiera del cantante. Quando si sarà entrati in questa ottica, impensabile, inimmaginabile, ecco che ci si accorgerà che la pronuncia va in alto, finalmente, ma fuori e davanti a noi, e si perderà totalmente quella condizione interiore - che è quella che rende difettoso il canto - e ci si ritroverà ad avere un "tubo vuoto" che getta aria-suono senza interferenze, senza ostacoli, ampia, larga, e tutta la pronuncia impeccabile sta fuori di noi, alta anche altissima di fronte, come se ascoltassimo qualcun altro che canta, e noi dobbiamo solo volere, senza fare fisicamente quasi più niente. Naturalmente, e su questo insisto sempre, NON SI PUO' e NON SI DEVE cercare questa sensazione quando non si ha disciplinato il proprio fiato e quindi, pazientemente, non si è andata producendo quella condizione respiratoria che, solo lei, può portare a quel risultato artistico da noi agognato.

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