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mercoledì, aprile 23, 2014

Fisio-Logico

Dalle parole spesso usate in questo blog si potrebbe pensare che anche questa scuola ha una base di tipo scientifico-foniatrico. Io, come il maestro Antonietti, abbiamo sempre precisato che riteniamo la disquisizione di tipo anatomico e fiosologico un COMPLEMENTO allo studio del canto, NON INDISPENSABILE per chi canta, tutt'al più utile per chi insegna. Se non si sa spiegare cosa avviene realmente nelle varie parti dello strumento vocale, è bene lasciar perdere, non indugiare in testarde analisi e discussioni per lo più inutili. In particolare questo suggerimento è rivolto a chi effettivamente di queste nozioni sa poco o niente e si inventa le cose, pratica molto adottata da alcuni insegnanti assolutamente ignoranti in materia. C'è poi una questione che mi lascia perplesso: anche chi riconosce il ruolo artistico dell'atto vocale, e quindi è consapevole di un aspetto che sublima e va oltre il mero dato scientifico, talvolta contesta certe espressioni tipo  "la voce nasce fuori dalla bocca", rilevando la necessità del suono di passare comunque in gola, di nascere sulle corde vocali, ecc. Sotto un certo aspetto, che definisco fisio-logico, perché è indubbio che osservato sotto la lente della logica fisica, il suono nasce dalla vibrazione delle corde dopodiché si propagherà nelle altre cavità e quindi uscirà, il ragionamento non fa una piega. Ma l'arte sottostà ad altre logiche, che non sono "illogiche", non è che le leggi dell'arte siano incomprensibili e sfuggano alla nostra comprensibilità, ma appartengono ad una dimensione interiore al fenomeno, quindi difficilmente catturabile dalla logica del semplice funzionamento meccanico. Quando Celibidache in una splendida lezione in italiano sulla televisione svizzera dice: "io posso avere 2+2+2+2=8, (e queste possono essere 8 note o 8 battute...) oppure posso avere 2^3=8 (due elevato a 3), cioè la potenza in sé che determina quelle 8 battute" (citato a memoria, quindi con parole non esattissime), ci sta parlando di una logica che non è solo matematica, ma è interna a un fenomeno. Allora analogamente noi possiamo dire che il risultato di un suono vocale artisticamente rilevante non è 'la semplice somma o il semplice passaggio di aria sulle corde, la quale aria si appoggia sul diaframma e il cui prodotto sonoro si articola e si amplifica nelle cavità sopraglottiche', ma è quel famoso "uno", cioè un insieme di elementi che posti nella condizione di relazionarsi tra di essi in modo univoco, danno luogo ad un nuovo fenomeno il cui risultato non è la semplice somma degli elementi componenti, ma ne è la conseguenza esponenziale, per cui il suono vocale che noi otteniamo è il massimo di qualità con il minimo consumo energetico. Diciamo che è una condizione molto simile a quella descritta nella legge della relatività. Nonostante questa spiegazione richieda conoscenze non comuni, io sento che molti cantanti "antichi", senza - probabilmente - nulla sapere in merito, emettevano suoni esattamente così, facili, sonori, espressivi sotto ogni tipologia desiderata (dolce, accentata, drammatica, eroica, ecc.). Se io faccio una B, dove mai può nascere il suono? C'è forse un "ritardo" tra il momento in cui pronuncio la B e il momento in cui essa suona, perché devo aspettare che le corde vibrino e bocca e gola si accordino? No, perché tutto avviene istantaneamente; e se aggiungo una A, cambia forse qualcosa? No, la A può - e deve - seguire lo stesso procedimento, quindi 'BA' nasce istantaneamente sulle mie labbra... Quello che può impressionare e/o far dubitare gli scettici, è che questo procedimento possa funzionare sia con un semplice suono parlato che con una vocalità "lirica". Finché continueremo a ritenere questi due momenti non l'uno (il suono cantato più o meno intenso) una conseguenza dell'altro (il parlato) continueremo a perpetuare difetti e tecniche difettose perché interrompono un processo evolutivo che da suono semplice, povero ma giusto in sé in quanto già presente nella natura dell'uomo per le sue esigenze esistenziali, lo possa portare a suono di elevata portata qualitativa per "altre" esigenze", da riconoscere e far proprie al fine di superare quegli impedimenti che si frappongono nel passaggio dalla prima alla seconda condizione. Tutto ciò non è "illogico", ma appartiene a una condizione che non si ferma alla realtà fisica e meccanica ma coinvolge aspetti dell'uomo relativi alla volontà, al pensiero, alla fantasia, alla creatività, all'intuizione, che non sono facilmente afferrabili dato il loro stato immateriale, ma non per questo impossibili da comprendere e mettere in pratica. In conclusione rilevo che teorici e insegnanti che vorrebbero rimandare la vocalità artistica a una sfera esente da muscolarità e meccanicismi, finiscono per ragionare con la stessa fisio-logica e quindi rischiano di ottenerne gli stessi limiti e difetti o comunque non si rendono conto di essere in netta contraddizione.

4 commenti:

  1. Forse non c'entra niente, ma mi ha colpito molto l'ultima parte del post: sono un appassionato della Storia ed in particolare della Storia dell'Impero romano... con la fantasia a volte ho immaginato un condottiero romano, un semplice legionario o un tribuno militum, ecc. ebbene è possibile mettere in pratica questa fantasia? Sì, nel momento stesso, pur essendo il contesto diverso, inizio con decisione, impegno, a frequentare una scuola di recitazione, a specializzarmi nei ruoli storici, ad indossare costumi di scena... cioè, per assurdo, si può inseguire una meta e raggiungerla partendo da un "pensiero", una "fantasia" senza bisogno di "forzare" o di ricercare esigenze fisiologiche, esistenziali... Naturalmente questo, per me, è un esmpio fatto per assurdo, ma per il canto che esprime non certamente il solo risultato di energie fisiche ma soprattutto la sinergia di "forze interiori" e quindi impalpabili ma non .... evanescenti, al contrario...

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    1. E' proprio così, ma si può partire anche da questioni più semplici: dire "sì" con l'idea di un consenso deciso, magari caparbio, oppure timido, ma comunque sempre "vero"; oppure un "ma" di stupore, oppure di rimprovero... ecc. ecc. ecc. Giorni fa parlavo con una signora di insegnamento e lei diceva, giustamente, "oggi in prima elementare non si fanno più le aste, come un tempo, e questo è un male". Iniziare dalle cose semplici... SEMPRE!

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  2. Salvo5:07 PM

    La ricerca del suono piccolo, della parola sussurrata e poi amplificata e modulata, della pronuncia corretta, fuori,davanti a te, che si libra facile e leggera, non ha nulla a che vedere con il fisiologico.... per la mia piccola esperienza posso affermare che quando devo esibirmi, prima di cercare la voce, ricerco il mio stato interiore, la mia "essenza", quella che mi deve permettere di trovare la giusta sintonia e sinergia con ciò che mi circonda... può sembrare assurdo ma è così. Il canto nasce povero.... si arricchisce solo della sua semplicità, un canto fisiologico secondo me è l'antitesi del bel canto, perché non devo sapere cosa fare meccanicamente quando canto, è già lì il vero problema, il vero ostacolo. Ricordo in un forum di canto che un insegnante sosteneva che comunque per cantare bisognava creare cavità come se si tenessero tirati due fili dietro la nuca così da creare una posizione alta e ampia, condizione che io sento ogni qual volta canto ma come conseguenza di un fiato educato, gentile, che ormai va da solo senza che pensi a tanti meccanicismi. Ecco, ribadisco che secondo me il canto deve essere povero per essere ricco ma non voglio essere frainteso e mi piacerebbe che il Maestro Fabio potesse ampliare o correggere questo mio pensiero.Grazie.

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    1. Certo che è giusto. Ciò che mi stupisce è che anche chi vorrebbe il canto "naturale" e privo di meccanicismi e coinvolgimenti fisiologici, in realtà non sa farne a meno e sempre lì ricade. Però ammetto che la strada della disciplina del canto "fuori" è veramente dura e impegnativa, per la mente, prima di tutto.

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