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sabato, aprile 05, 2014

La voce non è un vaso di fiori

Questa frase la dicevo e scrivevo tantissimo tempo fa; forse è anche citata nei primi post del 2006. Cosa intendevo dire credo sia facile da comprendere: la voce non si può "mettere" qui o là, in maschera, sulla fronte, avanti o indietro, ecc. E' vero che in quanto fenomeno artistico la voce deve seguire la non "cosificazione", l'accadimento non voluto, non forzato, non imitato, ma non si possono sottostimare i ruoli dei sensi nel processo di sviluppo del gesto artistico. Un conto è parlare di un fenomeno artistico perfettamente raggiunto e dunque libero, un conto è parlare di come arrivarci! I casi sono due: o lasciamo che il fenomeno vocale accada, come avviene nel parlato, oppure andiamo verso una disciplina di apprendimento; il primo caso non può essere naturale, perché sconosciuto, o artisticamente nullo. Il secondo caso, cioè seguire una disciplina che non può fare a meno dei sensi, pur in una direzione di annullamento, è indispensabile. Quando si ascoltano le esecuzioni di Celi, da principio non si capisce niente; a qualcuno sembra un'esecuzione come tante, a qualcuno sembra un'esecuzione manierata, a molti sembra semplicemente uno che dirige lentamente. E questo perché? Perché mancano i criteri di ascolto. Allora il mio suono "fuori" è paragonabile al suo dirigere "lento". Cioè confondiamo il tempo con la velocità, ovvero il dentro con il fuori (guarda caso). La musica non è lenta o veloce, che è un parametro morfologico, esteriore al fenomeno musicale, il tempo è un parametro interno; se io non sono "nella" musica, il tempo non lo capisco, percepirò solo l'aspetto fisico, ovvero il suono, che non è musica, ma vibrazione fisica caduca, mortale. Il suono musicale è pensiero e dunque libero dai gioghi fisici. Si può percepire anche intuitivamente, ma in genere occorre una disciplina e una guida per poterci arrivare, perché i sensi non sono pronti a ricevere un gesto artistico. Gli allievi fanno mille suoni e li trovano quasi tutti uguali, mentre il maestro ne distingue ogni differenza; è lampante che il senso uditivo o più generalmente percettivo dell'allievo è estremamente limitato e il compito dell'insegnante è quello di stimolarne lo sviluppo. Non posso partire dal fondo, cioè dal suono perfetto, perché è inconcepibile per il discente, e anche impossibile mancando la libertà di esecuzione, e la libertà si può solo acquisire liberando il suono vocale dal giogo delle strutture fisiche caduche che lo generano, cioè il corpo mortale, considerando che il suono vocale perfetto è espressione del pensiero-conoscenza (tutto ciò lo approfondirò in un lunghissimo post in preparazione). Mandare o portare il suono fuori è sbagliato e foriero di difetti gravi. Già il termine "suono" è sbagliato, perché il suono è misera produzione di vibrazioni laringee, qualcosa, per l'appunto, di caduco, di mortale, di effimero, simile a tutti gli animali e a cose. Ciò che distingue l'uomo e quindi il valore qualitativo della conoscenza, è la vocale! E la vocale NASCE fuori, non è portata o mandata, cioè, rifacendomi al discorso precedente, nasce "dentro" al gesto artistico, non è esteriore e quindi fisicamente manovrabile, così come la vera Musica non è "lenta" o "veloce" ma nel tempo giusto o sbagliato in base al contesto, quindi il RICONOSCIMENTO da parte di un orecchio sviluppato, che sarà a un certo punto anche quello dell'allievo, che nello spazio acustico in cui dovrà esprimersi, NASCE il suono vocale perfetto e libero; libertà, come scrissi pochi post fa, intesa come FLUSSO MENTALE OPERANTE; meno cosificato di così, si muore!!

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