La tecnica è la scala che conduce all'Arte, ed è una scala irta e lunga che, spesso, appare infinita: solo pochi, nella Storia dell'umanità, riescono a percorrerla tutta, riconoscendo che ha una fine e che è una scala che conduce indiscutibilmente a quella perfezione dove è possibile spaziare, dove lo "spirito" lascia sulle scale il "corpo" e non si preoccupa più di esso, perché lo ha completamente abbandonato e superato come mezzo di conquista o di identificazione. Si riprenderà questo corpo quando si "ridiscenderà" nelle altre vicende della vita, cioè quando si rientrerà a vivere con gli altri esseri, ovvero quando ci si ritroverà con gli altri sulle scale della tecnica esistenziale, per poi rilasciarlo di nuovo quando si camminerà con quell'Arte che non deve avere preoccupazioni per esprimersi.
Il termine "tecnica" qui è usato con l'accezione di "mezzo" attraverso il quale si conquista l'arte. Abbiamo poi preferito definirla disciplina per non incorrere in confusioni, e infatti di seguito si trova la precisazione.
I metodi per fare dell'Arte e quelli per fare della tecnica sono completamente diversi, anche se relativi, perché l'artista conosce i metodi tecnici, ma il tecnico non può mai, in nessun caso, conoscere il metodo per conquistare l'Arte. Indubbiamente vi sono delle affinità, perché hanno in comune il materiale usato, che si può tecnicizzare o elevare a conquista sensoria, ma è indiscutibile che il processo tecnico e quello artistico sono e saranno sempre diversi per la semplice ragione che la tecnica, in ogni caso, è sempre perfettibile, mentre l'Arte, quella vera che intendiamo noi, non ha e non può avere un oltre.
Il concetto di "non oltre" è uno di quelli che ci espone alle maggiori critiche, perché è ritenuto impossibile, presuntuoso, saccente e addirittura blasfemo! Siamo a un bivio: accettare la possibilità che si possa conquistare una condizione di perfezione o non accettarla. Nel primo caso si può proseguire, nel secondo ci si taglia automaticamente la possibilità di entrare in questo percorso. Legittimo, però per costoro il resto del trattato diventa inutile.
Accettiamo che vi siano stati valentissimi cantanti e valentissimi insegnanti che ci hanno tramandato utili consigli, ma siamo costretti a ripetere che è assolutamente impossibile insegnare canto per iscritto.
La trattatistica si è andata popolando soprattutto nell'ultimo Secolo di un numero considerevole di testi. Non vogliamo dire che siano inutili, senz'altro vivacizzano la discussione, però molto spesso sono disorientanti e illusori, quando non confusionari. Sicuramente bisogna considerare che non possono, in nessun modo, aiutare nessuno a cantare o a migliorare vocalmente, sia che siano stati scritti da cantanti, per quanto bravi, sia da insegnanti. Nessuno può sapere quanto questi possano avere piena consapevolezza del processo educativo vocale, per cui occorre sempre porsi alla lettura con un atteggiamento critico, seppur possibilista.
Ieri sera, partecipando come spettatore ad uno spettacolo di cori e solisti, commentavo con alcuni amici come ci fossero delle bellissime voci tra i coristi e come invece alcuni solisti (soprani tenori e bassi/baritoni) lasciassero molto a desiderare. il solista, indubbiamente deve avere un certo carattere nel senso che deve esibirsi "senza nascondersi" nel coro, si atteggia, spesso, con presunzione ... il corista invece può, a volte per un senso di timidezza, nascondersi e "lasciarsi andare" cantando insieme agli altri.... certamente parlo di cori "amatoriali" e/o semiprofessionali.
RispondiEliminaMa allora, cantare artisticamente non è da tutti? cioè anche se il buon Dio ci ha dato quasi a tutti delle corde vocali, una laringe e tutti gli apparati giusti (ad eccezione purtroppo di patologie invalidanti), potenzialmente non ci dovrebbe essere limite al raggiungimento del "non oltre", e la cosidetta "stoffa", il terreno che ti permette già di cantare aprendo bocca, è solo un inizio, una dote che però non significa che raggiungerai sicuramente l'Arte.... Partendo tutti dallo stesso punto cioè una morfologia sana, tutti possiamo assurgere alla "perfezione" del canto.... ma chi arriverà a tale condizione finale? Non chi ha, ma chi sa; Non chi pensa di sapere, ma chi ha sperimentato sulla propria pelle il sacrificio e l'onestà delle proprie "ambizioni spirituali"... Chi sa cantare, dopo essere arrivato a tale condizione, non deve dimostrare nulla, perchè E'... sta lì a mostrare la strada, non dimostra ma insegna a chi vuol "conoscere", senza mire velleitarie. E' come un richiamo.... sta a noi decidere: buttarci nella mischia o sperare in un traguardo "integrante" che ci avvicina all'essenza della nostra natura spirituale? Il canto in fondo, non è retorica, è Anima.
Interessante osservazione, che merita sicuramente una risposta e forse anche un approfondimento. Prima di tutto c'è la questione della padronanza. Ci sono persone superficiali ma con la "faccia tosta", che non si vergognano e non hanno timore a esporsi facendo una certa cosa (può essere il canto, ma anche il semplice parlare in pubblico, recitare, ecc.) per cui non hanno particolari studi e magari neppure inclinazione, ma può capitare che riescano a trovarsi un piccolo pubblico (oggigiorno, magari con qualche spinta, anche un pubblico più vasto!), mentre ci sono persone che anche quando già a un livello buono, sono in perenne dubbio e temono il pubblico, la figuraccia, il fallimento. Queste però possono arrivare a coronare il sogno quando saranno realmente padroni della loro materia. Ci sono poi persone che magari riescono facilmente in una certa disciplina, come può essere il canto, ma non hanno un'autentica passione o interesse, ma vogliono riuscire per sete di successo. Queste sono persone un po' da compatire, perché sovente prendono delle "tranvate", nel senso che ci mettono tutto e anche di più, soffrono terribilmente e studiano come pazzi, e magari arrivano anche ad alti livelli, ma spesso si accorgono che "quella cosa" non è niente; hanno tradito l'arte in nome dell'ego e del narcisismo, e non hanno compiuramente contribuito a diffondere quell'arte, e il più delle volte terminano la loro carriera in condizioni di depressione anche grave. Non è detto che arrivino a capire cosa è successo, ma non credo che possano vivere realmente felicemente.
Eliminanon ho risposto a tutto, cercherò di farlo in seguito, sono osservazioni stimolanti, grazie.
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