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mercoledì, dicembre 16, 2015

Appoggiar

Anni fa in una sezione dedicata al canto in un forum musicale, un interlocutore scrisse: "prima di discutere mettiamoci d'accordo sulla nomenclatura". E partì dando una sua definizione di maschera. Al che, già mi passò la voglia. La questione è la seguente: qualcuno, un giorno, si inventa un termine, nuovo o esistente nel vocabolario - con altra accezione - per descrivere sinteticamente una sensazione, una osservazione, un dettaglio, una percezione, ecc. Propagandosi tra allievi e amici, il termine a un certo punto può piacere e diventare di dominio pubblico. Rodolfo Celletti, scrivendo frequentemente e abbondantemente su libri, riviste e periodici, inventò una miriade di parole per descrivere le sue critiche a questo e quel cantante, al punto che diverse di esse diventarono "patrimonio" dei tifosi melomani che talvolta ancor oggi li utilizzano (voce anfotera, tonitruante...). Se si può perdonare l'uso giornalistico, molto più seria è la questione in ambito didattico. Purtroppo Celletti, incocepibilmente, percorreva anche quello!. Comunque, una volta adottati determinati termini, gli stessi possono sparire allorquando i colleghi non vi si ritrovano più. Termini come "gorgia" e "garganta" sono definitivamente spariti dal vocabolario vocale; altri come petto e falsetto sono rimasti. Il brutto della situazione è che essendo stati scritti, un tempo, oggi vengono interpretati da chi va a rileggere quei testi; lo fece Celletti e diversi altri l'hanno fatto successivamente. Siccome allora non si creò una sorta di vocabolario che definisse in modo inequivocabile cosa intendesse l'autore con quel termine, hanno buon gioco insegnanti e pubblicisti a dare una propria versione, il più delle volte diverse l'una dall'altra.
La terminologia, le parole, nel canto sono più una spina nel fianco che un ausilio. Ognuno può dirle e interpretarle come meglio crede, le smentite comunque valgono allo stesso modo, non si può imporre una verità terminologica.

Per l'appunto, un giorno chissà chi si inventò l'appoggio. E' un termine mediamente recente ed è diventato un termine-mito! Non se ne è parlato per secoli, oggi se non ne parli ti considerano ignorante e disinformato. Gli insegnanti, quindi, fin dall'inizio del percorso parlano di voce appoggiata. Alcuni intendono voce appoggiata sul diaframma; altri intendono fiato appoggiato sul diaframma, altri dicono voce appoggiata sul fiato, corde vocali appoggiate sul fiato, e diverse altre sfumature. Non entro poi nella dolorosa differenza tra appoggio e sostegno, perché non ne uscirei più, se non con epiteti e ingiurie.
Nella vita quotidiana l'appoggio si riferisce a un oggetto che per questioni di stabilità fa forza su un altro oggetto che offre sicurezza. Molti allievi di canto si appoggiano al pianoforte o a sedie o altre suppellettili per scaricare un po' di peso e stanchezza. A volte si appoggiano su una gamba per far riposare l'altra. Atteggiamenti che andrebbero evitati perché squilibrano gli apparati. In genere, comunque, l'appoggio si rivolge verso il basso, favorito dalla Legge di Gravità. Le solette, le travi, i tetti delle case si appoggiano a muri e colonne. Questo esempio ci richiama propriamente a una scienza fisica, la statica, che già dovrebbe farci un po' riflettere sulla scarsa analogia col canto, perché esso è un procedimento dinamico.
Per la verità in testi più retrodatati, non pochi teorici del canto facevano riferimento a un appoggio diverso da quello oggi imperante, cioè diaframmatico, ma parlavano di un appoggio toracico. Non so se qualcuno, nel tempo, ha anche accennato, con ipotesi favorevole, a un appoggio laringeo o glottico, ma purtroppo esiste, anche se in termini molto sfavorevoli.

L'utilizzo continuato, ritenuto indispensabile, del termine appoggio, si lega a una pratica imperante nelle scuole, che consiste nel premere un qualcosa verso il basso, nell'illusione di ottenere un cospicuo vantaggio in termini di intensità e timbratura. Non è che non sia vero, ma è una pratica considerevolmente dannosa e errata dal punto di vista di un risultato artistico di rilievo. Cosa si preme verso il basso? Non è possibile premere l'aria (o il suono), per cui si premono muscoli e cartilagini. Se davvero si premesse l'aria, essa non uscirebbe, dunque con cosa si canterebbe?? L'ipotesi dunque di "voce appoggiata" è un modo di dire che non può corrispondere alla realtà. Si appoggia, ovvero si fa forza, su muscoli e parti interne per averne un ritorno energetico favorevole. Qualcuno lo descrive come la tensione dell'arco prima di scagliare la freccia. Peccato che in quel caso ci pensino le mani, nel diaframma non è possibile. Questo è il punto debole di tutti i pubblicisti e gli insegnanti. Tutti sanno che il diaframma non è governabile, ma tutti propongono una soluzione (salvo che sono pressoché tutte inventate e errate): premere la laringe, premere con i muscoli addominali oppure al contrario lasciare che la pancia avanzi, premere sulla schiena... ecc. ecc. Tutte, abbiate pazienza, idiozie! Le acrobazie che i cantanti, poveretti, compiono su pancia, schiena, ventre, fianchi, laringe... non fanno che deturpare il loro corpo e distogliere la concentrazione dalla cosa più importante: il canto! Se il canto è oggi un'accozzaglia (talvolta orribile) di suoni senza alcuna verità, è anche dovuto a questo.

Qualcuno giustamente domanderà: ma allora non esiste l'appoggio? In questo blog non se n'è parlato spesso? Nelle lezioni, in questa scuola non si parla e non si persegue l'appoggio? Sì, e infatti chi ha voglia e pazienza può trovare qui diversi riferimenti. La questione sta in termini piuttosto semplici, come sempre. L'appoggio esiste nel senso che il fiato, o meglio i polmoni, si appoggiano delicatamente sulla parete diaframmatica. E' vera anche l'altra cosa, e cioè che una parte del fiato, quando investito dalla pressione conseguente il canto, agisce verso il petto. Questo avviene naturalmente. Non c'è alcun bisogno di provocarlo e accentuarlo. Il grosso equivoco è nato, per l'appunto in tempi recenti, quando qualcuno si accorse che si poteva cadere nel problema opposto, cioè che la voce si "spoggiava", ovvero perdeva caratteristiche di pienezza, facilità, brillantezza e anche di estensione e intensità. Dunque non esiste alcuna necessità di appoggiare, cioè di provocare volontariamente ciò che avviene tranquillamente da solo! Il problema nasce quando le metodiche folli di insegnamento, provocando le reazioni del nostro fisico, richiedono in tempi insufficienti di raggiungere grandi esiti in termini di volume, intensità, estensione e timbro. Allora nasce l'opposizione del diaframma a lasciarsi dominare e la sua reazione e quindi il sollevamento anche repentino che provoca i difetti vocali di cui sopra. Quindi se parliamo di questo, e l'abbiamo fatto, è sempre e solo per illustrare la questione e consigliare orientativamente le persone di buon senso a prendere le distanze da chi induce a varie manovre fisiche per raggiungere un qualcosa che si raggiunge benissimo, e meglio, evitandole!!

Non ho ancora finito, abbiate pazienza. Questa spiegazione probabilmente a molti non basta per togliere dal capo anche un'altra fissazione, cioè che, spontaneamente o artificialmente, l'appoggio si debba avvertire, e lo si senta a livello grossomodo di pancia. Anche questa percezione deve sparire. Che ci sia un coinvolgimento del diaframma è ovvio, ma ancora una volta devo insistere affinché ci si rivolga NON alle percezioni e sensazioni fisiche, soprattutto interiori, ma al CANTO, alla VOCE. Noi possiamo parlare di un benefico riferimento all'appoggio quando avvertiamo che il fiato si è completamente mutato in voce, ovvero quando il flusso aero-sonoro è diventato canto, vocale totalmente sonorizzata nell'ambiente esterno, in totale libertà, quindi, ovviamente, senza incontrare alcun tipo di resistenza, di ostacolo o impedimento. La voce con la consistenza dell'aria giusto un po' più densa, ma ricchissima di vibrazioni interne, di squillo, di armonici e quant'altro è in potere del nostro corpo di renderla viva, elevata e profonda di significato e virtù. Comunque si intenda l'appoggio, la percezione deve sempre avvenire davanti, cantando, la conseguenza piacevolissima, beante, quasi magica o miracolosa, di aver abbandonato il corpo fisico e guidare solo con la volontà artistica, avendo soppresso ogni spinta, ogni appoggio interiore, ogni compromesso.

1 commento:

  1. Ho letto con molto gusto le sue affermazioni sull'appoggio e sostanzialmente le condivido... però mi permetta un'aggiunta, spesso parecchi fra coloro che si piccano di essere intenditori sopraffini e depositari del Verbo Lirico, troviamo elementi che faticano a trovare luoghi dove "appoggiare" la loro esausta ed arzigogolata materia grigia...

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