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sabato, agosto 13, 2016

Dal passato al futuro

L'arte è verità, dunque una realistica manifestazione d'arte, come può essere un canto esemplare, ci porta in una condizione senza tempo, ovvero nel tempo musicale, non misurabile con strumenti meccanici ed "esterni". Nella voce pura c'è il passato il presente e il futuro, ovvero da dove veniamo e dove andiamo, dunque chi siamo! Questo lo possiamo anche tradurre con: la fine è contenuta nell'inizio. A cosa faccio riferimento con queste espressioni? Con la generazione della voce (con vocale "vera", pura) che deve avere in sé "il futuro" di quanto si sta cantando. Capita sovente che io fermi l'allievo quasi immediatamente dopo l'attacco (se non prima!!) non tanto o non solo perché la nota non è stata presa correttamente, ma perché in essa non c'è "futuro", cioè è inutile proseguire perché, anche se accettabile, appare evidente che mancano le condizioni affinché le note successive siano perlomeno altrettanto accettabili. Ma non solo. Capita che io dopo l'esecuzione di alcuni esercizi, considerati validi o sufficienti, io torni indietro o chieda un ulteriore salto di qualità, perché si avverte che non è pensabile di affrontare una successiva parte di esercizi, magari in una zona più acuta, con quello stesso livello, perché è evidente che sarà un risultato troppo modesto. 
Qualche anno fa sentii dal vivo un cantante piuttosto celebre, che in quei giorni stava anche esibendosi in un importante teatro in Medea, cantare "il lamento di Federico". Dopo poche note non mi chiesi come facesse a cantare la Medea, ma mi chiesi come avrebbe fatto, dopo circa un mese, a cantare Don Carlo in un altro grande teatro. Infatti fu sostituito alla generale. Tutto questo pensiero mi è nato oggi, perché un'allieva, dopo qualche correzione, ha emesso una vocale "in stato di grazia" e a me è uscito: "ecco, questo è un suono che ha un futuro". Dopo un secondo ho realizzato cosa avevo detto, quasi inconsciamente. La mia percezione profonda aveva realizzato la situazione di un suono che "prometteva". Allora posso ancora ampliare quanto esplicitato sopra dicendo questo: l'attacco è una promessa, così come il musicista che compone, nelle prime note del suo lavoro espone un'idea, che è una promessa; è promessa di farci godere, di farci sognare con quanto seguirà, un seme che dovrà dare (contenendola già in nuce) una magnifica pianta. Il cantante che sa attaccare, che sa far nascere, generare, nel nulla e dal nulla, un suono vocale purissimo, espone un piano, una prospettiva di un percorso musicale, sonoro e verbale che nel "suo" tempo (distogliendoci totalmente dal tempo fisico) ci riempirà di gioia e di sofferta passione. Dato che spazio e tempo sono intimamente legati, devo anche dire che un suono "fermo", un suono che non fluisce, che non "corre", non può avere alcuna possibilità di futuro. E' un suono inutile, fine a sé stesso. Il cantante, qualunque cosa faccia, un esercizio parlato, un vocalizzo, una frase di un'aria, deve porsi in quella condizione in cui la fine (del vocalizzo, aria, frase, ecc.) sia contenuta nell'inizio. Se deve fare cinque note, mettiamo, non sono realmente cinque note, ma nella prima nota ci dovranno già essere le quattro successive, ovvero non una nota dopo l'altra ma una nota elevata a una potenza (quindi dotata della necessaria energia) tale che faccia sbocciare e sviluppare l'intera articolazione. Mi è capitato di usare questo mezzo: "fai la prima nota, immagina quelle centrali, e riesegui l'ultima", e varie altre forme (fai la prima, accenna pianissimo le altre e concludi di nuovo in voce, ad es.). Viceversa ascolto frequentemente cantanti che cantano realmente solo una nota ogni tanto, tralasciando di dire, di pronunciare, di comunicare quanto sta in mezzo. Non è, si badi bene, la stessa cosa! Qui ciò che sta in mezzo è come se non ci fosse, in quanto la prima nota non è "futuribile", è morta in sé, non ha vita. Avere vita vuol dire avere futuro. Come dice Celibidache "se muore subito è perché le ragioni perché è apparsa erano troppo deboli". Cioè non promettono niente, non c'è un piano, non c'è... per l'appunto, la FINE. 

1 commento:

  1. Nulla è bello tranne il vero: il vero soltanto è amabile.
    Grazie Maestro per il post!

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