Affligge molti studenti di canto il problema di cantare musica cosiddetta "moderna" avendo, magari, una formazione lirica o volendo cantare entrambi i generi. La questione non è propriamente sciocca, perché da qualche tempo esistono generi che potremmo definire, seppur impropriamente, misti. Il musical è un genere piuttosto nuovo dove alcune voci devono salire anche su note acutissime e, peraltro, nel centro cantano come nella musica leggera. L'unica, fondamentale, differenza, consiste nell'uso di microfoni, ma questo non toglie che la preparazione vocale non può essere troppo superficiale. Anche molte canzoni, specie portate al successo da alcuni cantanti americani, richiedono estensioni ragguardevoli, per le quali non basta una vocalità spontanea.
Dunque, la domanda che moltissime volte mi viene rivolta, è: "non posso cantare l'ottava do3-do4 in falsetto, come si fa nella lirica, perché risulta del tutto fuori stile, quindi dovrei cantare di petto? ma, ammesso di riuscirci, come proseguo, nel caso sia necessario salire nella successiva ottava?" Quindi il problema che angoscia di più, soprattutto LE cantanti, riguarda il settore dove lo studio tradizionale prevede il cosiddetto passaggio (fa3). Facciamo una escursione storico-stilistica. Negli anni 40-50, la musica leggera, contaminata dal jazz che si andava rapidamente diffondendo, vede il successo di alcuni diversi stili, ma fondamentalmente uno melodico, molto soft, e uno più "duro". I cantanti provengono comunque ancora da scuole di canto accademiche, magari con durate più brevi, ma in cui emerge una vocalità piena ma morbida. Stranamente non si ha una percezione di un canto dichiaratamente "di petto", seppur neanche falsetto. Dunque è evidente che qualche testa fine c'era! Sentite Tajoli, il giovane Villa, Buti... ma anche il trio Lescano o Nilla Pizzi! Alla fine degli anni 50, inizio 60, con il boom economico, scoppia anche il boom degli "urlatori". In questo periodo, e per diversi decenni, i "canzonettari", specie quelli delle canzoni estive, da spiaggia, urlano a gola spiegata. Anche la giovane Mina ci dava dentro a tutto petto, fino al do4 e anche oltre. Ancora nei concorsi degli anni 80 la maggior parte dei cantanti di musica leggera cantava tutto di petto; ricordo che diverse allieve del mio m°, ragazzine di 15-16 anni, vincevano concorsi a go-go con questa impostazione (ho ancora alcune registrazioni). Ma le cose sono poi cominciate a cambiare con l'arrivo di alcune cantanti del Nuovo Continente che cominciavano a far uso anche di falsetto e testa per andare sugli acuti. Anche in Italia sono balzate al successo alcune cantanti che facevano uso dei due registri, magari esternando di aver compiuto studi lirici. Ora si tratta di chiarire cosa eventualmente cambia e a cosa fare attenzione quando si studia. Purtroppo devo anche fare alcune considerazioni poco eleganti ma necessarie. Lo studio del canto lirico, in una elevata quantità di scuole italiane, con le annose questioni della "maschera", della gola aperta, della laringe bassa e via dicendo, storpia orribilmente suono e soprattutto pronuncia, per cui il risultato è quanto di più lontano possa esserci per un cantante "moderno". Per cui devo dire che volendo rivolgersi a un insegnante che predilige il canto lirico, occorre in primo luogo accertarsi che il suo insegnamento prediliga la parola e la vocale pura, altrimenti meglio evitare. Per ragioni diverse io sconsiglio /e mica poco!!) anche le scuole di ispirazione foniatrica, tipo SLS e voice craft.
E andiamo a spiegare.
In primo luogo introdurrei il concetto di CARATTERE! Vedo piuttosto raramente fare riferimento a questo aspetto della voce, che invece secondo me è essenziale; in alcuni casi è determinante per la classificazione della voce o, quantomeno, per il "sottoinsieme" di classe (lirico, drammatico, leggero...). Faccio due esempi legati al repertorio operistico: la Santuzza della Cavalleria rusticana viene solitamente eseguito da mezzosoprani, ma sta in una tessitura accettabile anche per qualunque soprano (tant'è che molte l'hanno cantato); il fatto è che il carattere del personaggio si presta maggiormente alla voce del mezzosoprano, specie nella famosa scena della "malapasqua". Al contrario il personaggio di Adriana Lecouvreur, anch'esso scritto su una tessitura buona per entrambe le classi, si presta maggiormente al soprano (infatti non mi pare che nessun mezzo l'abbia portato in scena) perché ha un carattere eminentemente sopranile. Per fare un altro esempio ancor più di ampio spettro, se pensiamo a Placido Domingo, al di là della sua vocalità sicuramente molto discutibile, ma il passaggio alla classe baritonale al di là di ogni altra considerazione, è fallimentare in quanto il carattere vocale di Domingo è prettamente tenorile, per quanto possa scurire. Allora, per tornare al tema, a parte questioni di stile, è innanzi tutto una questione di carattere l'approcciarsi a un brano jazz, melodico, lirico, blues o altro. Ho avuto un'allieva che cantava con grande successo brani blues. Ha voluto studiare, era un soprano, e certamente il salto non è stato facile e il dover lasciare il carattere blues è stato l'impatto più duro da superare. Pensiamo a Gigli che canta "mi par d'udire ancora" e, mettiamo, "la donna è mobile": due caratteri completamente diversi, che egli sapeva distinguere con due vocalità opposte. Ecco, potremmo sintetizzare in questo modo. Si tratta di distinguere, senza una volontà "tecnica" di modificare. Bisogna "sapere" qual è il carattere per ogni repertorio e poi capire se si hanno gli strumenti per poterlo rendere.
Lo "strumento" vocale, per poter cantare diversi stili o repertori o caratteri, consiste nell'avere una voce completa. Se partiamo dall'idea che per cantare la musica leggera o moderna, basta l'ottava inferiore, fino a do-re4, allora partiamo già da una limitazione, che limitazione resterà. Chi ha cantato spontaneamente la musica leggera facendo uso esclusivamente del cosiddetto registro di petto, e non è un male, sia chiaro, parliamo di calibri quali Edith Piaf, non hanno sviluppato una respirazione idonea al canto sul secondo registro (anzi, potremmo dire che l'hanno inibito). Se partiamo da questo presupposto, c'è una sola strada e un solo repertorio. Viceversa, laddove si vuole estendere il repertorio, noi dobbiamo partire dall'educare fiato-voce secondo i canoni artistici, quindi rispettando le proporzioni. Il fatto di salire di petto sino a un do-do#4, non è pericoloso e non è dannoso, a patto che le caratteristiche vocali soggettive lo consentano e che lo si faccia nei tempi dettati dallo sviluppo respiratorio e sotto osservazione del maestro, ma anche senza una frequentazione assidua e anche quando il falsetto testa starà iniziando a dare buoni frutti.
Ah, ho dimenticato di fare una precisazione: di quale classe vocale parliamo? Se parliamo di contralto, il salire di petto non costituirà alcuna difficoltà, semmai lo scoglio al limite dell'insormontabile sarà lo sviluppo del falsetto, una prova difficilissima, ma sempre consigliabile. Per il mezzosoprano il petto costituisce un discreto successo, ma appunto per questo è bene allenare il falsetto il prima possibile, evitando per un po' di salire di petto oltre il fa3, perché si rischiano degli squilibri difficili da sanare. Per il soprano occorre capire di quale sottoclasse parliamo: per il lirico e lirico spinto la salita di petto è molto difficile e il rischio ingolamento altissimo. Per i leggeri e leggerissimi invece è facile e divertente, ma presenta pericoli, perché spesso presentano un petto leggero che sembra falsetto, ma non lo è, e se salgono con questa modalità rischiano di scassarsi la voce. Per loro, più di chiunque altro, è indispensabile prendere coscienza della diversità tra le due modalità. In sostanza si tratta di educare il più completamente possibile la voce, e quando si vorrà cantare un genere si dovrà fare riferimento al carattere di quel genere; se la voce è educata correttamente, darà quanto richiesto. Ah, forse ho dimenticato di dire, questo è il fondamento assoluto, che la voce deve essere completamente fuori! Se poco poco è ancora attaccata ai muscoli interni, ovvero suona dentro, il "gioco" non funziona.
La cosa si complica ancora di più in ambito metal. Da metà anni '90 è scoppiata la moda delle cantanti liriche (anche dei cantanti, meno spesso) prestati al metal. Negli ultimi dieci anni circa la situazione si è evoluta e adesso molte band hanno cantanti in grado sia cantare in lirico sia in moderno. Talvolta si è in territorio ibrido, come accade in musical stile Fantasma dell'Opera, ma più spesso vi è una cesura netta tra le parti cantante in lirico e quelle cantate in moderno. C'è anche chi passa da un estremo all'altro, arrivando anche a un cantato sporco e rock o addirittura al growl di stampo death metal, per poi ritrovarsi subito dopo a intonare arie barocche o frammenti della Regina della Notte. Certo, son casi rari ed estremi, ma di base nel symphonic metal è richiesta una grande versatilità.
RispondiEliminaVerissimo il concetto del "carattere"!
RispondiEliminaMaestro, ho più volte tentato di approcciare al canto moderno soprattutto perchè richiestomi in alcuni contesti, ma a parte il canto napoletano che riesco a fare bene forse perchè "lirico", per il canto moderno non riesco ad avere la stessa dimestichezza, scioltezza. Insomma, sento e voglio rimanere un "lirico", senza disprezzare il moderno però che certamente in alcuni casi e per alcuni cantanti (forse pochi) è encomiabile.
Questione di "carattere" o l'eterna contrapposizione tra un canto "colto" e "incolto"... Si badi bene non voglio causare polemiche ma cercare di capire, di approfondire se possibile. Grazie Maestro.
Ritengo che cantare qualche canzone piacevole e ben composta, sia un ottimo esercizio per "parlare" e lasciarsi andare, e per quella strada forse si può capire meglio cosa vuol dire parlar cantando. La differenza, come ho spiegato, sta nel carattere. Senti le canzoni napoletane come le cantava Murolo, più che Caruso...
EliminaInfatti tra i pochi c'è proprio Murolo.
EliminaGrazie Fabio.
Riflettendo credo che il presunto e preteso problema della dicotomia tra "impostazione" lirica vs moderna/leggera sia sorto solo da quando si usa il microfono. (Francesco)
RispondiEliminaCertamente! Il microfono e il disco sono sicuramente stati gli artefici di una decadenza epocale. Cantare "senza voce" da un lato, e cantare "impostato" perché senza microfono non ci si può far sentire nei grandi spazi... giusto, ma non contorcendo e distorcendo la voce, ma elevandola.
EliminaNon può essere che mina salisse, come molti cantanti con tecnica, in petto alleggerito + falsetto che sembra petto (detto spesso misto, secondo varie accezioni, tutte chiaramente convenzionali), prendiamo anche Giorgia o Elisa, almeno questo mi sembra di notare quando la voce, pur avendo un carattere di "petto" non è sforzata. Trattasi penso di vocali larghe e brillanti, per via dell'impostazione non lirica e la posizione della bocca non verticale e ovviamente emissione po' più compressa e meno sul fiato, comunque più tardi del Fa3, per i soprani e non solo (sempre nel "belting" moderno).
RispondiEliminaIl falsetto maschile, è invece, mi sembra, impostato per sembrare petto anche nella lirica, sempre per con impostazione più scura e coperta e bocca più o meno verticale. Anche qui però lo stile cambia.
La giovanissima Mina, anni 50, saliva sicuramente in petto; la voce era molto "puntuta", ma anche piuttosto "acerba"; dobbiamo sempre considerare il lavoro del "tempo", e il come si canta. Certamente nel tempo la voce si è ampliata e mi pare si possa dire che a un certo punto ci sia stato un contributo importante anche del falsetto. Forse anche Giorgia.
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