L'uniformità di cui scriverò non è quella vocale, perlomeno non direttamente. Parlo delle nostre corde vocali.
Come forse sarà noto, quelli che vengono usualmente definiti "registri" della voce dipendono da due atteggiamenti delle corde vocali e da due meccaniche muscolari. Ma non solo. Mentre il cosiddetto registro "di petto" che investe la voce che si usa normalmente nel parlato quotidiano, coinvolge la parte più muscolare e "spessa" delle c.v., il registro acuto interessa maggiormente il bordo, che è formato da fibre connettivali, quindi si presenta solitamente più duro, rigido e quindi più difficile da mettere in vibrazione, perlomeno nella maggior parte dei casi, e perlomeno per un certo periodo di tempo. Questo fatto cosa determina? che quando si vuole cantare "naturalmente", si incontra, ascendendo nella scala, sempre più difficoltà. Questa difficoltà genera o l'assoluta impossibilità di superare un certo limite, oppure, facendo leva sulla forza fisica, la possibilità di salire ancora, ma in quella condizione "aperta", deplorata dalla quasi totalità degli addetti ai lavori, in quanto sguaiata e sgradevole. Quando non si riescono a produrre suoni appropriati, è anche facile, in campo maschile, cadere nel cosiddetto "falsetto" (meglio, a nostro avviso, definirlo "falsettino"), che è un'ulteriore conseguenza di quanto ho scritto sopra: siccome il bordo della corda è molto teso e quindi difficile da mettere in vibrazione, succede che la corda "fischia", cioè produce un suono armonico più elevato di un'ottava, che non gode, ovviamente, dei requisiti di una voce cantabile. Alla base del problema c'è, ovviamente, e in primo luogo, la condizione respiratoria; essa non ha, nella sua globalità, la capacità di mettere efficacemente in vibrazione il bordo cordale, o in modo insufficiente. Conseguentemente noi dobbiamo constatare che in questa fase le corde vocali sono disomogenee, risultando una parte più morbida ed elastica, una parte più coriacea e resistente. Questa è anche una - o la - spiegazione del fatto che la voce risulta spezzata grossomodo in due ottave negli uomini (poi farò una precisazione per le donne) dove la seconda è molto più impegnativa della prima. La notizia buona è che quella parte di corda di bordo, si può modificare. Però non si modifica da sé, e non si modifica mediante "manovre", meccaniche, trucchi ed escamotage i più tortuosi che la mente possa concepire. Il colore oscuro può risolvere il problema? No, o perlomeno solo parzialmente. Il colore oscuro crea delle condizioni che investono il fiato-diaframma per cui si possono ridurre le conseguenze delle reazioni istintive (cioè il sollevamento della base del fiato, o spoggio). In questo modo si può guadagnare qualche semitono e persino (nel tempo) tutta la porzione di gamma superiore. Però non è una soluzione, ma un "tenere a bada". Utilizzando il colore scuro sul passaggio, si genera una maggior forza e una condizione pressoria che può impedire (non è detto) il sollevamento della base, ma la corda non modifica più di tanto la propria struttura. Però può essere una soluzione temporanea per cominciare a indurne la vibrazione, specie in quei casi molto ostici. La vera soluzione, che in qualche modo ho già descritto alcune centinaia di volte, riguarda sempre e solamente la "cura" evolutiva del fiato. Attraverso opportuni esercizi sul parlato, normale e intonato, si stimola un'esigenza di modifica interna all'apparato respiratorio che si èleva a motore dell'apparato vocale in ottica artistica. La parte difficilissima riguarderà proprio l'esercizio sulla zona acuta. Sarà da fare? certamente, non si può omettere. Si può esercitare anche col falsettino? Sì, è una buona pratica, perché comunque allena il fiato e permette di capire come sarà la vocalità quando saranno escluse le reazioni; esercitare la voce con le difficoltà imposte dalle resistenze interne, darà invece l'immagine di continue difficoltà che il nostro cervello riterrà di dover superare con il mezzo più comune a sua disposizione, cioè la forza muscolare. In alcuni casi, però, il bordo della corda può fare effettivamente molta resistenza a vibrare completamente. Se la cose non si sblocca in tempi brevi (ma non vuol dire in giorni o settimane), occorrerà fare uso anche di vocali scure, e in particolare della "U". Qui però dobbiamo fare un'importante precisazione. La U scura può comportare una pressione verso il basso. Questa assolutamente non va bene. La potremmo definire, più che scura, "buia". Occorre assolutamente sviluppare una U "chiara", cioè proiettata in avanti e con la stessa luminosità di una A. Quando questo si sarà ottenuto, conquistando una nota dopo l'altra, la corda comincerà a vibrare correttamente. In questo modo si potrà raggiungere, nei tempi necessari, l'omogeneità cordale, cioè la possibilità che le c.v. vibrino nella loro interezza, perdendo quindi quella parzialità che determina anche lo spezzamento dei registri.
In campo femminile le cose stanno nello stesso modo, però il problema si presenta un'ottava sotto. Questo determina una percezione psicologica diversa e anche un approccio differente. Siccome la corda di petto vibra solo per pochi semitoni, almeno nei soprani, la cura più comune è stata quella di ignorarla. Un errore gravissimo! Il falsetto nella donna è vero che solitamente è più duttile, a causa della più ridotta dimensione, ma la disomogeneità è comunque presente e potrebbe rimanere per sempre (come rimane in una maggioranza di cantanti, persino mezzosoprani) se non si passa a quella "cura" già vista per tutte le voci, cioè far sì che con opportuni e ben mirati esercizi che prendano le mosse da un vero parlato, non si stimoli l'esigenza di una diversa alimentazione respiratoria. Anche in questo caso l'utilizzo saltuario di una "U chiara", può essere consigliato. Anche nella donna, poi, abbiamo il problema della seconda ottava, più precisamente a partire dal re4 (talvolta anche do#) quando la componente della corda spessa non può più collaborare. Ma non ci sono particolari differenze didattiche. Almeno per due-tre semitoni è possibile e doveroso esercitarsi con il parlato e il sillabato, e con un po' più di frequenza anche con la U chiara.
Altro mezzuccio, fra i tanti, per superare il passaggio di registro è la cosidetta "copertura del suono". Qualche spiegazione a tal proposito? Grazie Maestro
RispondiEliminaQuesta è l'unica scuola che io conosca dove la questione dei registri nell'uomo e nella donna è inquadrata con precisione e chiarezza, senza contraddizioni. Altrove dilaga un'ignoranza tracotante e presuntuosa con la quale è avvilente doversi confrontare. A farne le spese, per la mia esperienza, sono soprattutto le voci femminili, alle quali viene imposto il dogma della "voce girata" che va mantenuta anche nei toni medio-gravi, con lo spauracchio della voce di petto, a volte chiamata anche "voce naturale", assolutamente bandita. Cosa ne deriva? Che l'emissione nei centri è artefatta, costruita, brutta e quindi inespressiva perché privata di una sua fondamentale componente.
RispondiEliminaConcordo! Ho fatto già esperienza sperimentando con mio rammarico lo spoggio. Per fortuna non mi sono arresa e ho continuato a cercare. Ho trovato questa scuola, ma il lavoro è stato ed è tuttora impegnativo. Non tornerei più indietro e questo grazie al caro Maestro Fabio Poggi!!!!!
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