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mercoledì, luglio 11, 2018

La voce "diversa"

Ormai da tempo si è inoculata nella testa dei più che la voce dei cantanti di musica lirica sia "diversa", cioè poco o niente abbia a che spartire con la voce che utilizziamo quotidianamente per parlare, gridare, canticchiare. Alla base di questo colossale equivoco ci sono due fondamenti: 1) in parte è vero, perché indubbiamente la voce di chi canta l'opera o un repertorio "classico", è particolarmente ricca, timbrata, estesa, il che contrasta nella maggior parte dei casi con la voce "naturale", o spontanea, che risulta piuttosto rozza, limitata; 2) il fatto che nel tempo, e sempre più, si faccia ricorso a artifici di emissione, che con alquante varianti, fanno comunque riferimento a un unico sistema che possiamo tranquillamente chiamare "ingolamento", il quale crea istantaneamente una timbrica apparentemente più ricca e particolare (se ne può sentire in questi giorni un chiaro esempio nella pubblicità della carne Manzotin, quando un anonimo, in conclusione, canta "i-ta-li-a-no". E' anche quello che fanno i bambini istintivamente quando gli si chiede: "com'è il canto lirico?"; il re è nudo (cit). Albergando questo concetto nella mente della maggior parte delle persone, ne discende che chiunque si avvicina al canto lirico è indotto a pensare che lo studio consisterà nell'applicare tutta una serie di azioni che produrranno quelle modifiche alla voce che ne comporteranno quella modifica auspicata. Molti insegnanti fin da subito daranno consigli e faranno applicare formule mentali e fisiche per cui in breve tempo sorgerà una voce "diversa", nella direzione, per l'appunto, di una voce "lirica". Quando qualche allievo appena giunto da me, meglio se proveniente da altra scuola, è stato invitato a fare esercizi sul parlato "semplice", abbandonando timbrature e storture varie, dopo poco non ha potuto evitare di chiedere, magari anche piuttosto preoccupato: "ma la voce lirica?". Quindi emerge quel "tarlo" che si è ormai radicato nella mente di quasi tutti. Eppure se voi sentite tanti cantanti di un tempo, e confrontate la loro voce parlata con quella cantata, si evince che non c'è una gran differenza, anche se è perfettamente compatibile anche con il grande canto artistico. Oggi quando il parlato emerge più del solito, saltano fuori i soloni a esclamare: "eh, ma questo è un canto da musica leggera!", oppure: "eh, ma questo è un canto non impostato!". Già, accanto a "voce lirica", il secondo termine ormai abusato è "imposto" o "impostazione". In particolare in campo femminile si utilizza il termine proprio a significare: "commuta apparato!" Come se avessimo un apparato per il canto lirico e uno per tutto il resto...! Ho sentito io stesso sentir dire a una cantante: "anche quando si parla in scena bisogna usare l'imposto". Il che poi si traduceva nell'usare il falsetto (ma guai a dire che stava cantando in falsetto!), anche sulle note centro gravi. Se non usi il falsetto sui centri, non sei impostato! Cioè qui siamo ormai al delirio. Se usi il petto dove va usato, con una educazione consona, ti dicono che "è basso", "non impostato" (infatti per molti "petto" significa voce non in maschera, non appoggiata, non impostata, quando tra le due cose non c'è alcuna relazione). Ma qual è l'altro problema che sta alla base di tutta questa situazione? La totale mancanza di capacità di ascolto. Tu dici che non ho imposto? Allora mi fai cantare in un locale di ampie dimensioni mi vai ad ascoltare a distanza e percepisci se centri e acuti si sentono allo stesso modo. Questo è avere un buon imposto. Cioè avere voce che spande, che "corre". E infatti sempre più si fa ricorso a varie forme di amplificazione elettronica, sia per evitare che si sentano disuguaglianze nei vari settori vocali, sia che si avvertano disuguaglianze TRA i vari cantanti, sia per evitare che le incapaci regie e scenografie, che fanno assumere posizioni inadatti e utilizzano materiali acusticamente inadatti, siano di impaccio allo spettacolo. Tra un po' di tempo diventerà tutto un musical, con tutti i cantanti dotati di microfonini alla bocca, che potranno quindi muoversi agilmente sul palco, senza preoccuparsi di rivolgersi al pubblico, e studiando un anno o due, giusto per dire che ha studiato. Ma di che stiamo a preoccuparci? 
Qualcuno però può ancora insistere: "ma allora la voce lirica non è diversa? Come si ottiene?" Come ho già spiegato in mille occasioni, ma non mi spazientirò mai a ripeterlo, la voce si educa, e come qualunque azione educativa richiede tempo, molto tempo, e i frutti si colgono solo poco alla volta. La voce non denuncia particolari cambiamenti, ma si modifica nella sua essenza, acquista "velocità", uguaglianza, spessore, varietà espressiva. Come diceva Celibidache, è una potenza "di dentro". Questo cambierà poco a poco anche il timbro, che acquisterà ricchezza armonica e di colori. Anticipare i tempi, significa rovinare tutto. E' come togliere una torta dal forno prima del tempo, si sgonfia. E' un'evoluzione che richiede un coinvolgimento fisico ma anche psicologico profondo, è una crescita artistica che deve necessariamente passare per la coscienza, altrimenti non potrà durare. Il canto è voce parlata all'ennesima potenza. Non altro.

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