Quante persone avrò conosciuto nel corso del tempo che mi hanno detto: "ah! io sono stonato/a"; o, peggio: "i miei insegnanti mi dicevano: tu non cantare che sei stonato", o varianti simili.
Per contro ho sentito molti che dicevano: "ma gli stonati non esistono".
Sono decisamente più dalla parte di questi ultimi. Posso dire con buona sicurezza che se gli stonati esistono sono davvero una minoranza, se non addirittura una rarità, e lo dice uno che in famiglia ha o aveva degli "stonati". Lo stonato vero è una persona il cui apparato uditivo non è ben formato o ha subito traumi. Le persone con un apparato acustico e vocale regolare hanno tutte le carte in regola per poter intonare.
A cosa si deve, dunque, il fatto che molte persone se cantano stonano o hanno difficoltà a riconoscere le altezze dei suoni e dunque si pongono su tonalità diverse da quella della base armonica?
Le casistiche sono parecchie. Cominciamo da quelle che più ci riguardano da vicino, cioè dalla voce. Ci sono cantanti, anche professionisti, che improvvisamente stonano. Ricordo ad esempio in un Trovatore a Torino che il tenore Giacomini calò sensibilmente per due volte una frase nel duetto con Azucena del quarto atto. Questo fu dovuto al fatto che il tenore tentò di fare una mezzavoce che non seppe sostenere adeguatamente. Ci sono molti giovani che pur dimostrando una buona musicalità stonano, e questo è semplicemente dovuto al fatto che il fiato non è (magari ancora) sviluppato adeguatamente. Ma potremmo dire che la stragrande maggioranza dei cantanti non ha un fiato realmente adeguato ad alimentare suoni artistici, dunque la voce manca di purezza e di reale intonazione, ma la buona musicalità permette di "aggiustare" l'intonazione spingendo. I direttori d'orchestra e di coro hanno l'abitudine di segnare con un dito davanti al petto la necessità di alzare (o in qualche caso abbassare) i suoni. Certo il loro orecchio avverte il problema e l'unica soluzione per loro è indicarlo sperando che il (o i) cantante/i aggiustino. Il rimedio in qualche modo può salvare la situazione musicale, ma certo vocalmente non è il massimo. La voce pura è quella più esposta, perché è soltanto il fiato a sostenere, non i muscoli, dunque se il fiato non è educato alla perfezione la minima oscillazione sarà avvertita. Gli ingolati, che in realtà non sono mai intonati, saranno per lo più salvati perché il "rumore" di fondo della voce maschera il problema. Ma la questione non è ancor presentata nella sua interezza. E' vero che la questione è tutta nel fiato, ma forse non è chiara la soluzione definitiva. Abbiamo già detto mille volte che l'educazione del fiato passa per una disciplina che vede un abbinamento fiato-voce, o meglio nel costituire un'ESIGENZA respiratoria relativa a una determinata vocalità. Questa esigenza però, si badi bene, non deve essere costituita semplicemente in funzione di una generica vocalità, ma quella artistica che vede la supremazia della PAROLA. Posso dire senza tema di smentita che l'intonazione perfetta è legata sempre e solo alla PRONUNCIA perfetta. Una "A" che non sia perfettamente "A", non sarà mai perfettamente intonata, e così per tutte le altre vocali. Su questo punto si potrebbe obiettare: allora si dovrebbe cantare sempre tutto chiaro? Lo scurimento della voce, che oggi così piace, e che comunque può considerarsi importante in determinati ruoli, non è ammissibile? La questione non sta in termini così drastici. Lo scurimento è possibile senza perdere la qualità, ma a patto che non perda la posizione esterna. Dunque a mio avviso solo per aggirare determinati problemi è necessario, talvolta, passare durante le prime fasi di studio per il colore oscuro, ma per il resto il colore vocale più idoneo all'educazione vocale e respiratoria è quello chiaro. Una volta che la gamma vocale sia ben consolidata su questo colore, sarà possibile iniziare a "arrotondare" senza perdere realmente la pronuncia, ma solo dando quel quid di colore ambrato che però non faccia mai perdere la fluidità, la ricchezza intrinseca (quindi lo squillo) e, appunto, la perfetta intonazione. Non è bene che una voce resti sempre sul colore oscuro, perché è molto probabile che, dato il maggior peso, piano piano si sposti verso l'interno, per cui è bene sempre mantenersi in esercizio con il colore chiaro, e solo quando il fiato è ben "sveglio" passare al chiaro.
C'è un ultimo commento da fare sull'intonazione. La questione "culturale". Molti dicono che lo stonato è colui che non è mai stato fatto esercitare e che ha poca abitudine all'ascolto. Secondo me da sola la disabitudine all'ascolto difficilmente porta alla stonatura, mentre più facilmente è la disabitudine all'esercizio. A scuola, specie materna e primaria, occorrerebbe far cantare spesso e tutti, cercando di evitare di farli urlare. Molti insegnanti, specie alle scuole medie, non fanno cantare adducendo che poi in seconda e soprattutto terza le mute vocali creano problemi. Basterebbe saperli affrontare. E' vero che i maschi si possono ritrovare nel giro di poco tempo con un'ottava di differenza verso il basso! Ma non è un problema. Il problema, semmai, è che moltissimi insegnanti di educazione musicale non sanno scegliere le tonalità! Mi è capitato molte volte di far presente a docenti che facevano cantare alunni, sia singoli che in gruppo, che stavano affrontando un brano in una tonalità decisamente impropria, o troppo bassa o troppo alta, creando una moltitudine di problemi, perché i ragazzi si sentono subito a disagio, si vergognano e quindi peggiorano la loro prestazione e questo può creare frustrazione e quindi voglia di non cantare più. Se l'insegnante non sa gestire le voci è meglio che lasci perdere; come ho detto molte volte, anche relativamente alle arti figurative, è meglio una sana ignoranza che portare a odiare una disciplina!
Mi incuriosisce questo punto:
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Una "A" che non sia perfettamente "A", non sarà mai perfettamente intonata, e così per tutte le altre vocali.
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Quale "A" e quali altre vocali?
Lo spazio fonetico, quello in cui si situano le vocali in termini di posizione linguale (anteriore - posteriore - alta - bassa) è uno spazio continuo.
Potenzialmente, le vocali sono infinite.
Ogni codice linguistico (insomma, ogni lingua o anche variante regionale) mette come dei "punti" in questo spazio continuo, lì sono le vocali di quella lingua.
Quanti sono questi punti: 5 come in siciliano? 7 come in italiano? una ventina come in inglese?
La posizione specifica di una vocale è una caratteristica specifica di ogni lingua, non un punto unico per tutti.
Per quale motivo una "a" più posteriore o più anteriore (es. in inglese) o una meno aperta (che so, in brasiliano) non dovrebbero essere intonate?
Abbiamo lingue in cui la gente è stonata?
Caro Valerio, grazie del commento, che peraltro evidenzia che hai letto poco di questo blog e quindi hai una visione della vocalità diversa, il che ci può stare, salvo che parliamo due lingue diverse, e per intenderci bisogna che conosciamo l'uno quella dell'altro. Io le lingue della vocalità le conosco tutte, quindi ti invito ad approfondire la mia. La "A" pura, conosce una e una sola posizione linguale, cioè bassa, rilassata, leggermente a cucchiaio nel centro. Di A ce n'è una sola, come una sola O, I, ecc. Poi ci sono le vocali "miste", quelle che si formano con vari mescolamenti delle vocali. Il fatto che nelle lingue ci siano molte sfumature è vero, è logico, e bisogna saperle fare per cantare in quella lingua, ma se si vuole educare il fiato (cioè la voce) artisticamente occorre in primo luogo saper fare le vocali pure, perché in quella situazione è richiesta la più elevata evoluzione del fiato, che sarà poi quello che sosterrà, alimenterà tutta la vocalità al suo massimo potenziale. Tempo fa scrissi questo: http://cantolirico.blogspot.com/2013/05/vocali-e-colori.html
RispondiEliminaCiao, cordiali saluti.
Che la "A" sia particolare, è vero: è la vocale di massima apertura. Ma quando dici "una sola "O, I etc" dove si ferma il tuo etc e perché?
EliminaLa "A" non ha niente di particolare, se non quella di essere "A", così come le altre 6 vocali, che vanno intese nella loro emissione più naturale. Se io parlando scioltamente dico "amore", senza pensare, senza "impostare" (parola pericolosa), ecc., la "O" contenuta sarà una "O" stretta corretta, ed è quella da esercitare. Putroppo quando si vocalizza non si riesce a ricordare come si fa la O parlando (e anche tutte le altre) quindi le si fanno internamente e grossolanamente. Perché la vocale sia corretta deve essere "fuori" di noi, non dentro, ma purtroppo la maggior parte delle scuole di canto non pensano al parlato ma fanno fare vocalizzi su vocali che non essendo basate sul parlato, sono già difettose dall'inizio. Non posso adesso spiegare il perché, ci vorrebbero delle pagine, ma nel blog le risposte ci sono tutte. Altrimenti le darò di nuovo a pezzetti. Sono sempre disponibile.
Elimina>La "A" non ha niente di particolare, se non quella di essere "A", così
Elimina>come le altre 6 vocali, che vanno intese nella loro emissione più
>naturale.
Quindi parli delle sette vocali italiane. Che istintivamente venga da considerarle "vere" e "pure" può capitare (uno è italiano [1] ha quelle nelle orecchie fin da piccolo), ma il salto a "se non sono quelle, non si riescono a intonare" non ti viene il dubbio che nasca da un condizionamento culturale?
Come se uno abitasse in un bosco di querce, e concludesse che "la quercia è il vero albero".
L'italiano ha sette vocali in quei punti, ok. Un altra lingua ne ha un tot in altri punti.
Voglio dire: le vocali italiane non hanno niente di speciale in natura. E' solo questo che ti contesto, la cosa che mi ha fatto balzare sulla sedia: l'affermazione "Se non è una A pura, non può essere intonata".
Chi è cresciuto in una lingua tutta diversa non riesce a intonare le sue vocali perché sono in punti diversi? Deve prima venire in Italia,imparare le nostre?
Altrimenti stona?
E' questo che per me non ha senso. Il concetto di "intervocale" non è assoluto, è relativo alle singole lingue.
Quelle che in italiano sono intervocali, in altre lingue sono vocali pure. Le nostre vocali "pure", sono intervocali in altre lingue (nota la fatica che fanno gli stranieri a "beccarle bene".
Nota che le cosiddette "vocali cardinali" sono semplici convenzioni, ogni lingua ha le sue specifiche posizioni.
Negli schemi fonetici più semplici relativi alla singola lingua, c'è la tendenza a mettere "le proprie" nei punti delle cardinali (se ce ne sono nei paraggi), ma è solo per semplicità e perché uno schema specifico di una lingua necessita in primo luogo delle opposizioni interne (suono x contro suono y, medio aperto e medio chiuso).
Ci sono schemi più specifici, però, in cui si vede che le vocali non sono "lì".
>Se io parlando scioltamente dico "amore", senza pensare, senza
>"impostare" (parola pericolosa), ecc., la "O" contenuta sarà una "O"
>stretta corretta, ed è quella da esercitare.
Se dici che per cantare in italiano ci vogliono le vocali italiane e non altre cose "miste" (vedi quello che c'è in un commento "a pensare la A come una AO"), sfondi una porta aperta.
E' altro che contestavo, spero di averlo spiegato.
Per curiosità: ai tuoi allievi fai vocalizzare su tutte e sette?
[1] Più o meno, eh... dipende anche dall'area linguistica regionale :-)
Come ho spiegato nel post sui colori, è indubbio che ci sono vocali che si possono definire pure in quanto entro di esse non c'è alcun intervento di altre vocali; non c'è una questione culturale, c'è una evidenza, che per fare la o con la dieresi dei tedeschi o certi suoni francesi, (ma senza andare lontano parliamo pure dei dialetti, che richiedono decine di sfumature) le vocali si mescolano. Come ho già scritto, non si tratta di dare un giudizio, ma semplicemente di riconoscere che le vocali sono sette (e io le faccio esercitare tutte, certo), altrimenti diremmo che sono infinite, come i colori, ma anche la scienza riconosce che esistono colori puri, grazie ai quali si creano gli altri. La questione della lingua italiana è sotto gli occhi: perché il canto si è sviluppato preminentemente in Italia e ancor oggi chi studia lirica ha bisogno dell'italiano? si può discutere su questo, ma non possiamo nasconderlo. Che ogni popolo abbia la propria cultura e tradizioni, è chiaro e occorre rispettarlo, ma l'arte del canto passa di qui, non sono a conoscenza di altre popolazioni che abbiano una cultura canora tale da sfruttare in modo così ampio ed esteso le risorse vocali umane. Saluti e grazie per la piacevole discussione.
EliminaLo stesso vale per i colori, quelli "puri" sono convenzionali. Sono infiniti i colori come sono infiniti i suoni vocalici.
EliminaNota che anche i "puri" possono cambiare, a seconda del mezzo si scelgono quelli che si ritengono più efficienti nella sintesi.
Per esempio, nelle stampanti la base è Ciano - Magenta - Giallo, nei monitor Rosso - Verde - Blu.
A livello fisico, le vocali italiane non hanno niente di speciale. A parte sembrare "pure" a chi le parla da quando è nato :-)
Che in Italia si sia sviluppato il canto lirico è vero, ma in giro per il mondo si sono sviluppate altre forme.
E, tornando all'inizio della questione, supponiamo che un popolo nella lingua non abbia le nostre vocali. E' facile e realistico. Non riescono a intonare quelle vocali?
Va bene, evidentemente per te la questione è così, per me è cosà. Ma sia chiaro che per me non è una questione teorica. Io vivo questa verità, l'ho conquistata in un tempo molto lungo, partendo dai fondamenti e dagli insegnamenti del mio maestro, ma che dopo anni è diventata realtà vivibile e che non ammette eccezioni, non è "convincimento", è qualcosa che è in me, che conosco, e vedo e sento ogni giorno con me e con i miei allievi.
EliminaPer tornare all'argomento: non è che se fai una vocale diversa dalle 7, stoni, sto dicendo che quando c'è da fare una vocale e invece la modifichi, quindi se devi fare A ma fai AO, rischi di calare. Come ho già scritto, tutte le vocali devono essere pronunciate perfettamente e come tali perfettamente intonate. Ma , dico per l'ultima volta, la base è perfezionare le 7 fondamentali, le altre verranno di conseguenza, proprio perché essendo il risultato di una "mescolanza", se le vocali di base non sono perfette, non potrà essere perfetta la vocale risultante.
caro Fabio, grazie di regalarci almeno un post al mese!!! mi chiedevo: tu separi nettamente il colore chiaro da quello scuro, mentre Caruso credo sia stato il primo nel suo trattato di belcanto a dire che la corretta emissione è quella del chiaroscuro, quella che mantiene lo squillo, il timbro penetrante, ma non stridulo, quindi con una rotondità, un "calore" di base. Ritieni che quello a cui Caruso si riferisce sia quello che tu chiami scuro? Altre due domande che invece non c'entrano niente: un account youtube, this is opera, sostiene che l'uomo non debba mai cantare in falsetto durante la performance, mentre il falsetto è buono come dici spesso anche tu, durante il training, ma, e questa è la prima domanda, solo con le vocali i ed u, mentre le altre, più ricche di armonici, non sono possibili: è vero? Mi ricordo che tu scrivi che una perfetta intelligibilità delle vocali sopra il la sul secondo rigo per le donne non è possibile anche se si deve sempre pensare di emettere la perfetta vocale scritta nel testo, io provo a fare tutte le vocali in falsetto fino al do sul quarto rigo, ma con te nella settimana in cui abbiamo lavorato, abbiamo fatto solo i ed u e di fatto con le altre vocali il falsetto assume un'altra qualità e non capisco se sia quello che i moderni chiamano stop-closure falsetto cioè il primo armonico). La seconda domanda: this is opera afferma che il falsetto per l'uomo va usato quando si canta in mezza voce, so bene che tu hai parlato ampiamente dell'emissione a corda unica che si realizza pienamente senza passaggi di registro quando la voce è COMPLETAMENTE fuori e staccata dal corpo, ma a volte parli anche nei primi post di voce di petto che arriva ad altezze notevoli quando il fiato è esercitato, poi a me hai spiegato di persona che l'emissione a corda unica sarebbe in realtà doppia vibrazione delle corde vocali, sia sui bordi di falsetto, sia a corda piena. Allora il piano, come sembra essere eseguito dai grandi del passato, soprattutto Gigli e Schipa. non è altro che la sola vibrazione di falsetto?
RispondiEliminaAllora, cerchiamo di chiarire alcune cose. In primo luogo Caruso non ha scritto niente, è stato scritto un trattato basandosi su alcune riflessioni e commenti del tenore napoletano. In secondo luogo Caruso è stato un cantante assai empirico, non ha avuto una vera scuola di canto, e infatti dalle incisioni noi ricaviamo emissioni facili e squillanti alternate ad altre faticose e dure (a parte tutte le considerazioni sulle incisioni, vecchie ma anche nuove). La storia del chiaro e dello scuro nasce principalmente con Garcia, a metà Ottocento. Si può cantare con l'uno o l'altro colore, ma sempre coscienti delle conseguenze. Il colore oscuro, se esercitato troppo prematuramente, va facilmente incontro ad arretramento e facilmente anche ingolamento. Peraltro le nostre vocali appartengono già a un arcobaleno di colori, dal chiaro delle "i" ed "e" allo scuro della "o" ed "u", dunque ci consentono di esercitarci sui colori senza inventarsi degli artifici come le "intervocali" di cellettiana memoria. Personalmente però ho maturato l'esperienza che il colore chiaro è molto più efficace per far sì che la voce nasca fuori e si creino meno "provocazioni" che diano adito a reazioni e quindi difetti difficili da estirpare. Poi, come sempre, tutto va vissuto in diretta; ci sono situazioni in cui è necessario utilizzare il colore scuro. Dopodiché un conto è parlare dei colori nell'educazione vocale, un conto è parlarne nell'esecuzione canora vera propria, dove i colori hanno impiego per il carattere, l'espressività, il contesto, ecc. Il chiaroscuro può essere un risultato interessante e anche importante, ma bisogna sempre vedere cosa si intende.
Eliminaseconda risposta: intanto già bisognerebbe capire, quando parliamo di falsetto, specie nel maschio, se intendiamo la stessa cosa. Se parliamo di "falsettino", cioè una voce chiarissima pressoché femminea, potremmo trovarci, in realtà nel primo armonico, che è una voce che non si fonde con il resto, è interessante comunque da esercitare (lo prevedeva ad es. Delle Sedie nel suo trattato). Può assomigliare, in molti casi, al vero falsetto, che altro non è che il settore acuto della voce maschile, che con il tempo si fonde con la gamma più piena della voce. Siccome noi parliamo di "gradualità", è vero quanto affermi, cioè togliendo energia, in un organo ben educato, è probabile che alla fine resti la sola componente di falsetto, cioè il bordo della corda, a vibrare, ma non è detto. Con Gigli è piuttosto evidente, ed anche per altri, con Schipa no, la corda si mantiene intera e il risultato è un'omogeneità strepitosa. Invece, a proposito delle vocali, è vero che inizialmente alcune vocali suonano facilmente, come la U e la I (cioè le estreme) mentre la A risulta difficile, e il motivo di fondo è quello che determina la stragrande maggioranza dei difetti oggigiorno: la spinta!!
EliminaLe vocali devono essere perfette cioè la pronucia deve essere "vera". La pronucia vera, sincera del parlato; ecco il seme da piantare per poterlo far crescere. Solo da questo punto si può assurgere al canto artistico, che lo permette un fiato educato.
RispondiEliminaRisuonano nella mia mente le parole del Maestro Poggi:
"Pronuncia parlata, vera, sincera ed espressiva. Parlato allungato"
E' un percorso impegnativo, specialmente per chi proviene da insegnanti che ti spronavano a sollevare, ad alzare il suono, a pensare la A come una AO e a tante altre sciocchezze che non voglio nenache ricordare.
Grazie Maestro per l'impegno costante, per la forza, l'energia che dedichi alle tue lezioni.... perchè batti e ribatti anche il metallo duro alla fine si ammorbidisce.