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mercoledì, settembre 25, 2019

Il parlato si sente?

Se una persona "normale", cioè un comune cittadino che non abbia avuto in dono delle doti vocali straordinarie sale su un palco e si mette a parlare, dai palchi come dalla platea si sentirà poco o niente, salvo si tratti di un teatro altrettanto straordinario, cosa assai rara, specie nelle costruzioni moderne. Questa è la principale motivazione per cui se dite a qualcuno che intende studiare canto di "parlare", resterà alquanto meravigliato, fortemente dubbioso e probabilmente cambierà scuola. E' successo che quando un allievo è riuscito a pronunciare in modo convincente una frase intonandola su una o più note, dopo un periodo non breve di studio, risentendosi registrato abbia affermato: "se questo è corretto, non fa al caso mio". E fine. Oggi non parla NESSUNO! ho ascoltato poco fa un certo numero di cantanti impegnati nella stessa aria; ho sentito le migliori esecuzioni degli ultimi cinquant'anni. Poi ho ascoltato una cantante degli anni 20, la Zamboni... anni luce di distanza. Un vero, autentico parlato, voce avanti, omogeneità, chiarezza di significato e di emissione. Lo stile... beh, lo stile un po' datato, ma quello lo possiamo comprendere e migliorare. Ora faccio un'osservazione. In passato, e fino alla fine dell'800, molte opere prevedevano dei recitativi PARLATI. I singspiel di area austro-tedesca, l'opera comique francese, zarzuele e poi l'operetta italiana. Chissà come mai poco dopo molti di questi recitativi sono stati musicati, spesso non dagli autori originali, e oggi quando si vuole ripristinare il parlato... microfoni! Pensiamo poi alle lettere del Macbeth e della Traviata, dove i cantanti o non si sentono o si atteggiano alla Duse urlando in modo assurdo! Se chiedete a un cantante di parlare si indigna, e vi dirà che il parlato è nocivo, asciuga la gola, ecc. ecc. Poveri attori, direi, chissà come hanno fatto per secoli a recitare in modo sublime senza neanche sapere cosa fosse un microfono! Ma un cantante, che dovrebbe aver elevato la parola ad arte... niente, non riesce a farsi sentire (ma penso che anche in campo attoriale oggi le cose  non vadano tanto meglio). Dunque qui sta una delle chiavi di tutta la questione. Il canto è una evoluzione, uno sviluppo, un progresso del parlato, della parola. Se il parlato in un ambiente spazioso non corre, non lo farà nemmeno il canto, che per farsi sentire dovrà essere forzato, urlato, ridotto a suono anonimo e quindi "ululato". E' prima di tutto la parola che dovrà compiere un balzo di qualità, il che non riguarda il suono vocale, cioè non è questo direttamente l'oggetto del miglioramento, ma il fiato che presiede alle sue caratteristiche. Il suono, di per sé, non può essere "mandato" da qualche parte per ottenere un rinforzo, un'amplificazione! E' il fiato che dovrà modificare il suo funzionamento in relazione al tipo di emissione che si vuole ottenere. Ma non si agisce neanche direttamente sul fiato, perché esso presiede la funzione vitale dello scambio ossigeno-anidride, quindi non ha alcun rapporto diretto con la voce. Sarà proprio dal continuo lavoro sulla parola di qualità che otterremo, mediante questo stimolo, il relativo incremento respiratorio artistico vocale. Questo obiettivo è lontanissimo da ottenere, occorrono anni; è piuttosto normale che su tempi brevi il parlato risulti ancora piuttosto "acerbo", quindi di una chiarezza eccessiva, con passaggi da una vocale all'altra bruschi e quindi poco gradevoli. Deve essere una raffinazione continua, tesa al bello e al vero. Ma dietro tutto questo ci deve essere una determinazione alla consapevolezza e all'accettazione totali, perché se si è alla ricerca del "suono lirico", si resterà delusi, amareggiati. Non è la scuola per voi. Ma per chi persegue la strada della vera arte vocale, sarà di una gioia e un piacere estremo ascoltare la propria voce che si espande nell'ambiente con assoluta scorrevolezza, la parola bella, vera, il dominio su di essa, sulla dinamica, sulle sfumature, sulla possibilità di dare un senso compiuto al significato, semplicemente nella musica, senza effetti, senza "interpretazioni", modifiche, sovrapposizioni. Significa veramente dar voce a quel testo e quella musica aprendosi a una coscienza universale che ha reso possibile la creazione di quella pagina. Ma il male è sempre la fretta. Se fate fare un suonaccio di gola accontenterete molti più studenti che facendogli fare una serie di esercizi elementari su una nota sola e correggendoli mille volte prima di andare avanti di mezzo tono!! Ma così è. Il vero canto risiede nel donare; questo deve essere un prerequisito. Se studiate canto "per voi", cioè solo con l'idea di avere un po' (o tanto) successo, siete sul binario dell'ego, e i risultati saranno esteriori, superficiali; l'idea artistica è che cantando voi potre(s)te farvi tramite tra il pensiero spirituale che vi ha spinto a intraprendere questa attività e lo spirito di coloro che sono stati spinti ad ascoltare questa musica. Perché si canta? Perché si va ad ascoltare? E' una domanda che talvolta ho posto al pubblico e a chi suonava. Se succede è perché esiste una spinta interiore, a volte fortissima. Ma attenzione perché questa spinta può essere "intercettata" dal nostro ego, da quella voglia di competizione e di supremazia che non accetta tempi lenti e messe in discussione. Bisogna arrivare presto e facilmente, ma con argomenti sbaraglianti. Allora si genera la mediocrità, e la mediocrità chiama mediocrità, ammantata di effetti spettacolari. Oggi assistiamo sempre di più a spettacoli, a spese dell'arte. Naturalmente poi si chiamano tutti artisti, tutti maestri. Ma con quali criteri?
I "grandi maestri" vogliono fornire anche una motivazione tecnica al fatto che il parlato non è confacente al canto lirico. Il parlato in avanti secondo costoro inibisce lo spazio interno. Da anni è invalsa l'idea che il canto lirico necessiti del massimo spazio oro-faringeo. A questo, di conseguenza, si è associata anche l'idea del "suono scuro" (maggior spazio, colore più scuro). Tutti concetti privi di qualsivoglia fondamento belcantistico. Il colore vocale è un fattore personale. Si può dare una sfumatura di colore per conferire una particolare espressività a una frase, a un'intera parte, ma non può essere una "spalmatura" scriteriata. Maria Callas utilizzava due colori estremi per passare dalla Gioconda alla Fiorilla del Turco in Italia. Questo ebbe un prezzo nella tenuta della sua organizzazione vocale, che non fu mai propriamente esemplare, ma sempre posta al servizio di un'idea teatrale. L'uso scriteriato dei colori può avere un prezzo. Utilizzare costantemente lo scuro può avere dei vantaggi per un certo tempo, perché esso genera maggior pressione sul diaframma, inibendo la sua ascesa, e quindi fornendo un suono più "appoggiato", quindi più sonoro e ricco. Ma se a questo non corrisponde un'educazione esemplare del respiro, questa maggior pressione genererà maggior provocazione; fin quando le risorse fisiche, quindi la gioventù, riusciranno ad aver ragione delle reazioni, tutto procederà accettabilmente, ma a un certo punto (in base alla resistenza soggettiva, ma anche al grado di incoscienza) l'istinto comincerà a riprendersi ciò che ritiene essere stato "estorto". Se si utilizza prevalentemente il colore oscuro, ma poi si passerà al chiaro o addirittura chiarissimo, sempre senza una vera coscienza vocale, dapprima sembrerà tutto piacevole e facile, e si cadrà anche nella trappola di affrontare con troppa disinvoltura tessiture acute e acutissime. Ma l'istinto ballerà la mazurka! L'aver tolto quel peso dal diaframma darà modo, finalmente, di potersi rialzare. Questo non provocherà immediate conseguenze, o perlomeno non sempre, ma in tempi neanche tanti lunghi, inizierà l'oscillazione. Ormai le voci "ballanti" non si contano più, persino in giovane e giovanissima età. Alcune tecniche, come l'affondo, non possono nemmeno concepire lontanamente uno schiarimento, perché si perderebbe all'istante ogni "impostazione", la voce risulterebbe subito spoggiata, vuota e priva di squillo e anche di estensione. Questo è l'estremo, che ci deve far riflettere. Non è del tutto fuori luogo ritenere che la voce artistica richieda spazio interno, lo sbaglio è pensare che noi dobbiamo volontariamente creare questo spazio. Così come tutte le azioni dirette sui nostri apparati, anche questa è una mancanza di umiltà e di disciplina che non può sposarsi con un obiettivo artistico. E' il fiato stesso a determinare lo spazio e mille altri parametri degli organi da esso investiti in base alle esigenze, ed esso è l'unico elemento in grado di determinarli e formarli, una volta educato. Quindi, per terminare, una saggia evoluzione respiratoria sarà in grado di far udire perfettamente il parlato, in quanto è esso stesso la base di un canto esemplare.

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