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venerdì, settembre 13, 2019

Della coscienza

Un vero maestro rappresenta una coscienza pura. Chi si sottopone agli insegnamenti di un autentico maestro, può contare su questa coscienza, che per un lungo tempo rappresenterà anche la sua. Chi inizia lo studio di un'arte, infatti, non ne possiede una legata a quell'arte. Può avere una disposizione, può avere doti anche elevate, ma non possiede la coscienza di ciò che fa. Riuscire a cantare anche molto bene in virtù di una particolare predisposizione e doti fisiche innate, non è fare arte. Purtroppo questo non molti sono in grado di comprenderlo e valutarlo, per cui sedicenti artisti, dotati di voci ragguardevoli, buona musicalità, passione, disinvoltura, ma senza alcuna coscienza del proprio operato, possono assurgere a fama, denari, successo su larga scala. Ci si chiederà come mai succede questo, è un fatto "naturale"?
Sono molti gli aspetti da considerare. In primo luogo dobbiamo considerare che l'arte è un mondo "nascosto", misterioso, inconoscibile se non da chi l'ha raggiunta. In teoria quasi nessuno è in grado di apprezzare realmente e sinceramente una qualsiasi arte. I cosiddetti intenditori, i critici, i giornalisti specializzati, spesso e volentieri, quasi sempre, sono i meno idonei! La loro cultura è basata su letture, sentito dire, impressioni soggettive, personali; tutto questo è "condito" da una sicuramente elevata capacità di descrizione, di scrittura, di "affabulazione". Ricordo quanto lessi Doktor Faust di Mann; le sue descrizioni di brani inesistenti mi prese tantissimo, avevo una pazza voglia di ascoltarli. Eppure erano sue fantasie. Se un critico di razza vuole esaltare un brano, un quadro, uno strumentista o un cantante, lo può fare, stuzzicando la curiosità e l"'appetito" di quanti vedranno o sentiranno. Avendo posti di potere, di privilegio (radio, tv, giornali, riviste...) la loro parola può avere ed ha un peso determinante. Ma appunto per questo, spesso la loro parola non è solo il frutto della loro personalità, ma dietro, sempre più nel tempo, ci stanno altri poteri. Le agenzie, ormai da qualche decennio, stanno imponendo le scelte ai teatri e gestendole a livello comunicativo, di immagine, di critica. Non sto qui a presumere l'uso di mezzi scorretti o addirittura illegali, ognuno la pensi come vuole, fatto sta che ciò che assurge al successo è il frutto di scelte operate da pochi, che si sentono sempre più detentori del potere e quindi della vita di alcune persone che ritengono il successo indispensabile alla propria esistenza, ma anche gli "orientatori" del gusto del pubblico. Persone anche con elevata cultura, affermano che tizio e caio sono grandi artisti, credendo di aver compiuto scelte personali e oculate, quando invece non fanno che seguire ciò che hanno letto e sentito. E questo anche perché di molte persone, magari autentici artisti, non sanno nulla perché il "sistema" li ha tenuti fuori, o al margine. Mi capita sovente di ascoltare su youtube delle esecuzioni in teatri o sale di serie b cantanti di valore, migliori dei big pagati a peso d'oro nei teatri più blasonati.
La coscienza è "pericolosa". Avere il cosiddetto talento, termine che io tendo a non usare e che reputo mal utilizzato, alimenta l'ego, che diventa padrone e ipervalutatore delle capacità del portatore (sostenuto, come s'è detto, da stampa e agenzie). E' spaventoso pensare a una persona che ha avuto un grande successo e che un brutto giorno comincia a sviluppare coscienza. Quando questo accade in età già avanzata può essere un colpo ferale, da suicidio. Ma anche i giovani spesso messi di fronte al fatto che una scuola sviluppa coscienza, si spaventano, anche molto, e rinunciano. Mi è successo diverse volte che persone giovani, già con qualche anno di studi del canto, approdando alla mia scuola, messe di fronte ai problemi esistenti, ma anche di fronte al percorso da intraprendere, hanno deciso, magari con dispiacere e dubbi, di rinunciare. Significa anche rinunciare a sé stessi, perché se non si segue la vera disciplina che porta all'arte vuol dire non poter sviluppare alcuna potenzialità, ma solo riprodurre con artifici tecnici un effetto superficiale, il cosiddetto "timbro lirico", il mito della voce, del canto, senza saper realmente nulla di tutto ciò e senza poter dare realmente niente di sé, se non effetti esteriori, banali, scontati e non di rado ridicoli. Ma è per pochi. Rinunciare all'ego è una delle più impegnative e dure prove per un essere umano, specie in questo tempo in cui è così facile l'accesso alla comunicazione persino a livello internazionale. Nessuno può giudicare negativamente chi sceglie la strada del successo, dell'avere e dell'apparire, è comprensibile. L'unico che lo può fare è il possessore della coscienza, sperando che resti sempre silente.

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