In un film documentario biografico, il m° Celibidache a un certo punto, durante un corso di direzione, ferma un allievo e dice, grossomodo: "perché tutta questa fatica, guarda:" e dirige l'orchestra ruotando banalmente un dito. In altre interviste dice: "Vengono qui, quindici giorni, un mese, pensano di aver capito tutto e cercano di far carriera: io in quel tempo riesco a malapena a far capire cosa NON bisogna fare". L'unica differenza tra la direzione d'orchestra e il canto artistico è che la direzione d'orchestra i più pensano che non vada nemmeno studiata, o, appunto, giusto un mesetto, mentre il canto si sa che richiede qualche anno. Ma la questione di fondo sta proprio in quella frasetta "perché tutta questa fatica"? Stavo guardando poco fa un post su facebook dove si glorifica un celebre tenore che è andato alla casa di riposo Verdi di Milano con i suoi allievi di una masterclass. Al termine anche lui si unisce in un "nessun dorma". Inizia il video e io lo spengo subito. Il motivo si sarà capito: un fiume di gola. Poche settimane fa ho involontariamente visto su rai 5 un concerto di gala alla Scala con alcuni dei più celebri cantanti del momento, e accanto a un corretto Florez, stava un tenore ben più famoso, che gode di tanta fama usando bistecche di faringe.
Il canto di gola non è solo sgradevole (ma se poi subentra l'abitudine acustica che... va bene così...) è proprio sbagliato, non artistico. La voce di gola non corre, non si espande, non consente molte sfumature espressive. Quindi perché possa funzionare al "minimo sindacale", deve essere molto forte, quindi o in corpo a una persona con notevoli doti fisiche, oppure amplificato artificialmente. Meglio se tutte e due le cose. L'arte è la capacità di svolgere un'attività spirituale arrivando al limite delle capacità umane. Quindi è possibile, ce lo hanno mostrato e insegnato tanti cantanti del passato, far sì che una voce qualsiasi possa essere udita in uno spazio teatrale con tutte le sfumature espressive che questa esige, e quindi possa essere portatrice del messaggio in essa insito. Ma chi ha voglia e sente l'urgenza di raggiungere quel risultato sa e deve sapere che non solo richiede molto tempo, ma anche molto sacrificio, pazienza, perché è un risultato che trascende la normalità, intesa come "tecnica". La tecnica, anche quella molto buona, raggiunge un risultato "accomodato", cioè sfrutta quella tolleranza che l'istinto consente entro certi limiti. Allora "perché tutta questa fatica"? Se al pubblico va bene un canto ingolato, forzato, inespressivo, duro, inarticolato, aspro, perché impiegare le nostre migliori energie per ottenere purezza, eleganza, omogeneità (vera), recitazione, espressione, sostanza di contenuti...? Basta un fisico un po' robusto e, meglio ancora, un buon microfono... A maggior scorno, proprio perché il pubblico (ah, no, non solo il pubblico, ma molti "esperti") ha sempre più le orecchie foderate, chi canta in purezza spesso viene deriso e criticato o, nel migliore dei casi, indicato come "voce d'altri tempi, inattuale". Si salvano più facilmente i tenori, perché oggi avere un tenore che affronta il registro acuto con brillantezza è un fatto raro, quindi bisogna accettarlo. Ciò che poi mi lascia perplesso è che ci sono una miriade di siti che diffondono registrazioni antiche, e spesso anche sui social ogni tanto inseriscono qualche vecchia incisione di artisti delle prime decadi del 900, ed è tutto un pullulare di "ahhh", "ohhh", "che meraviglia", "che stile", "che piacere sentire cantare così, oggi non c'è più nessuno..." ... ma poi si esaltano veri violentatori della voce e del canto, supportati da insegnanti che inventano le cose più stravaganti per cercare di far cantare i poveri allievi, quando l'essenza del canto è la semplicità, la piccolezza, la linearità. Ma quanti riescono a cogliere che il canto è un flusso espiratorio continuo? Tutti a dar botte, a spingere come arieti alla carica, a cercare di "costruire" ciò che potenzialmente c'è già e inibendo in realtà il giusto flusso. Bisogna comprendere che ogni volta che si mette in azione volontariamente o per reazione la struttura fisica degli apparati, quindi laringe, faringe, lingua, ecc., si blocca il fiato, quindi ci si allontana sempre di più dal corretto funzionamento vocale, dal canto sul fiato, da tutti proclamato e da nessuno raggiunto. Chi parla di muscoli, e più o meno tutti lo fanno, si è già posto sulla strada sbagliata. Voler imporre e voler dominare parti del nostro corpo per cantare è già di per sé un'idea assurda, un ossimoro! Come si può imporre la libertà? L'arte è libertà, il raggiungimento di un ideale potenziale in ognuno di noi, possibile a patto di scioglierlo dai legami imposti dai limiti muscolari e mentali. Questo è il lavoro veramente massacrante, non imporre, non forzare il nostro organismo a fare ciò che noi pensiamo sia meglio (ovviamente una pia illusione), ma permettergli di sviluppare ciò che è già contenuto in esso. Ogni muscolo, ogni articolazione fisica tesa, rappresenta un ostacolo, un impedimento. Solo con la rilassatezza si può raggiungere la libertà. Ma dobbiamo fare i conti con una reazione che ci pone difficoltà in questo percorso, perché manca la consapevolezza, e la conoscenza razionale, scientifica, ci porta su una strada che è più in contraddizione che a favore di quanto vorremmo fare. Sono pochi, ad es., i riferimenti al fatto che la laringe è una "valvola", cioè ha un ruolo, una funzione istintiva e fondamentale come organo fisiologico. Ma detto ciò, si pensa che si possa far sì che essa possa diventare uno strumento musicale semplicemente con una "tecnica"? (quale poi non saprei dire e non credo nessuno sappia dire). Ho letto molti libri anche di foniatri e insegnanti esperti di anatomia e fisiologia. Bene, ho intravisto negli scritti delle intuizioni interessanti, un avvicinamento al problema... ma la cosa è finita lì, non si è arrivati a proporre soluzioni davvero efficaci, ma questo dipende dal fatto che c'è da fare un salto, non indifferente. Per capire veramente a fondo il problema bisogna entrare nell'ambito gnoseologico (diciamo filosofico, per intenderci più semplicemente). Se non si riflette in chiave di un pensiero più profondo e più ampio, e si rimane sulle "tecnicucce", si va poco lontano. Ma chi si avvicina al canto o anche allo studio di uno strumento, non vuole sentire parlare di queste cose, in genere, le ritiene "fumosità" o peggio, le ritiene argomentazioni da "setta", e quindi non solo rifiuta, ma attacca, anche pesantemente. E' comprensibile. Come ho già più volte detto e scritto, ognuno è spinto dalla propria esigenza spirituale; chi si sente portato ad approfondire, potrà farlo, e quindi siamo qui per offrire uno spiraglio a coloro che si sentono di navigare nelle tenebre; per gli altri... ci sono tante scuole di canto tecnico che li aspettano.
Oggi hanno eseguito la petite messe solennel in una chiesa della mia città: i solisti erano terribili, sulla soglia dell'inudibilita, ingolati da far paura, il coro non era migliore, ma almeno è gente che canta per diletto. Inutile dire che io, ormai "contaminato" dall'abitudine al canto "di fuori", ho faticato non poco a rimanere, sforzandomi di godere della sublimità intrinseca della musica (ma quando la voce non è portatrice di significati devi fare uno sforzo di immaginazione).Ovviamente al punto in cui siamo, quando scriviamo, più che settari sembriamo snob. Il punto è che poi la sera tornato a casa sentivo il bisogno di cantare con la voce fuori, per esorcizzare il "non canto" da "cuscino sulla bocca" che avevo sentito: dopo la prima frase ho dovuto smettere perché "si sentiva troppo" e io vivo in condominio. Questo è un altro punto importante: un tempo le case erano più grandi, i soffitti più alti, si stava molto all'aperto, questi grandi spazi non sono più così comuni x cui siamo portati a fare tutto sottovoce, il tabù della privacy no può sopportare una voce che corre libera e invade lo spazio dell'altro
RispondiEliminapurtroppo è vero. Il mio maestro diceva che andava alla sera nelle pinete o sul mare a fare i suoi "esperimenti".
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